Sono quasi 250.000 gli alunni con disabilità che frequentano la scuola italiana, quasi il 3% dei 9 milioni di studenti che ogni giorno, con il sole o con la neve, varcano le porte delle nostre scuole, dall’infanzia al liceo.
E’ una di quelle rare statistiche in cui sembra non esserci distinzione tra nord e sud, nello specifico il 67,9% presenta una disabilità intellettiva, il 3,4% una disabilità motoria, l’1,5% presenta una disabilità visiva e il 2,4% una disabilità uditiva
Inclusione e scuola
La storia dell’inclusione scolastica non può essere disgiunta dalla scuola italiana. È stato un percorso lungo partito dalla segregazione degli alunni disabili affidati inizialmente agli enti religiosi privati con la legge Casati del 1859. Per fortuna la Costituzione della Repubblica italiana, nel 1947 all’art. 3 l’ha risolta definitivamente “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” disegnando un’eguaglianza formale, accompagnata da una eguaglianza sostanziale, che prevede il diritto ad una dignità della “persona”, che deve essere messa in grado di esplicare pienamente le proprie attitudini personali. Insomma non basta l’enunciazione di principio, ma occorre garantire a tutti le medesime opportunità … rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona.
Proprio in questi giorni il consiglio dei ministri ha approvato la revisione del decreto legislativo 66/2017 sull’inclusione scolastica affermando il principio, riconosciuto dalle Nazioni Unite, per cui la disabilità è data non solo e non tanto dalle condizioni di salute della persona ma da quanto il contesto sia in grado di garantire la massima autonomia e uguaglianza.
Se il contesto è senza barriere e più ricco di opportunità, cambia il modo in cui la persona vivrà la propria condizione di disabilità. Estendiamo insomma l’attenzione dal soggetto a tutto ciò che gli sta intorno, affinché sia adeguato alle sue concrete ed effettive esigenze.
Dunque le ore di sostegno le decide chi sta accanto allo studente e addirittura si decidono insieme a lui quando maggiorenne. A definirle, infatti, è il gruppo di lavoro che segue il bambino, che ha il compito di redigere il piano educativo individualizzato dell’alunno. Questo piano, messo a punto da chi conosce sia le peculiarità dello studente sia le caratteristiche del contesto in cui apprende e vive la sua socialità, dovrà definire non solo le ore di sostegno, ma anche tutte le misure utili a rendere quanto più efficace possibile la partecipazione degli alunni con disabilità alle attività della classe e della scuola.
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Che cosa significa cambiare prospettiva dell’inclusione
“Cambiare la prospettiva dell’inclusione vuol dire intervenire sull’intero sistema scolastico rendendolo migliore per tutti. Siamo dunque orgogliosi di dire che da oggi cambia lo sguardo con cui guardiamo alla disabilità a scuola e nel Paese e dunque la cultura dell’inclusione fa un importante balzo in avanti“.
E’ il commento su Facebook del sottosegretario all’Istruzione Salvatore Giuliano
Salvatore Giuliano ha guidato per 9 anni il Majorana di Brindisi che con lui ha raddoppiato il numero degli iscritti, da 600 a 1.300. In un territorio – la Puglia – dove il tasso di povertà minorile supera il 40%, il 31,25% dei ragazzi sono NEET, e la dispersione scolastica sta al 17%, lui ha un tasso di abbandono nullo. Al Majorana si iscrivono studenti dalla Lombardia e dalla Sicilia, come – e lui ne è anche più orgoglioso – tanti ragazzi con bisogni educativi speciali o disturbi di apprendimento, che nella didattica innovativa e inclusiva del Majorana trovano l’humus giusto per il successo formativo.
Il suo mantra è “l’innovazione è contagiosa” e sembra proprio che sia così.
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