“Il mio è uno sciopero non violento: nuoterò finché la disabilità non sarà più una prigionia. Il mare è un posto dove non esistono barriere e non esistono differenze”. Salvatore Cimmino, 56 anni, una gamba amputata a metà del femore, dal 2006 attraversa le acque di tutto il mondo per contribuire a liberare dall’emarginazione le persone con disabilità.
Proprio in queste settimane sta completando per la seconda volta (la prima è stata nel 2007) il giro d’Italia a stile libero: partito il 7 maggio da Ventimiglia, arriverà sabato 9 ottobre a Trieste. In totale 418 km, 19 tappe e centinaia di persone incontrate, pronte a dargli una mano con l’organizzazione e a supportare la sua causa. “Voglio rendere visibili gli invisibili, attirando l’attenzione sui problemi e sugli ostacoli che i disabili affrontano quotidianamente”, racconta in un’intervista a Startupitalia.
“Sciopero nuotando”
Nato a Torre Annunziata nel 1964, Salvatore Cimmino a soli 15 anni viene colpito da un terribile osteosarcoma: per avere salva la vita è costretto a subire la grave mutilazione della gamba destra. A 41 anni comincia a nuotare e con questo sport è amore a prima vista. Dopo soli otto mesi, nel 2006 compie la prima traversata senza l’ausilio di protesi performanti: 22 km da Capri a Sorrento. Nel 2009 è testimonial per “Il giro d’Europa a nuoto: Stretto di Messina, Stretto di Gibilterra, Capri – Napoli, Stretto di Oresund, Capo Salvore – Trieste e Canale della Manica, dove mette a segno il record italiano di tutti i tempi.
Dal 2010 dà vita al suo progetto: il tour “A nuoto nei mari del globo – Per un mondo senza barriere e senza frontiere”. Da quel momento è un susseguirsi di bracciate in molti luoghi diversi: dal lago di Tiberiade in Israele al Rio Paranà in Argentina, dall’isola di Manhattan a New York al lago Kivu in Congo.
Il giro d’Italia a nuoto di Salvatore Cimmino
“Oggi i disabili sono oltre un miliardo, più di 4 milioni in Italia. Voglio dare voce a chi troppo spesso viene considerato trasparente”, prosegue Salvatore Cimmino, mentre affronta le ultime tappe del giro d’Italia a stile libero: Fano–Pesaro, Pisogne–Lovere sul lago d’Iseo, Lido di Venezia-Cà Costantini e, infine, Duino-Trieste. “Nonostante nel 2006 l’Onu abbia approvato la Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità, in tutto il pianeta c’è ancora un’enorme difficoltà nell’adottare strumenti che facilitino l’inclusione”.
“Ancora troppe barriere architettoniche”
Che cosa fare allora? Una delle proposte di Salvatore Cimmino è quella di “desanitarizzare la biognegneria della riabilitazione”, ovvero “allargare il numero di aziende che possono produrre dispositivi protesici di ultima generazione. Un modo per aumentare la produzione, ridurre i costi e democratizzare così l’accessibilità di questi ausili, la cui disponibilità in Italia è inoltre soggetta a notevoli disomogeneità regionali”.
Poi c’è il delicato tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche: “Il nostro Paese è stato il primo a disciplinare questo settore con la legge 41 del 1986, ma poi non si è passati ai fatti. I PEBA, ovvero i Piani per l’Eliminazione delle Barriere Architettoniche, avrebbero dovuto essere adottati da Comuni e Province entro il 1987, pena un “commissariamento ad hoc” da parte delle Regioni, ma trent’anni dopo la strada da compiere è ancora tanta. La stragrande maggioranza dei Comuni non si è dotata di questi strumenti”.
Un aspetto che si fa ancora più pesante a scuola, il luogo dove a maggior ragione dovrebbero essere garantite a tutti le stesse opportunità: “Un istituto scolastico su tre ha architetture inaccessibili. Non solo: spesso mancano le figure professionali degli insegnanti di sostegno”.
“La disabilità è nella società”
Salvatore Cimmino non intende fermarsi: “Il tema della disabilità in futuro sarà ancora più rilevante: secondo l’Oms tra un decennio ci saranno oltre un miliardo e 100 milioni di disabili. E’ arrivato il momento in cui gli Stati devono programmare strategie che guardino lontano. L’Italia investa di più nella ricerca e favorisca il dialogo tra questo settore e il mondo industriale”.
“Sono consapevole – conclude Cimmino – che questi cambiamenti richiedono decenni e probabilmente ne beneficeranno i figli dei nostri figli, ma lavoriamo per il loro futuro. Perché la disabilità risiede nella società, non nelle persone”.