Paolo Pisani ha creato una biblioteca online peer to peer per lo scambio di libri tra vicini di casa: le persone scelgono i testi online, ma si incontrano di persona
Una biblioteca online in peer to peer per scambiarsi libri e diffondere così la lettura nei quartieri in cui sono assenti biblioteche e librerie. Si chiama Biblioshare ed è una piattaforma lanciata a febbraio grazie a Paolo Pisani, campione digitale di San Donato Milanese, in provincia di Milano. «L’idea è nata da un bisogno familiare: mia moglie è una lettrice seriale di libri e siccome ne comprava sempre di più, eravamo pieni di scatoloni di titoli che occupavano spazio ma che non volevamo assolutamente buttare. E allora che fare? Semplicemente abbiamo pensato che sarebbe stato bello scambiare libri con i vicini di casa, e da lì abbiamo esteso l’iniziativa a tutto il quartiere. Mia figlia ha lasciato volantini in ogni civico e le persone, incuriosite, si sono iscritte a Biblioshare», ha raccontato Pisani a Startupitalia!
Come funziona Biblioshare
Biblioshare è una piattaforma gratuita in peer to peer: gli utenti devono registrarsi e, per usufruire dei libri in scambio, devono a loro volta mettere a disposizioni degli altri utenti i propri titoli. Per il momento il servizio è attivo solo in due comuni, tutti del milanese: Rogoredo Santa Giulia, che è il primo comune in cui è stato lanciato, e San Donato Milanese. Alcuni libri poi sono disponibili nella biblioteca di via Rembrandt 12 a Milano e una nuova community è infine nata a San Giuliano Milanese. Gli iscritti in totale sono 150 e i titoli a disposizione dei lettori oltre 9mila. Per ora, come ha affermato Pisani, non c’è nessuna app di Biblioshare e tutto si basa sul passaparola. Pisani ha però stretto un accordo con la biblioteca del plesso scolastico di Rogoredo, l’Istituto comprensivo Sottocorno, che ha messo a disposizione il proprio catalogo: in questo modo gli alunni possono accedere al sito e recuperare i libri senza che si debbano recare necessariamente in biblioteca. Perché Biblioshare ha un solo grande obiettivo: essere un’operazione culturale, diffondere cioè la lettura nei quartieri rafforzando il rapporto tra gli abitanti di una stessa zona.
A differenza delle biblioteche classiche…
I libri che vengono scambiati su Biblioshare vengono poi consegnati dagli utenti nel luogo che loro stessi scelgono. Ci sono poi alcuni locali, nei comuni in cui è attivo il servizio, che hanno messo a disposizione delle stanze in cui lo scambio può avvenire. Questo anche nel caso in cui i due lettori non riescano a incontrarsi, l’uno può lasciare nel locale il libro dell’altro, che lo ritirerà nei tempi e modi che preferisce.
Biblioshare è un luogo virtuale e non esiste una biblioteca fisica in cui si scambiano i libri: semplicemente, i lettori scelgono modi, tempi e luoghi dei loro scambi.
Eppure, ha raccontato Pisani, «ho incontrato delle resistenze da parte delle biblioteche classiche nei confronti del servizio offerto da Biblioshare forse perché pensano che con questo servizio vogliamo rubargli il lavoro. Ma ovviamente non è così. L’obiettivo nostro è lo stesso loro: diffondere la cultura». Con una differenza, a detta di Pisani: rafforzare il legame tra gli abitanti di un quartiere e creare delle community.
I limiti del servizio offerto da Biblioshare
Al momento Pisani non ha ricevuto alcun finanziamento per la sua idea né vinto alcun bando. Non è c’è un modello di business su cui Biblioshare si basi e i costi, come ha dichiarato Pisani, ricadono interamente su di lui. Questo ovviamente fa sì che Biblioshare debba rimandare ancora di qualche mese la propria diffusione a livello nazionale, così come dovrà attendere la creazione di un’app, due sogni che Pisani però ha nel suo cassetto. E in stand-by, per il momento, è anche la possibilità di rendere disponibile Biblioshare anche per cd e ebook.
Chi legge in Italia
Biblioshare si inserisce in un contesto culturale, quello italiano, a dir poco agghiacciante. E basta vedere i dati per capirlo. A gennaio 2015 l’Istat ha rivelato che in Italia nel 2014, oltre 23 milioni 750 mila persone di 6 anni e più hanno dichiarato di aver letto almeno un libro nei 12 mesi precedenti. Rispetto al 2013, però, la quota dei lettori è scesa dal 43% al 41,4%.
In sostanza, meno di 1 italiano su 2 legge un libro all’anno.
Entrando un po’ nel dettaglio risulta che il 48% delle donne ha letto almeno un libro in dodici mesi, mentre per gli uomini la percentuale scende al 34,5%. A questi dati vanno aggiunti quelli presentati dall’Aie (Associazione Italiana Editori) alla Buchmesse di Francoforte qualche giorno fa, secondo cui nei primi otto mesi del 2015 il mercato librario ha visto un crollo di quasi il 2% di fatturato a cui si aggiunge un -4,6% delle copie vendute. Ma il dato davvero raccapricciante svelato dall’Aie riguarda i dirigenti e i professionisti italiani: il 39,1% di loro non apre neanche un libro in un anno. Tra questi, vengono annoverati anche i politici. Per Federico Motta, presidente Aie, «la verità è che la classe dirigente, politica ma non solo, non sa nemmeno cos’è un ibro. Viviamo nella società della conoscenza, dove la capacità competitiva del paese risiede nella sua cultura. Con questi dati siamo destinati al declino». Difficile dargli torto.