Uomini. Donne. Uomini e donne. Tutte le volte che se ne parla, tornano fuori gli schemi binari di due generi in contrapposizione – uomini da una parte, donne dall’altra – che si stanno misurando sulla scena sociale in un momento storico che sta sbriciolando gli schemi di genere e rimescolando tutto. Ma poi, entrano in gioco le vite individuali, quelle reali, carnali, le vite dei singoli uomini e delle singole donne che nella cornice del dibattito teorico sui generi in mutazione e contrapposti si trovano, invece, a interpretare l’esperienza umana più concreta e duale che ci sia: l’essere genitori.
Oggi i papà sembrano chiedere spazio nella coppia genitoriale: fanno i bagnetti, cambiano i pannolini, giocano a lungo con i loro figli, interagiscono sulle chat del nido. Sembrano papà molto diversi, quasi alieni rispetto ai papà che hanno avuto loro da piccoli, che erano padri spesso sulla carta, inclini a stare a bordo campo di una genitorialità vissuta come un regno quasi esclusivo delle madri. Ma, allora, perché oggi ai figli le mamme non bastano più e, però, ancora non trovano nei loro padri l’altra metà piena della genitorialità?
In bilico tra passato e presente
Gli esperti scrivono che la paternità oggi è incerta, sfuocata, disorientata, in bilico tra il modello superato di ieri e uno che sta appena prendendo corpo adesso. Anche l’Istat rileva una paternità sfuggente, mentre conteggia il tempo che gli uomini e le donne dedicano alla cura della casa e della famiglia: se le donne che sono occupate a tempo pieno lavorano, tra famiglia e professione, 60 ore a settimana, gli uomini ne lavorano 43. Uno scarto di 17 ore a settimana, una montagna, che fotografa una asimmetria faticosissima a svantaggio delle donne. C’è un altro dato forte, questa volta dell’Inps: i padri che, all’arrivo di un figlio, prendono i giorni di congedo pagati e obbligatori per legge sono appena 4 su 10. Un’ennesima sproporzione tra uomini e donne, tra madri e padri che non può trovare alcun senso.
Il patto nelle relazioni genitoriali
Riscrivere il patto nelle relazioni genitoriali è urgente. Ai padri tocca la responsabilità di costruire relazioni completamente paritarie con le compagne e di impegnarsi per un’equa ripartizione della cura genitoriale. Dovrebbero, anche, uscire allo scoperto, sì, proprio in veste di padri, rivendicando socialmente il diritto-dovere a vivere una paternità piena ed esigendo, di conseguenza, che si creino tutte le condizioni – materiali, sociali, professionali – per poterla esercitare. Psicologi e pedagogisti insistono su un punto, però: serve che gli uomini smettano di nascondersi sotto i ruoli invecchiati e reiventino la paternità, non limitandola all’accudimento per come è sempre stato, ma aprendosi con i figli all’esplorazione profonda della fisicità, dell’intimità, delle emozioni, della vulnerabilità, dei propri spazi interiori.
Anche il ruolo della madre è in trasformazione ma, secondo gli esperti, le donne sembrano per ora riuscite ad affrontare meglio la mutazione. Alle madri toccherà fare spazio ai padri in cambiamento, cedere parte del proprio protagonismo e del proprio potere e aprire la genitorialità ai loro punti di vista. Silvia Vegetti Finzi, la psicologa e pedagogista con la più lunga esperienza, ha commentato con parole semplici questo passaggio necessario: “Ogni tanto, non solo possiamo, ma in realtà dovremmo farci da parte, starcene zitte, andare al cinema e lasciare che siano i padri a cavarsela, a discutere con i ragazzi delle cose importanti e a farsi carico in prima persona delle loro problematiche. Una rinuncia? No, un bel sollievo”.