Tra i grandi imputati per essere uno dei maggiori responsabili dell’inquinamento delle nostre città, il diesel potrebbe ora avere un futuro grazie al motore alessandrino alimentato anche a metano
Il vecchio diesel potrebbe avere ancora una chance. Il motore realizzato a cavallo tra l’800 e il ‘900 da Rudolf Diesel, e che tra parentesi funzionava con l’olio d’arachidi, ossia un biocarburante, e che oggi è finito al banco degli imputati per l’inquinamento delle nostre città, potrebbe non essere a fine vita. E il tutto grazie all’innovazione digitale. A Serra Lunga di Crea, in provincia di Alessandria vicino al Monferrato, infatti, si sta disegnando il futuro del diesel. E lo si fa con un occhio d’attenzione all’ecologia e all’economia circolare.
L’idea è semplice, ma finora è stato un matrimonio impossibile. Di quelli che “non s’ha da fare”, avrebbero detto i bravi. Miscelare il diesel con il metano, o meglio ancora sarebbe con il biometano, facendo il retrofit alle auto già esistenti, che in questa maniera diminuiscono l’inquinamento, i consumi con un occhio anche verso il portafogli degli utenti, visto che il metano è ben più economico del gasolio per autotrazione.
Questa idea è venuta a Ecomotive Solutions, azienda del gruppo Holdim, specializzata nell’elettronica per l’automotive, che da undici anni si occupa di elettronica per il controllo dei motori endotermici con l’obiettivo di trasformare i veicoli già circolanti, in mezzi più ecologici ed economici.
Non solo elettronica
«Il nostro approccio è stato quello di pensare all’utilizzo di un carburante alternativo che potesse dare dei vantaggi ambientali, anche perché con il solo controllo digitale è difficile andare oltre a ciò che ha già stato realizzato dal costruttore», ci dice Roberto Roasio, business development manager di Ecomotive Solutions.
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E la scelta è caduta sul metano sia per la sua disponibilità, sia per il suo ridotto impatto ambientale, visto che è il combustibile fossile che emette meno CO2 e anche altri inquinanti come gli NOx e le Polveri sottili. Ed è una tecnologia che strizza anche un occhio verso il futuro, visto che se si utilizzasse il biometano addirittura il bilancio della CO2 potrebbe essere, utilizzando il Biogasfattobene messo a punto dal Consorzio Italiano Biogas, negativo. Tradotto: non solo non si emette CO2, ma attraverso le coltivazioni la si può “sequestrare” nel suolo.
Dual fuel: storia di un matrimonio improbabile
Ma torniamo ai veicoli diesel. Gasolio e metano, al contrario dell’accoppiata benzina e metano non sono mai andati troppo d’accordo. E il motivo è semplice. Mentre la benzina e il metano necessitano di una scintilla per detonare, il gasolio si autoaccende per compressione, ragione per la quale i motori nipotini di Rudolf Diesel non possiedono ne le candele e ne tutta l’elettronica necessaria all’accensione della miscela aria-combustibile che si trova dentro ai cilindri. «Visto ciò abbiamo messo a punto un sistema d’iniezione del metano che consente di usare contemporaneamente i due carburanti. – prosegue Roasio – I veicoli così trasformati sono dual fuel (ossia usano entrambi i carburanti nello stesso istante, al contrario dei bifuels, come i metano-benzina, nei quali si passa dall’uno all’altro. N.d.R.) e quindi sono a tutti gli effetti ibridi».
In questa maniera si sostituisce il 50% del gasolio con l’equivalente energetico di metano e l’erogazione di potenza del motore non cambia. E non si pensi che sia una cosa semplice fare tutto ciò. A velocità di crociera un motore diesel gira a 2.500 al minuto, ossia 42 volte al secondo. Ebbene l’elettronica di controllo deve gestire per 42 volte ogni secondo le quantità e i tempi d’introduzione del gasolio nella camera di scoppio dove incontra il metano miscelato all’aria. Il tutto in un motore che non è stato progettato all’origine per fare ciò. «È il gasolio che accende per compressione anche il metano. -prosegue Roasio – Si tratta di una vera e propria “candela liquida” che innesca anche il metano».
Costi ridotti
Ed elementi interessanti dell’approccio messo a punto in Piemonte sono anche quelli sia delle applicazioni, sia dei costi. In pratica il sistema dual fuel è applicabile a tutti i diesel, a partire dall’utilitaria per finire ai camion da cava, passando per gli autobus per il trasporto pubblico, con costi decisamente non elevati. Si va da circa 1.500 euro per un’autovettura ai 12.000 dei grandi camion, per i quali si può utilizzare anche il metano liquefatto (Gnl) che assicura percorrenze molto elevate, dell’ordine dei 1.700 chilometri senza effettuare rifornimenti di nessuno dei due carburanti. E poi ci sono le flotte di mezzi pubblici che sono in gran parte diesel e spesso anche parecchio datati, come nel caso di Roma, che potrebbero essere convertite dual fuel e rifornite dal biometano frutto del trattamento anaerobico della frazione organica dei rifiuti urbani. Creando così un doppio valore, ambientale per la salute dei cittadini ed economico per le casse, spesso esauste, degli enti locali.
Buon carattere
Le auto, però, non sono solo razionalità, magari ecologica, ma anche passione. Bene, ma come si comporta il dual fuel nella realtà stradale di tutti i giorni? Chi scrive ha trascorso un’intera giornata tra Serra Lunga di Crea e Bruxelles a bordo di un pickup Toyota turbodiesel 2.400 di cilindrata, convertito a dual fuel. Un mezzo che oltre a non essere un’utilitaria, visto che pesa 2.600 chilogrammi, non è di primo pelo poiché nello specifico vanta 150 mila chilometri d’anzianità. Vediamo prima di tutto i consumi.
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Con un pieno di gasolio e di metano siamo arrivati a Bruxelles, sono 950 chilometri, con ancora un quarto di serbatoio di gasolio e altrettanto di metano, ma la sorpresa è stata quando il pilota ha lasciato la guida al sottoscritto – che ha approfittato tenendo il volante per oltre 400 chilometri – dalle parti delle colline dell’Alsazia, dove abbiamo abbandonato l’autostrada a causa di una serie d’incidenti – segnalati da Google – e ci siamo arrampicati su curve e tornanti.
Consumi al lumicino
Ebbene. Il mezzo smentisce tutti i luoghi comuni sul metano, come quelli della lentezza e della scarsa ripresa. Grazie alla gestione elettronica della centralina – e complice il turbocompressore – infatti, ogni volta che era richiesta più coppia arrivava più gasolio nei cilindri ed ecco che i 2.600 chilogrammi di veicolo superano agevolmente i doppi tornanti in salita, con un’erogazione di potenza da invidiare un benzina e, quasi quasi, persino un elettrico. E, infine, questi quasi mille chilometri li abbiamo fatti con gli occhi fissati all’indicatore del consumo in tempo reale che indica i consumi relativi al diesel. In pianura a 120 kmh di media si era fissi a 19 km per litro, valore che precipitava a 8 km per litro in salita oppure quando staccavamo l’alimentazione a metano. Insomma abbiamo verificato che la consapevolezza dei consumi, in questo caso, non è un’angoscia ma un piacere.
Impronta sul Pianeta
E oltre a tutto ciò c’è anche il vantaggio sul fronte dell’impronta ecologica. «Le prossime normative sulle emissioni delle auto diesel rischiano di destinare alla rottamazione auto con pochi anni di vita la cui fine prematura potrebbe essere molto costosa, sia per l’ambiente, sia per i cittadini», ci dice Fabio Roggiolani, altro passeggero nel tragitto, confondatore assieme a Michele Dotti e Jacopo Fo, del festival Ecofuturo che ha presentato l’auto dual fuel a Bruxelles.
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Una serie di studi britannici, infatti, ha dimostrato che sul fronte del bilancio ambientale converrebbe tenersi una vecchia auto inquinante, magari usandola poco, rispetto al costo in termini di materie prime e d’energia di un nuovo autoveicolo. Senza contare il risparmio per i consumatori che si ottiene allungando la vita di un oggetto.
Durata notevole
Infine c’è il discorso dell’affidabilità. Come tutte le nuove tecnologie, anche sul dual fuel, infatti, si potrebbero avere dei dubbi circa l’affidabilità del nuovo sistema che però sarà presto verificata. Il 16 giugno scorso, infatti, il pickup con il quale siamo arrivati a Bruxelles è partito da Piazza San Carlo a Torino alla volta di Pechino, pilotato dallo stesso Guido Guerrini che ci ha portato al Parlamento Europeo. L’affidabilità del Guerrini è ampiamente verificata visto che nel 2008 fece lo stesso itinerario con una Marea a Gpl, mentre per l’auto con ogni probabilità gli imprevisti potranno arrivare dalla scarsità dei punti di rifornimento del metano. I 30 mila chilometri dell’andata e ritorno per la meccanica e le centraline elettroniche non dovrebbero rappresentare, come abbiamo visto, un grande problema.