Il progetto MinD trasforma il design in “cura” per la disabilità mentale, aprendo percorsi inediti di riabilitazione sociale
L’appuntamento per l’intervista era al Camplus Lingotto, residenza universitaria all’interno della 8 Gallery a Torino. Nel 2006 la struttura ospitava gli atleti delle Olimpiadi invernali, poi, con la gestione della Fondazione CEUR (Centro Europeo Università e Ricerca), ha cominciato ad accogliere studenti provenienti da tutta Italia e dal resto del mondo. Un luogo ideale per un progetto come “MinD – Mad in Design“, che nell’ambiente e nella condivisione degli spazi trova parte dei suoi fondamenti.
Ad accogliermi c’erano Giulia Mezzalama, architetto, e Susanna Graziano, esperta in relazioni internazionali. Giulia è una delle tre fondatrici del progetto, insieme a Elena Varini, psicologa, e Sandra Poletto, architetto. Susanna ha raggiunto il trio lo scorso anno, dopo un’esaltante esperienza di lavoro in Kuwait.
Un piccolo tour negli ambienti del Camplus, e poi l’immersione totale in MinD: l’entusiasmo delle due colleghe, pesato ma riconoscibile nella voce e dagli occhi, mi conquista subito.
Cos’è Mad in Design
MinD nasce nel 2014, come progetto didattico e culturale, supportato dalla Fondazione CEUR, in cui lavorano Sandra Poletto e Susanna Graziano, e dalla società Blu Acqua, con cui Elena Varini e Giulia Mezzalama collaborano attivamente.
«Io ed Elena – spiega l’architetto Giulia Mezzalama – siamo amiche da molto tempo, e qualche anno fa, confrontandoci su alcune idee, Elena mi racconta di come ci sia molto lavoro da fare sulle residenze psichiatriche, informandomi di progetti esteri che già si impegnavano per creare spazi socialmente inclusivi, incontrando le difficoltà di persone disagiate.»
Da qui la volontà di creare un metodo, un approccio multidisciplinare che confronta il design con lo spazio della mente umana, quando supera i limiti della “normalità”. MinD cerca nuove soluzioni e percorsi di riabilitazione sociale per le persone con disabilità mentale, che oggi fanno ancora molta paura poiché non abbiamo una conoscienza approfondita del loro disagio, ripensando gli spazi in cui si muovono e gli oggetti con cui interagiscono, in chiave architettonica e di design.
Questo nuovo modello è stato definito “Disegnato con Cura“, messo a punto con una esperienza pluriennale dalla società Blu Acqua, attiva nell’ambito della residenzialità psichiatrica, in collaborazione con l’Associazione no profit Destinazione d’Uso.
MinD parte da qui e dalla sperimentata e provata verità che vivere in luoghi belli fa bene, al paziente, alla sua famiglia e alle persone che ci lavorano. MinD nasce come progetto didattico, nell’ambito della formazione universitaria, e affronta il tema del design dello spazio domestico per le persone fragili, con problemi di salute mentale. Un percorso di formazione basato sull’idea di un’esperienza progettuale diretta, paritaria, e inclusiva tra studenti (provenienti da tutta Italia), pazienti, designer, docenti e aziende attive nel settore.
Il design può diventare “cura” e aprire inediti percorsi di riabilitazione sociale
«Ci sono diversi benefici che questo progetto può portare – afferma Giulia, con convinzione – è un’esperienza interessante per i pazienti, che possono uscire dalle strutture psichiatriche, interagire, dare libero sfogo alle proprie passioni e alla loro creatività. Il design, il momento progettuale, è molto inclusivo, un’esperienza cognitiva grazie alla quale i disabili possono riscoprire alcune loro qualità, e sentirsi coinvolti in un ambiente sociale e lavorativo reale. Inoltre, avvicina gli studenti alla scoperta del lavoro come strumento di inclusione sociale. Insomma, un’esperienza emotivamente molto forte, di grande arricchimento per tutti.»
Il workshop
Il progetto prevede la realizzazione di un workshop (con due edizioni all’attivo, marzo 2015 e marzo 2016), per studenti universitari e neo diplomati sul tema della progettazione dello spazio domestico per le persone con problemi di salute mentale. Gli studenti sono ospitati negli ambienti del Camplus Lingotto a Torino, per l’intera durata del laboratorio (cinque giorni), e la loro permanenza è interamente finanziata dalla Compagnia di San Paolo.
La call per gli studenti è pubblica, e avviene attraverso la rete di atenei universitari all’interno dei Collegi di Merito gestiti dalla Fondazione Ceur. Vengono selezionati circa 40 studenti universitari provenienti da tutta Italia, con diverso background disciplinare, riuniti in gruppi di lavoro insieme a 11 persone seguite dai servizi di salute mentale, con la supervisione di educatori, docenti e professionisti (operatori sanitari, designer, architetti, psicologi, antropologi, imprenditori).
Il workshop, immersivo e multidisciplinare, vede quindi 5 gruppi di progettazione, più un team di comunicazione: ciò che scaturisce è un mix incredibile di storie, esperienze, abilità, e vissuti a confronto. L’obiettivo delle giornate è quello di studiare nuove soluzioni per un abitare socialmente inclusivo, ripensando ai significati degli spazi e degli oggetti, per offrire benessere a chi ogni giorno fa i conti con un io sofferente.
«La nostra società tende a ghettizzare le persone con disabilità mentale – sostiene l’architetto Mezzalama – e non ci sono luoghi in cui poter incontrare i malati e scalfire i pregiudizi nei loro confronti. MinD vuole anche essere un luogo in cui abbattere questi muri, mitigando la paura nei confronti dei pazienti. Il progetto intende, inoltre, aprire una nuova strada per i giovani studenti, quella del terzo settore, dove si prefigura un ventaglio di professionalità spesso non prese in considerazione. Nei giorni del workshop ci sono molte occasioni in cui i ragazzi possono venire in contatto con aziende e professionisti, rendendo MinD non solo un’esperienza formativa importante, ma anche un’opportunità di lavoro».
I progetti e gli esiti del workshop
I pazienti, seguiti e osservati durante il workshop con protocolli di osservazione clinica messi a punto dal team di psicologi e psichiatri, vengono intervistati a distanza di dieci mesi dalla conclusione del progetto, con un test di gradimento e una ripresa video in cui poter raccontare la loro esperienza in MinD.
Mad in Design ha offerto loro la possibilità di essere considerati “persone”, e non solo etichette diagnostiche, non solo pazienti psichiatrici. Il progetto ha lasciato nei suoi protagonisti principali il forte desiderio di voler proseguire questo sentirsi persone attive e attori partecipi e integrati nella società.
Il workshop realizza progetti di design, «che per ora non sono ancora arrivati alla fase di prototipazione – sottolinea Giulia – poiché per noi, ora, è più importante il processo con cui si arriva al prodotto rispetto all’oggetto concreto». Sono stati pensati mobili, stanze, e semplicemente sedie (oggetto dell’ultimo workshop tenutosi tra il 10 e il 14 marzo 2016), sempre puntando a condivisione, espressione di se stessi, personalizzazione (qui tutti i progetti del workshop 2016).
Uno spazio rappresenta il tempo da trascorrere insieme. Uno spazio per esprimersi
I prossimi step
«L’obiettivo è quello di proseguire col workshop, e attualmente stiamo ultimando i preparativi per quello in primavera 2017 – afferma Susanna Graziano – vogliamo dar seguito alle partnership che ci hanno visti coinvolti negli ultimi mesi, come quella con la Triennale di Milano, dove abbiamo realizzato il progetto “mi|im Porta”, o quella con il Compasso d’Oro Matteo Ragni. A Torino collaboriamo con l’Università di Torino, col Politecnico, gli istituti di design IAAD e IED, e l’Ospedale Universitario San Luigi di Orbassano. Stiamo anche pensando a come dare seguito, a livello di prototipazione, ai progetti che vengono realizzati all’interno del workshop. Infine, la volontà è quella di aprire il progetto ad altri tipi di disagio sociale, e affacciarsi in Europa con collaborazioni con altre realtà simili alla nostra».