«Nei musei di storia naturale ci sono milioni di reperti mai studiati che rischiano di appartenere a specie che nel frattempo si sono già estinte. Visto il tasso d’estinzione degli ultimi anni è inevitabile». Col rischio che i musei diventino gli zoo del domani, ovvero i soli posti in cui poter ammirare, magari in diorami che riproducono habitat ormai distrutti, animali spariti da tempo dal pianeta. È la preoccupazione che anima Stefano Mazzotti, che nei musei vivrebbe (è direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara), ma tigri, ragni, panda e squali preferirebbe continuare a saperli ben protetti nei rispettivi ecosistemi. «Dobbiamo ritrovare un rapporto virtuoso con la natura: metterci in testa che non c’è una crescita infinita del PIL nelle foreste o negli abissi oceanici».
L’importanza (anche economica) della biodiversità
Stefano Mazzotti ha appena scritto per Il Mulino Meravigliose creature – La diversità della vita come non la conosciamo, un vero e proprio inno all’importanza della biodiversità. «Si parla continuamente di qualità dell’aria e dell’acqua: nessuno però si sofferma mai sull’importanza della qualità della biodiversità», sottolinea. «Se non vogliamo preoccuparcene perché sarebbe giusto farlo, facciamolo almeno per il danno economico che la perdita della biodiversità comporta: in Cina la sparizione di alcune specie di insetti impollinatori ha costretto i contadini a impollinare manualmente le piante dei frutteti. Vogliamo ridurci così? Poi non si torna più indietro».
Come si diceva, Stefano Mazzotti adora i musei, ma al lavoro dietro una scrivania – o tra le teche – ha sempre preferito quello sul campo, compiendo esplorazioni zoologiche in Sud America nelle foreste tropicali montane delle Ande. «L’Amazzonia è il simbolo del livello di aggressività manifestato negli ultimi decenni dalla nostra specie ai danni delle foreste», racconta a StartupItalia. «Ho potuto constatare in prima persona la criticità della situazione: non esistono quasi più territori realmente vergini e i pochi che ancora resistono diventano delle “isole” in mezzo alla devastazione, con l’accrescimento di problematiche di varia natura che indeboliscono le specie presenti e riducono la biodiversità».
Secondo Stefano Mazzotti «Bolsonaro ha spazzato via, in pochi anni, tutti i record virtuosi del Brasile». A riprova del fatto che basti davvero poco per cancellare per sempre qualcosa che la natura ha impiegato millenni, se non milioni di anni, a definire. «La deforestazione è spesso un processo irreversibile – avverte il direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara con all’attivo più di cento pubblicazioni di carattere scientifico e divulgativo in riviste nazionali e internazionali – ma non è la sola insidia alla conservazione delle biodiversità: l’altra grande minaccia è l’arrivo di specie aliene invasive». Un arrivo molto spesso agevolato dall’azione umana.
La rana scoperta da Stefano Mazzotti
«Anche in questo caso un dato economico potrebbe essere utile meglio di tanti altri di natura scientifica per fare comprendere a tutti perché non si dovrebbe importare specie aliene: nel delta del Po il granchio blu ha fatto centinaia di milioni di euro di danni», dettaglia ancora Stefano Mazzotti. «Mi vengono i brividi se penso che molte delle specie che descrivo nel mio libro tra diversi anni saranno scomparse e per molte non facciamo in tempo a scoprirle che sono già state spazzate via».
Del resto l’86% degli esseri viventi è ancora tutto da scoprire ed è questa la missione dello zoologo italiano che nel Parco nazionale di Yanachaga-Chemillén una notte ha scoperto una nuova specie di rana, ritratta poco sopra. «Il mio lavoro ormai è una lotta contro il tempo». E contro l’estinzione.
Ma c’è ancora spazio per essere ottimisti: «Siamo formidabili distruttori, questo è vero, ma è altrettanto vero che se ci impegniamo riusciamo a preservare e restaurare almeno in parte gli ecosistemi: da questo punto di vista l’Europa e l’Italia costituiscono esempi virtuosi grazie a normative ad hoc e finanziamenti».
«Si tratta dunque – conclude Mazzotti – di un cambiamento di tipo culturale. Dovrebbe essere chiaro a tutti che esplorare una banchisa dell’Artide piuttosto che la giunga tropicale è come esplorare un nuovo pianeta: dovremmo vivere quelle missioni col medesimo trasporto che riserviamo allo spazio. Anche perché con la scoperta di nuove specie si hanno spesso importanti ricadute sulla medicina». Fin dall’alba dei tempi, infatti, il nostro pianeta è stato anche la nostra farmacia: persino i medicinali e i principi attivi sintetizzati in laboratorio nell’epoca moderna provengono da enzimi di piante e animali. Questa volta, però, ad aver bisogno di una cura, è il nostro ecosistema.