Da un’indagine condotta da Eikon Italia emerge che quando si parla di sostenibilità il 97% degli italiani associa il concetto all’ambiente, mentre la sfera sociale emerge solo se sollecitata
Il 97% degli italiani e delle italiane che ha sentito parlare di sostenibilità si riferisce spontaneamente all’ambiente, mentre la sostenibilità sociale emerge solo se sollecitata. Eppure, la presenza di una leader donna è il punto di forza riconosciuto alle istituzioni ed è considerata un passo importante verso la parità di genere. E mentre il 33% non trova tempo per impegnarsi in prima persona, il 18% si dichiara indifferente. I risultati emergono dall’indagine annuale dell’ESG Culture LAB di Eikon Italia, presentata al Palazzo dell’Informazione durante l’evento “Le nuove sfide della sostenibilità”, a cura di Eikon Italia Società Benefit in collaborazione con il Gruppo Adnkronos. L’indagine, che ha coinvolto 1600 persone, tra i 18 e i 65 anni, ha rilevato la conoscenza e la percezione della sostenibilità, il coinvolgimento nella sfera personale e professionale, il giudizio sulle istituzioni e sull’organizzazione di appartenenza.
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Quanto ne sappiamo di sostenibilità?
Dai risultati che emergono dall’indagine di Eikon Italia, sebbene cittadini e cittadine ne abbiano una visione solo parziale, più del 50% degli intervistati sa che cosa è l’Agenda 2030, ma il 76% non conosce la sigla ESG. Poco più della metà (59%) ha sentito parlare di Agenda 2030 – prevalentemente in tv o radio (59%), social media (32%) e giornali (30%) – e il 76% (3 su 4) non conosce la sigla ESG. Nell’identikit di chi ha sentito parlare di Agenda 2030 e ESG, emerge che gli uomini hanno sentito parlare dell’Agenda 2030 più delle donne (62% vs 56%) così come la classe 18-29 (68%), che però conosce meno gli obiettivi ESG (18% vs 25%). Ad essere più informati sul tema sono coloro che vivono nei centri urbani con oltre 240.000 abitanti (65% vs il 57% nei centri più piccoli per Agenda 2030 e 33% vs 21% per gli ESG). Anche lo status lavorativo incide sulla conoscenza: chi è occupato, infatti, ha sentito di più parlare di ESG (28% vs il 16% di chi non è occupato) così come chi lavora nel pubblico ha una conoscenza maggiore dell’Agenda 2030 rispetto ai privati (66% vs 57%). Infine, chi lavora in organizzazioni più grandi (oltre 249 dipendenti) è più informato sia sull’Agenda 2030 (66% vs 41%) che sugli ESG (31% vs 14%) rispetto a chi lavora nelle micro aziende. Il consumo responsabile e lo smaltimento dei rifiuti sono i temi che ottengono il coinvolgimento più alto nella sfera personale, professionale e nel giudizio sulle organizzazioni. L’80% dichiara di impegnarsi nella propria sfera personale e di essere focalizzato sul consumo responsabile e sullo smaltimento dei rifiuti. È considerata importante anche la lotta al cambiamento climatico, connessa alla scelta del mezzo di trasporto e con l’uso di mezzi alternativi, quando possibile. Abbastanza positivo e stabile il giudizio sul coinvolgimento delle istituzioni, che però presenta anche alcune criticità: metà del campione esprime giudizi positivi sulle iniziative per rendere più accessibili le fonti di energia rinnovabile, che, però, allo stesso tempo, vengono considerate ancora troppo delegate ai singoli. Anche sul tema dell’efficienza energetica la metà del campione ritiene che le istituzioni riconoscano l’urgenza e stiano ricercando le soluzioni. Nel giudizio sul coinvolgimento delle organizzazioni in cui si lavora vi è, invece, una situazione polarizzata sulle energie rinnovabili: il 30% degli intervistati le considera focalizzate ma un altro 28% le ritiene indifferenti. Più positivo è il giudizio sulla gestione dei rifiuti, che migliora con l’aumentare dell’età. La capacità di gestire i rifiuti è infatti un obiettivo perseguito, secondo il 66%, anche dalle organizzazioni per cui si lavora. Il campione esprime un giudizio più positivo, infine, rispetto al proprio coinvolgimento nella vita lavorativa, che registra valori nettamente più alti nella fascia over 50. In prima linea c’è l’impegno nella riduzione degli sprechi e nella sperimentazione di nuove modalità di lavoro, il punto di forza (76%) è relativo al tema del consumo. Tra le priorità anche l’emergenza climatica.
Sostenibilità sociale, la grande sconosciuta
Di sostenibilità sociale, invece, si conosce ben poco. La sostenibilità sociale, per gli intervistati, è associata prevalentemente ai temi dell’inclusione, dell’equità, dell’uguaglianza e della parità. Emerge poi il polo comunitario della collaborazione, della solidarietà e del sostegno e quello più personale del benessere e della salute. Significativi anche i valori collettivi di pace e sicurezza. In generale, le persone si percepiscono meno coinvolte rispetto agli obiettivi sociali sia nella vita quotidiana che in quella professionale e attribuiscono a organizzazioni e istituzioni i giudizi meno positivi su questi aspetti. La sostenibilità sociale genera anche posizioni e giudizi più polarizzati, con livelli più alti sia di focalizzazione che di indifferenza. Un giudizio negativo sulle istituzioni per quanto riguarda l’interesse per l’occupazione giovanile e un giudizio invece positivo sul tema della parità di genere. C’è poi il nodo del work-life balance, punto critico nel giudizio sulle organizzazioni in cui si lavora. Nel dettaglio, a livello personale, tra gli aspetti sociali è molto alto il coinvolgimento rispetto all’equa divisione dei compiti in famiglia, in relazione alla cura dei figli, anche se, soprattutto le donne, evidenziano uno sbilanciamento a loro sfavore, collegato alla disparità retributiva. Gli uomini più che le donne si raccontano più coinvolti nel curare la propria salute e il proprio benessere. Per quanto riguarda il giudizio sul coinvolgimento delle istituzioni, viene giudicata positivamente la presenza di una leader donna, considerata un passo importante verso la parità di genere, mentre uno dei giudizi più critici viene attribuito al tema dell’occupazione giovanile, dove si evidenzia l’atteggiamento di un Governo che delega il problema ai singoli o è del tutto indifferente per il 60% del campione. Più positivo (soprattutto per gli over 50), anche se in leggero peggioramento, il giudizio sulle organizzazioni in cui si lavora per cui emergono due tendenze principali: il 30% del campione le considera focalizzate mentre il 24% le percepisce indifferenti. Tra i dati più negativi spicca il work-life balance con una netta polarizzazione. La fascia 30-41 è la più critica, trovandosi, probabilmente ad affrontare una vita familiare più complicata. Mediamente positivo il giudizio sulle pari opportunità, con la conferma dei punti debolezza associati alla carriera e alla retribuzione. Il 36% delle donne giudica l’organizzazione indifferente, uno dei dati più negativi dell’intera indagine. Infine, nella sfera professionale, emerge una dicotomia di giudizio: il campione si dichiara più coinvolto nella valorizzazione dei giovani (uno dei dati più positivi della rilevazione) rispetto alle pari opportunità: il 33% non riesce ad impegnarsi in prima persona e il 18% si dichiara addirittura indifferente su quest’ultimo punto. Registra un lieve peggioramento sull’anno scorso (58% vs 62%) l’Organizational Engagement per il nodo legato al work life balance, ma il risultato è mitigato dal leggero miglioramento nelle pari opportunità di carriera. Infine, migliora l’area legata al mondo professionale: il coinvolgimento relativo all’impatto ambientale e alla valorizzazione dei giovani incide positivamente sul giudizio complessivo (65% vs 58%).