La musica può diventare un mezzo di inclusione sociale per persone svantaggiate. Il progetto “Note Digitali”, che coniuga innovazione digitale e cultura musicale, è una prova di come sia possibile promuovere socializzazione e creatività
Suonare uno strumento richiede abilità e conoscenze specifiche del linguaggio musicale. Eseguire musica però significa anche socializzazione, educazione all’ascolto, cooperazione, creatività ed esperienza ludica.
Date queste potenzialità, la musica è un mezzo espressivo che non può essere negato a nessuno. È una grande opportunità per le persone che presentano limitazioni fisiche, psichiche o difficoltà di interazione sociale.
Con questa convinzione nasce il progetto “Note Digitali”, che ha introdotto l’utilizzo di strumenti musicali basati su sistemi tecnologici da parte di persone con differenti disabilità fisiche, psichiche o criticità sociali. Il fine era testare le possibilità di apprendimento della musica, tramite strumenti musicali dotati di interfacce informatiche, e di promuovere la creatività individuale. Ma il progetto è stato concepito anche come un esperimento di cittadinanza culturale, dove la musica si trasforma in mezzo di auto-empowerment e coesione sociale.
Creare un ensemble di strumenti digitali permette di beneficiare degli stessi vantaggi offerti dagli strumenti tradizionali, con l’agevolazione di un sistema alla portata di tutti.
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Musica digitale: gli strumenti
Le capacità musicali, la creatività la cooperazione tipica di un gruppo musicale, possono essere allenate con strumenti basati sulla Tangible User Interface (TUI), che con le loro interfacce cambiano completamente il paradigma di interazione tra uomo e computer, superandone le difficoltà. Si tratta di oggetti concreti che danno una forma fisica alle informazioni digitali. Le TUI rendono l’informazione digitale manipolabile con le mani e percepibile attraverso i sensi periferici.
Nel progetto “Note Digitali”, finanziato da Fondazione di Comunità di Milano – Città, Sud Ovest, Sud Est e Adda Martesana ONLUS, è stato introdotto l’uso del Kibo di Kodaly. È una tavola di legno che presenta otto forme geometriche uniche.
È uno strumento ben ingegnerizzato, anche sul profilo dell’usabilità, ed è già commercializzato. “Nelle università, soprattutto italiane, si è soliti sviluppare soluzioni prototipali che sono molto interessanti dal punto di vista scientifico, tecnico e tecnologico, ma che mancano di una serie di accorgimenti – per esempio di tipo ergonomico – perché non sono destinate ad andare sul mercato”, commenta Luca Andrea Ludovico, ricercatore presso il Laboratorio di Informatica Musicale del Dipartimento di Informatica dell’Università di Milano.
Kibo è ben sviluppato e il suo utilizzo è estremamente intuitivo. Per usarlo basta connettere il controller via bluetooth con uno smartphone o un tablet, su cui è installata un’applicazione apposita.
Chi può scoprire la musica digitale
Bambini piccoli, persone con disabilità fisiche, psichiche o cognitive possono usare Kibo, se guidati da persone con conseguenze educative o che rientrano nell’ambito riabilitativo o musicoterapeutico.
L’uso di Kibo non esclude l’apprendimento dei concetti musicali tradizionali, ma li facilita avvicinando le persone alla musica.
Nell’esperimento presentato durante l’International Conference on Computer-Human Interaction Research and Applications (2021), sono stati coinvolti un insieme piuttosto variegato di persone: bambini con bisogni speciali, adolescenti con problemi psico-sociali e adulti con impedimenti fisici o cognitivi.
“Avere gruppi così variegati ci ha aiutato a dimostrare la grande versatilità del Kibo e del metodo proposto. Lo strumento ha permesso a utenti caratterizzati da problematiche molto differenti di potersi esprimere con la musica”.
Sono stati raggiunti anche gli obiettivi della Casa di Redenzione Sociale, che si occupa di integrazione sociale e culturale per alcuni dei quartieri più svantaggiati di Milano, e della Fondazione Luigi Clerici, una realtà che offre possibilità di formazione anche a soggetti svantaggiati. La coesione, la cooperazione e il problem solving sono aumentati all’interno dei gruppi che eseguivano musica insieme.
L’interfaccia TUI ha anche permesso di favorire l’apprendimento musicale in persone che hanno scarsa accessibilità all’utilizzo di strumenti musicali tradizionali.
Restano, invece, altre possibilità di ampliare la ricerca e ulteriori domande aperte. “Per la ricerca, è necessario ripetere l’esperimento con gruppi più numerosi e omogenei. Ciò permetterebbe di trarre conclusioni sull’impatto di questa tecnologia su utenti con bisogni diversi. Si tratta di studiare le possibili applicazioni e testarne l’efficacia in specifici contesti”.
Progetti futuri
Progetti di questo tipo attraggono molti studenti presso il Laboratorio di Informatica Musicale, che è il più grande d’Italia e che vanta numerose collaborazioni internazionali.
La presenza di numerosi studenti permette di spaziare in ricerche originali. Una di queste riguarda lo sviluppo di un’interfaccia web per l’uso del Kibo in ambito riabilitativo. Le persone a cui è rivolta sono anziani affetti da Alzheimer e Parkinson.
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“La realizzazione dell’interfaccia richiede un costante confronto con esperti in ambito medico e socio-sanitario. Infatti, occorre evitare di generare condizioni di stress e frustrazione, con le quali perderemmo tutti i vantaggi legati alla ludicizzazione nella creazione della musica”, ha commentato Ludovico. “Inoltre, gli studenti devono essere disposti anche a effettuare una grande sperimentazione sul campo, perché è importante testare la soddisfazione dell’utente finale che, essendo fragile, ha aspettative elevate”.
Un altro aspetto su cui la ricerca procede rapidamente è la realizzazione di nuovi strumenti musicali e di nuove tecnologie. La TUI procederà lungo il suo filone di ricerca, ma ci sono anche sistemi diversi dal TUI che stanno prendendo piede. Ci sono strumenti che prevedono l’uso della corporeità, cioè che sono capaci di rilevare i movimenti del corpo. Altri sfruttano il controllo vocale per applicazioni in ambito musicale. “Occorre pensare e proporre diverse alternative per rispondere a finalità e bisogni diversi”, conclude Ludovico.
Foto di Suvan Chowdhury da Pexels