Più di un semplice gasdotto per riscaldare le nostre case in inverno, ha già fatto infuriare gli USA, la Bielorussia e i Paesi di Visegrád. E la stessa Ucraina non lo ha mai amato troppo…
C’è un cordone ombelicale che rende particolarmente difficile, per l’Europa, e soprattutto per la Germania, tagliare i ponti con Mosca, anche di fronte a quella che pare una ormai imminente invasione russa sul suolo ucraino. È il Nord Stream 2, gasdotto sottomarino da 1.234 km completato dopo anni di lavori e interruzioni lo scorso settembre che collega direttamente la Russia e la Germania: parte dalla costa baltica russa e arriva alla Germania nord-orientale.
Il principale azionista dell’infrastruttura è il colosso russo dell’energia Gazprom (partecipazione da 10 miliardi di euro), ma nell’azionariato della società che lo gestisce figurano pure le tedesche Uniper e Wintershall, la francese Engie, l’anglo-olandese Shell e l’austriaca Omv.
Parlando a Berlino, il successore di Angela Merkel, il cancelliere Olaf Scholz, accusato a più riprese di non aver mostrato fermezza nei confronti di Mosca, ha annunciato di avere congelato l’iter di certificazione dell’impianto: “Alla luce delle ultime azioni della Russia la certificazione per l’avvio della pipeline Nord Stream 2 non potrà essere data”. Ma di cosa stiamo parlando, esattamente?
Nord Stream 2, un gasdotto capace di fare arrabbiare tutti
È costato 12 miliardi di dollari e segue lo stesso percorso del gemello Nord Stream 1, già in funzione da più di dieci anni e capace di portare da un capolinea all’altro 55 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il Nord Stream 2 è stato realizzato proprio con l’intento di raddoppiare le forniture di gas russo destinate all’Europa e infatti anche questa infrastruttura, una volta a regime, trasporterà la medesima quantità di gas.
Basta osservare una cartina per comprendere tante delle frizioni tuttora presenti tra la Germania – e più in generale gli altri Paesi dell’area mediterranea, principali destinatari del gas russo – e il gruppo Visegrád – Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria: Nord Stream 1 e 2 sono nati col preciso scopo di saltarli, così da mantenere basso il costo del prodotto (che sommava balzelli su balzelli a ogni frontiera attraversata, tutti ovviamente scaricati sull’utente finale europeo) e, soprattutto, per non dare più modo alla Bielorussia del dittatore Aljaksandr Lukašėnka di continuare a ricattare il Vecchio continente minacciando interruzioni nel gasdotto sul proprio territorio.
Ma il Nord Stream 2 non è fumo negli occhi solo per Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia, Ungheria che non possono più contare sui dazi e per la Bielorussia, che ha perso un’importante arma di ricatto, ma pure per Stati Uniti e per la stessa Ucraina dato che questa doppia bretella avrebbe finito per aumentare la dipendenza dell’Europa dalla Russia. Non a caso, appena il Cancelliere tedesco ha bloccato il progetto, ieri la Casa Bianca ha detto di essere al fianco di Berlino nella decisione di stoppare la certificazione del Nord Stream 2.
L’Ucraina, in particolare, contro la volontà di Mosca, voleva entrare nella Ue e temeva che la sua istanza sarebbe stata più facilmente rigettata da Bruxelles se la Russia fosse diventata la principale fornitrice di gas dell’Unione. O comunque della Germania, azionista numero 1 del Club europeo. Ma adesso, con i russi alle porte, avendo perso l’occasione di essere ammessa nella Nato e nell’Unione, difficilmente qualcuno si muoverà a difesa dell’integrità di una nazione formalmente esterna ai confini occidentali. Il suo destino, insomma, è incerto: meno, salvo bizze dell’ultim’ora di Putin, quello del Nord Stream 2: ormai è completato, attende solo le validazioni formali e l’Europa il prossimo inverno avrà ancora bisogno di gas…