Abbiamo intervistato Marco Mazzei, consigliere comunale e primo firmatario dell’ordine del giorno, e Gian Luca Pellegrini, direttore della rivista Quattroruote
Il 9 gennaio il Consiglio Comunale di Milano ha approvato un ordine del giorno che chiede al sindaco Beppe Sala e alla Giunta di impegnarsi per trasformare il capoluogo lombardo in una città 30 entro il 2024. Vale a dire che tra 12 mesi, se l’amministrazione attuerà nel concreto la misura, sulla maggior parte delle strade urbane non sarà possibile circolare al di sopra dei 30 km/h, fatta eccezione per esempio per le circonvallazioni. La notizia è stata accolta con favore da una parte dell’opinione pubblica e dalle associazioni bike friendly che chiedono una redistribuzione dello spazio pubblico a favore dei cosiddetti utenti attivi della strada; dall’altra i critici hanno avanzato dubbi sulla fattibilità e sull’impatto sociale che questa misura avrebbe nella quotidianità di chi non può fare a meno dell’auto nei propri spostamenti. StartupItalia ha intervistato Marco Mazzei, consigliere comunale di Milano e primo firmatario dell’ordine del giorno, e Gian Luca Pellegrini, direttore della rivista Quattroruote per avere un quadro il più completo possibile sulle ragioni del sì e del no.
Milano città 30: modello Europa
«Milano città 30 deve diventare un’abitudine e non un semplice provvedimento», ci ha spiegato Mazzei, volto noto dell’attivismo bike friendly a Milano ed eletto alle ultime elezioni amministrative come consigliere comunale. «Mi ero candidato anche nel 2016 e questa proposta era in cima ai miei impegni: è un provvedimento base per introdurre una serie di cambiamenti: anzitutto garantisce maggiore sicurezza per tutti gli utenti che si muovono in strada. Solo così si può disegnare una città non più costruita sulle esigenze del mondo dell’automobile».
Nei giorni scorsi la stampa si è occupata delle altre città che in Europa hanno introdotto misure analoghe, che limitano il massimo della velocità a 30 km/h sulla maggior parte delle vie. Tra le più note Parigi e Bruxelles, ma anche Bilbao. Pure in Italia Milano non è sola che ha in cantiere l’idea: Bologna a metà 2023 dovrebbe diventare la prima città a introdurre una rivoluzione in tal senso nella mobilità. «Abbiamo fatto un’inchiesta sui risultati di questo provvedimento – ha aggiunto il direttore di Quattroruote Pellegrini – ed emerge un fatto chiaro: così facendo i politici raggiungeranno l’obiettivo di avere sempre meno gente che sceglie l’automobile».
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Per quanto riguarda la sicurezza stradale e l’inquinamento acustico, Pellegrini ha portato i numeri dell’inchiesta. «Vero: a Parigi hanno introdotto il limite a 30 km/h, ma la velocità non è assolutamente cambiata». “La velocità media del traffico è rimasta inchiodata a 12,9 km/h nel primo trimestre del 2022”, si legge sulla rivista. «Il provvedimento avrebbe dovuto ridurre poi l’inquinamento rumoroso di 3 dB. E invece si è ridotto di appena 1,4. Per quanto riguarda infine gli incidenti si sono ridotti, ma sono aumentati i morti».
Alla base delle città 30 ci sono evidentemente proposte politiche differenti, che dividono l’opinione pubblica con istanze legittime da entrambe le parti e la inevitabile necessità di fare una sintesi che tenga conto di una molteplicità di fattori come è emerso in questa doppia intervista. Secondo Mazzei l’errore più grave sarebbe imporre questa misura a Milano. «La cosa più importante da fare è coinvolgere la città. Dobbiamo spiegare come funziona il provvedimento e smontare ricostruzioni fantasiose sul fatto che si debba per forza andare veloci». Il consigliere comunale ha ricordato come si sono diffuse le zone 30 quando sono state introdotte. «C’erano workshop, incontri con i cittadini, sessioni di Q/A. Secondo me sanzioni e controlli serviranno, ma è una misura che ha senso solo se la città la fa sua. Non deve essere imposta».
Milano città 30 è senz’altro un progetto che, negli intenti dei proponenti, punta a un cambiamento nelle abitudini quotidiane delle persone, in un paese che ha un tasso di motorizzazione più alto rispetto a Stati come Germania, Spagna, Francia e Inghilterra: 642 auto ogni mille abitanti noi contro una media di 553 negli altri quattro secondo i dati più recenti. «La guerra alle auto fa parte del programma dei due mandati del sindaco Sala – ha commentato Pellegrini – e tutte le iniziative che stanno attuando sono coerenti con l’obiettivo di eliminare le auto private in città entro il 2050. Noi siamo stati molto critici nei confronti dell’area B perché impedisce a tanta gente che ha acquistato macchine di utilizzarle. Chi vive all’interno dell’area C potrà permettersi di cambiare auto, così come di non utilizzarla».
In una congiuntura come quella attuale, tra inflazione e caro carburante, la coperta è ancora più corta e le famiglie sono messe a dura prova. Il cambiamento nella mobilità non potrà ovviamente basarsi su una misura che, per quanto radicale, non risolverà i problemi di chi vive lontano dal posto di lavoro o non può fare a meno dell’auto nei propri spostamenti quotidiani. «Quello che serve infatti è un cambiamento di abitudini», aggiunge Mazzei. Una cosa è certa: non sono poche le persone che potrebbero fare a meno dell’auto per spostarsi in bicicletta.
Su un elemento sia Mazzei sia Pellegrini sono d’accordo: in Italia ci sono troppe auto. «Senz’altro – spiega il direttore di Quattroruote – e tante di quelle in circolazione sono vecchie. La sfida ambientale si risolve avendo meno macchine in giro, soprattuto meno macchine vecchie in giro». Ma poi ha aggiunto Pellegrini: «L’auto sarà comunque fondamentale nella transizione ecologica. L’accesso alla mobilità privata è un diritto. E mi sembra contraddittorio che mentre si propone il limite dei 30 km/h a Milano aumenti pure il prezzo dei biglietti dei mezzi. La velocità è un elemento che contribuisce agli incidenti, ma già oggi le velocità media nel traffico di Milano è inferiore ai 30 all’ora».
Il punto di incontro andrà trovato a livello politico. Nel frattempo Mazzei ha ricordato i prossimi passaggi: «La Giunta e l’Assessorato alla mobilità dovranno fare il provvedimento esecutivo. Presto ci sarà un tavolo su Milano città 30 per aver la possibilità di seguire il processo. A questo tavolo – ha concluso – è fondamentale che siedano una serie di attori anche per raccontare e spiegare le ragioni della misura».