Per la prima volta dal 1948, la Carta si modifica in materia ambientale e inserisce la tutela dell’ambiente anche nell’interesse delle nuove generazioni. Una rivoluzione innescata dalle proteste dei giovani per l’ambiente che scuoterà il mercato europeo. L’Italia offre un terreno fertile per lo sviluppo di startup green (9° paese al mondo per qualità della ricerca su scienze ambientali) ma sconta, al contempo, una arretratezza di mercato in termini di trasferimento della ricerca scientifica in brevetti e business innovativi, cosa che pone limiti alla capacità del Paese di sviluppare soluzioni innovative per la transizione ecologica
La legge costituzionale numero 1 dell’11 febbraio 2022, ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione, riconoscendo un espresso rilievo alla tutela dell’ambiente, sia per quanto riguarda i Principi fondamentali dell’attuale generazione, sia in termini di prospettive di quelle future. L’Italia non si dimostra avanguardista in questa scelta, bensì arriva in coda ad altre costituzioni europee che hanno nel proprio corpo già menzione di questi principi da diversi decenni.
Oltre alla profonda coscienza ambientalista della generazione Z una forte spinta deriva dalla problematica energetica messa in luce dalla guerra in Ucraina che ha reso ancor più pregnante la transizione energetica. Asvis, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, una coalizione di attori istituzionali, gruppi di ricerca e università che si occupa di tradurre, diffondere e mediare i contenuti degli enti sovranazionali in materia di sostenibilità per attori privati e pubblici, che ha avuto come ultimo presidente quell’Enrico Giovannini che oggi siede al vertice del dicastero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibili, vede in questa modifica un promettente mutamento. Un futuro in cui l’urgenza di tutelare l’equilibrio dell’ecosistema sarà inserito tra gli obiettivi strategici delle aziende. “La tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi sono diventati dei diritti costituzionali, dei principi chiave con cui si garantisce il benessere dei cittadini di oggi e delle future generazioni. In estrema sintesi si può dire che l’ecologia non è più subordinata all’economia.” ha commentato a StartupItalia Marcella Mallen, presidente dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, già numero 1 di Fondazione Prioritalia.
Così l’ambiente mette radici nella Costituzione
Se l’art. 9 è incentrato sul ruolo dei pubblici poteri nella tutela dell’ambiente, l’art. 41 allarga la prospettiva al ruolo delle aziende. In particolare, il secondo comma prevede oggi che l’iniziativa economica privata non possa svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno, oltre che alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana, altresì “alla salute” e “all’ambiente”.
E il terzo comma amplia – con l’espresso riferimento ai “fini ambientali” della cosiddetta Costituzione economica. In questa direzione va la recente proposta di direttiva sulla due diligence delle imprese in materia di sostenibilità, pubblicata dalla Commissione europea il 23 febbraio scorso: alle imprese che intendono accedere al mercato europeo viene chiesto di implementare sistemi e processi idonei a prevenire (e, laddove ciò non sia più possibile, a rimediare a) l’impatto negativo sui diritti umani e sull’ambiente causato dalla loro attività e lungo tutta la loro filiera produttiva.
Quali saranno gli impatti sugli orientamenti strategici aziendali di queste modifiche?
Attraverso queste due riforme, si guarderà sempre di più all’impatto sulle diverse dimensioni della sostenibilità e si osserveranno gli effetti delle imprese sugli SDGs. Gli strumenti per la fase attuativa della riforma costituzionale non ci sono ancora tutti, ma c’è una direzione chiara rappresentata da tre scadenze che l’Italia dovrà rispettare: in primis il Next Generation EU secondo cui dovremo presentare un piano di sostenibilità entro il 2026; il 2030 per cui si prevede una riduzione delle emissioni del 55% rispetto agli anni ‘90; il 2050 entro cui aziende pubbliche e private dovranno compiere una decarbonizzazione delle proprie emissioni. Le principali scadenze:
A detta del Ministro delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, Enrico Giovannini, l’Italia necessiterebbe del 3% del PIL in investimenti pubblici per raggiungere questi obiettivi. Il Ministero ha già stanziato 61 mld per gli investimenti nel PNRR; il Fondo Sviluppo e Coesione ne ha altri 60, di cui ne sono stati già investiti 6 (ASVIS live – La Costituzione e lo sviluppo sostenibile, 15.4.22).
Anche il settore privato sta andando in questa direzione e si prevedono investimenti per 3,9 mld dedicati a ammodernamenti e nuove costruzioni di strutture e reti idriche.
Le opportunità per le startup in termini di incentivi
Dopo un complesso processo di concertazione politica all’interno della sfera politica italiana, il 6 maggio 2022 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico riguardante l’investimento a «Supporto a startup e venture capital attivi nella transizione ecologica» previsto nell’ambito della Missione 2 «Rivoluzione verde e transizione ecologica», Componente 2 «Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile», del PNRR. Il Green Transition Fund (GTF) è uno strumento molto potente e ampio e favorisce le aziende negli ambiti dell’utilizzo di fonti di energia rinnovabile, dell’economia circolare, della mobilità sostenibile, dell’efficienza energetica, della gestione dei rifiuti e dello stoccaggio di energia, ovvero di altri ambiti della transizione ecologica.
Il GTF supporta investimenti verso le startup con elevato potenziale di sviluppo e verso le PMI delle filiere della transizione ecologica che realizzano progetti innovativi, con significativo grado di scalabilità.
Rilevante, inoltre, in termini di Green New Deal, e ancora attivo nel 2022, l’intervento del Fondo per la crescita sostenibile (FCS) che prevede la concessione di agevolazioni finanziarie a sostegno dei progetti di ricerca, sviluppo e innovazione per la transizione ecologica e circolare a sostegno delle finalità del “Green New Deal italiano”. La misura prevede la concessione di contributi a sostegno delle attività di ricerca industriale, sviluppo sperimentale e, per le PMI, di industrializzazione dei risultati della ricerca e sviluppo. Questa misura ha il vantaggio di allargare le possibilità di finanziamenti anche ai progetti di ricerca e sviluppo in ambito non meramente industriale.
In ambito industriale, si prevedono possibilità per le imprese italiane di ottenere contributi pubblici a fondo perduto da fonti europee o nazionali sui seguenti temi: energie rinnovabili; rifiuti; economia circolare; industria 4.0; green procurement e green jobs; mobilità / elettrico. Si ricordano, infine, gli incentivi per gli investimenti “green”, ovvero agevolazioni consistenti per chi decide di fornire capitali alle imprese giovani e innovative offrendo un’alta detrazione d’imposta. Si parla, in questo caso, di startup ad alto contenuto tecnologico, con forti potenzialità di crescita, molto spesso a vocazione ambientale e in ambito energetico, date le pressioni della geopolitica internazionale.
È un momento proficuo, sia per chi ha idee innovative in campo ambientale e le vuole mettere in pratica in un’idea d’impresa, sia per chi vuole investire in progetti in linea con il Green New Deal o nei green bond che sempre più le grandi aziende si trovano spinte ad emettere. Ancora una volta è importante sottolineare che con la modifica dell’articolo 9 si è riconosciuta per la prima volta il principio di giustizia fra le generazioni e chi meglio delle startup innovative può recepire e trasferire al meglio il messaggio? Sempre da ASVIS commentano che questa modifica degli articoli 9 e 41 rappresenta ”una grande evoluzione, storica e culturale, verso il cambio di paradigma auspicato dall’Agenda 2030 dell’Onu, cui deve adesso seguire un’accelerazione che impegnerà non solo le istituzioni ma tutta la società civile, i cittadini e le aziende”.
Le aziende sono ricettive, le startup e le PMI ancora di più. Resta quindi aperta la vera sfida di trasferire la cultura della sostenibilità nelle pubbliche amministrazioni. Per Franco Bassanini, Presidente della Fondazione Astrid, le democrazie peccano di “cortotermismo, nel senso che, legate alle tempistiche del mandato, non badano agli interessi delle generazioni future. Tenere a mente questo per evitare il tanto temuto divario tra enunciazione e attuazione e mirare all’identificazione e al monitoraggio delle buone pratiche.