I dispositivi saranno consegnati a Fenixs, un’impresa sociale che opera nella II Casa di Reclusione di Milano-Bollate e si occupa di reinserire nel mondo del lavoro i carcerati, impiegandoli nel ricondizionamento del materiale informatico
Sappiamo bene quanto siano gli sprechi legati al buttar via, come un rifiuto qualunque, i cellulari. Smartphone, tablet e laptop non andrebbero nemmeno tumulati nei cassetti: sono scrigni di terre rare, materiali che, come dice il loro nome, sono finiti, sono difficili da estrarre e sono alla base delle odierne tecnologie. Ecco perché, in vista del Natale, quando aumentano le possibilità di cambiare dispositivi hi-tech, è bene tenere a mente che ha appena preso il via il nuovo progetto di economia circolare di Vodafone che consente a chiunque, a partire dal 22 novembre e per le successive tre settimane, di portare i propri smartphone usati in uno dei suoi Store: se il dispositivo ha un valore residuo, Vodafone offrirà al cliente uno sconto sull’acquisto di un nuovo cellulare nell’ambito dell’iniziativa Smart Change, destinandolo così a nuovo utilizzo; se invece non ne ha pur essendo ancora funzionante, il cliente avrà la possibilità di donarlo avviando così i componenti al ricondizionamento integrale o di eventuali parti a opera dei detenuti del Carcere di Bollate, nell’ambito di un progetto volto al reinserimento nel mondo del lavoro dei detenuti e all’economia circolare.
Il progetto di Vodafone per gli smartphone usati
I dispositivi portati nei Vodafone Store di tutta Italia saranno consegnati a Fenixs, un’impresa sociale che opera nella II Casa di Reclusione di Milano-Bollate. Fenixs si occupa di reinserire nel mondo del lavoro i detenuti, impiegandoli nel ricondizionamento del materiale informatico dismesso da precedente utilizzo. La possibilità di svolgere un’attività lavorativa nel corso della detenzione è uno degli strumenti fondamentali per la riabilitazione e risocializzazione del recluso.
Due le attività del progetto Fenixs: la prima vede il ricondizionamento di materiale informatico dismesso con l’obiettivo di ridurre la quantità di rifiuti elettronici e di portare sul mercato prodotti altrimenti destinati alla distruzione; la seconda, è quella di trattamento dei cosiddetti RAEE, Rifiuti Ambientali Elettrici ed Elettronici, svolta grazie al supporto di una società terza che ha avviato un impianto autorizzato alla gestione e al trattamento dei rifiuti elettronici all’interno del carcere di Bollate.
“Viene privilegiata – fanno sapere – la lavorazione manuale, più efficace nel perseguire l’obiettivo sociale e che consente di ottenere una più fine selezione delle materie rispetto a quanto generato dai mulini di triturazione solitamente presenti negli impianti di smaltimento”. Entrambe le attività fanno parte della formazione del personale detenuto “che apprende tanto il recupero a nuova vita di oggetti ancora funzionanti così da ridurre anche l’aumento di rifiuti, quanto il corretto trattamento e riduzione del materiale che invece non può essere ricondizionato” e favoriscono dinamiche di aggregazione e di collaborazione costruttiva dovute al necessario e continuo scambio di informazioni tecniche tra il personale.