Mappare a nuoto più di 30mila chilometri di coste rocciose nel bacino del Mediterraneo. È l’obiettivo del progetto Geoswim, arrivato al quinto anno di spedizioni. Lo racconta per noi Stefano Furlani, ricercatore al Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste.
Mappare a nuoto, bracciata dopo bracciata, più di 30mila chilometri di coste rocciose nel bacino del Mediterraneo. È l’obiettivo del progetto Geoswim, arrivato al quinto anno di spedizioni e nato dall’interesse scientifico -ma anche dalla passione sportiva- di Stefano Furlani, ricercatore al Dipartimento di Matematica e Geoscienze dell’Università di Trieste.
Com’è nato Geoswim
«Il progetto è iniziato nel 2012, quando ho pianificato di fare a nuoto il giro dell’Istria, percorrendo 260 chilometri con un barchino di supporto per i rilievi. Facevo una tappa ogni dieci chilometri circa, e in un mese sono riuscito a terminare il percorso da Pola fino a Trieste», racconta Furlani a The Next Tech. «L’anno seguente, quando un amico archeologo di Malta ha visto i dati che avevo raccolto, mi ha proposto di fare gli stessi rilievi a Gozo e Comino, le Isole Sorelle o Isole Calypsee. È così che Geoswim è cresciuto e Furlani ha potuto contare sulla collaborazione dell’ENEA con Fabrizio Antognoli, esperto di variazioni del livello marino, e sempre più studenti universitari affascinati dall’idea di “nuotare per la scienza».
Dal 2012 in poi ogni anno ha visto una nuova spedizione: Croazia, Slovenia, Malta, Egadi, Gaeta, Arcipelago di La Maddalena, Monte Conero
Nel 2017 sarà la volta della Grecia, quando i ricercatori di Geoswim raggiungeranno l’Egeo per percorrere un centinaio di chilometri lungo le coste delle Cicladi. La parte tecnologica dei rilievi è compito del barchino di supporto, Ciclope, costruito da Furlani che ogni inverno, tra un Geoswim e l’altro, lo arricchisce di nuovi strumenti e sonde per misurare anche i parametri dell’acqua come temperatura e salinità.
Ma la parte più importante è una semisfera frontale che contiene webcam e macchine fotografiche che fotografano la costa metro per metro. «Poi, rientrati in laboratorio, analizziamo tutte le immagini georeferenziate e ricostruiamo il profilo della costa», spiega Furlani. «Stiamo elaborando un database con un sacco di forme costiere che ancora non erano state catalogate. Soprattutto le grotte: prima d’ora non esisteva un database mediterraneo di tutte le grotte sull’attuale livello del mare. Esistono i catasti locali, certo, ma manca una visione complessiva. Ed è questo uno degli obiettivi del progetto».
L’utilizzo dei dati raccolti
Quali sono le applicazioni di una simile mole di dati? Soprattutto poter capire se una costa è stabile dal punto di vista tettonico, oppure si sta sollevando o abbassando. «Uno dei risvolti più importanti è proprio poter studiare i parametri che riguardano le variazioni del livello marino, capire come è cambiato nel corso della storia geologica e prevedere, così, anche quello che succederà in futuro», spiega Furlani.
Sul livello del mare si generano forme geo-morfologiche molto particolari: trovarle a quote diverse consente di ricostruire dov’era un tempo quel livello, e attraverso modelli e speculazioni modellare come cambierà in futuro. Si tratta di possibilità estremamente preziose per conoscere gli ambienti costieri e prevederne l’evoluzione anche in funzione del cambiamento climatico, che influisce sempre di più sugli habitat del pianeta e sulla biodiversità che ospitano.
Fino a qualche anno fa le coste rocciose erano studiate solo in maniera puntuale: si andava a studiare la singola grotta oppure una forma costiera particolare, mentre «con Geoswim vogliamo studiare le coste in maniera continua, mappando anche la prevalenza di alcuni tipi di organismi, come le posidonie». Delle varie specie di posidonia che conosciamo, la Posidonia oceanica è endemica del Mediterraneo, non si trova in nessun altro mare al mondo e forma delle caratteristiche praterie sottomarine. Nella dinamica costiera, questa pianta gioca un ruolo molto importante: stabilizza i fondali, fa da nursery per molti organismi marini e ne nutre altrettanti, tutti elementi che la rendono un prezioso indicatore ecologico della qualità e dello stato di salute delle acque.
Localizzare sorgenti (e le loro caratteristiche)
La mappatura a nuoto di Geoswim è anche un’ottima opportunità per rilevare le sorgenti marine di acqua dolce, dove l’acqua emerge dal fondale o da spaccature nella roccia -ad esempio nelle zone carsiche, quando i fiumi non arrivano al mare-. «Grazie alla strumentazione di supporto possiamo misurare le differenze di temperatura e salinità, le georeferenziamo e quando troviamo una bassa salinità sappiamo che lì c’è dell’acqua dolce», conferma Furlani.
Localizzare le sorgenti costiere ha vari tipi di implicazioni, sia scientifiche che pratiche
Si possono usare per prelevare acqua dolce, «ad esempio lungo le coste di Francia e Dalmazia, ma sono ottimi indicatori anche nei rilievi geomorfologici». Alcune forme si trovano solamente dove ci sono sorgenti, ad esempio i solchi marini: identificalri a quote diverse da quella dell’attuale livello del mare ci dice come questo è cambiato nel tempo. Nell’area di Trieste ma anche in Istria, «i solchi che dovrebbero essere a quota zero si trovano a circa mezzo metro di profondità, perché a causa dello spostamento tettonico il territorio è sprofondato. Durante il primo Geoswim mi sono concentrato proprio sulla mappatura dell’intero solco marino».
Il Mediterraneo è un bacino particolare per quanto riguarda l’azione del mare sulla costa, perché è molto attivo dal punto di vista tettonico ma anche molto vario. Ci sono aree stabili come la Sardegna, ma anche altre estremamente attive come la Grecia.
L’idea di Geoswim è fare un rilievo il più integrato possibile soprattutto nella zona tra alta a bassa marea, in cui si incrociano molti ambienti complessi e dove le tecnologie a disposizione non hanno ancora permesso mappature sistematiche, proprio per la difficoltà di arrivarci da terra. Ambienti che riservano molte sorprese, geologiche e non: «Ci è capitato di rinvenire dei resti archeologici, ma anche di scoprire una grotta costiera finora sconosciuta alle Egadi. Abbiamo già percorso circa 700 chilometri, implementando ogni anno il barchino, esperienza alla mano, per avere una strumentazione sempre più adeguata». L’obiettivo finale? Nuotare lungo le coste di tutto il bacino, coprendo a nuoto un totale di 32000 chilometri.
Fotografie di Stefano Furlani – Geoswim