Mentre leggete questa intervista, oltre 2 miliardi di persone nel mondo sono ancora prive di accesso a fonti d’acqua potabile sicure. E la situazione è destinata a peggiorare: entro il 2025, si stima che circa 1,8 miliardi di persone vivranno in aree colpite da scarsità idrica assoluta. Anche in Italia il quadro non è confortante, con oltre il 40% dell’acqua dispersa lungo le reti di distribuzione. A ciò si aggiungono alluvioni devastanti e riserve idriche sempre più scarse, sintomi di una crisi globale aggravata dal cambiamento climatico.
Nel contesto delle sfide globali legate alla gestione delle risorse idriche, prende vita SETE: 100 idee per cambiare il mondo, un evento dedicato a valorizzare le migliori idee imprenditoriali capaci di affrontare queste problematiche. Promosso da StartupItalia, l’evento si terrà il 27 novembre a Bari, presso il Centro Congressi della Nuova Fiera del Levante, in occasione di Accadueo.
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Il progetto SETE nasce grazie alla collaborazione con la Regione Puglia, Acquedotto Pugliese (AQP) e l’Ufficio italiano per la Promozione Tecnologica e degli Investimenti dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per lo Sviluppo Industriale (UNIDO ITPO Italy). Inserito nell’ambito delle politiche di coesione e della strategia #mareAsinistra, il progetto mira a valorizzare i talenti locali, sfruttando le opportunità offerte dal Programma Regionale Puglia FESR-FSE+ 2021-2027.
Tra i protagonisti della giornata ci sarà Giulio Boccaletti, fisico e scienziato ambientale di fama internazionale, Direttore Scientifico del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC). Boccaletti condividerà la sua visione strategica e l’impegno per affrontare una delle emergenze più pressanti della nostra epoca: la gestione vitale dell’acqua. Un confronto indispensabile per accendere una nuova consapevolezza e promuovere azioni concrete, prima che sia troppo tardi.
Giulio Boccaletti è riconosciuto come uno dei massimi esperti mondiali sulla sicurezza idrica e la sostenibilità ambientale. È Direttore Scientifico del Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC) e ha svolto attività di ricerca al Massachusetts Institute of Technology (MIT), focalizzandosi sulla dinamica dei fluidi geofisici. Ha ricoperto ruoli di rilievo in diverse organizzazioni internazionali e ha collaborato con importanti società di consulenza, governi e aziende, nel mondo. Oltre alla sua attività scientifica è autore del libro “Acqua. Una biografia”, in cui esplora come la gestione dell’acqua abbia influenzato lo sviluppo delle civiltà umane nel corso della storia.
Con Boccaletti abbiamo parlato delle attuali problematiche inerenti alla salvaguardia delle risorse idriche, di cambiamenti climatici, di possibili soluzioni auspicando, e credendo, ad un possibile “Rinascimento” nel rapporto col territorio.
Boccaletti, servono più idee o maggiore convinzione per affrontare i problemi idrici?
Le idee sono necessarie, ma siamo prima di tutto di fronte a scelte politiche in un quadro di risorse scarse. La salvaguardia delle risorse idriche comporta soluzioni complicate che tuttavia possono essere semplificate grazie all’innovazione tecnologica, come l’uso dei dati, l’agricoltura di precisione e i sensori per l’efficienza idrica. Ma alla base deve esserci la volontà politica di riconoscere e affrontare il problema.
Quali sono le strategie per affrontare siccità e alluvioni?
Il problema è strutturale e riguarda la mancanza di pianificazione a lungo termine dello sviluppo economico. Siamo un Paese ricco ma anche anziano, e raramente ci chiediamo come sarà l’Italia nel 2050. Per costruire infrastrutture o decidere interventi sul territorio, servono visioni di lungo periodo, perché i ritorni di questi investimenti si vedranno solo dopo decenni. Oggi, invece, siamo troppo concentrati sul presente.
Un esempio?
Prendiamo il caso della Romagna: dopo le alluvioni degli ultimi anni, non si tratta di ricostruire come se nulla fosse, ma di ripensare il modo in cui i territori possono continuare a produrre. Non si tratta più di eventi eccezionali, ma dobbiamo pensare che siano strutturali e potenzialmente frequenti. Se le alluvioni diventano frequenti, l’impatto economico sulle colture e sull’industria è enorme e richiede un approccio strategico. La pianificazione è fondamentale, così come definire il ruolo dello Stato e del capitale privato. Alcuni interventi possono essere sostenuti solo dal settore pubblico, ma altri necessitano di investimenti privati, superando certi retaggi ideologici.
Una pianificazione da inserire in un quadro di finanza pubblica complicato…
Lo Stato è indebitato quindi dobbiamo attirare investitori e collaborare con enti privati. Inoltre, l’Italia è un Paese complesso dal punto di vista idrogeologico, e questo richiede competenze sofisticate. Tuttavia, manca una visione unitaria: basti pensare che un terzo dell’Italia è coperto da foreste, ma la loro gestione è frammentata a livello regionale, e questo complica la gestione della sicurezza complessiva a livello idrogeologico.
Cosa possiamo imparare dal passato?
Il passato è un’enciclopedia da cui trarre ispirazione per gestire problemi materiali e di governance. La frammentazione istituzionale italiana nasce con Carlo Magno e si è consolidata con il campanilismo. Nella storia, grandi cambiamenti come le trasformazioni idrauliche sono stati possibili solo con una visione del futuro.
Ad esempio, Bologna nel Trecento divenne un centro mondiale della seta grazie a un sistema di canalizzazioni straordinario. Questi interventi non rispondevano solo a sfide ambientali, ma costruivano un futuro più prospero. Tutte queste trasformazioni erano spinte dalla necessità di crescere e migliorare le condizioni di vita. Oggi, come allora, dobbiamo immaginare il futuro che vogliamo e trasformare le sfide in opportunità.
Lei pensa che manchi una narrazione efficace per spiegare i problemi climatici?
è fondamentale il racconto dei problemi e delle soluzioni, perché si tratta di problematiche di tutti che comportano un’assunzione di responsabilità. Stiamo parlando di trasformare casa nostra; quando la gente guarda fuori dalla finestra, quello che vede è il prodotto di alcune scelte. Scelte politiche e identitarie.
Se fosse Ministro dell’Ambiente, quali sarebbero le sue priorità?
Se fossi Ministro dell’Ambiente, la mia prima azione sarebbe riunire i ministri dell’Industria, dell’Agricoltura, delle Infrastrutture e dell’Economia per definire insieme una visione del territorio come piattaforma di sviluppo economico. Dobbiamo affrontare questioni epocali: se la popolazione italiana si dimezzerà entro la fine del secolo, la produttività di chi lavora dovrà raddoppiare solo per mantenere lo status quo. Questo richiede scelte strategiche sul tipo di industria, sull’autosufficienza alimentare e sulle priorità economiche. Se invece invertissimo la piramide demografica attraverso una migrazione controllata, avremmo un diverso equilibrio: più persone a supporto dello stato sociale e un diverso utilizzo del territorio, tra città e aree rurali. È evidente che non possiamo decidere sulle infrastrutture senza una visione chiara di cosa serva realmente.
In Italia c’è un’adeguata flessibilità nella risposta agli eventi avversi?
Noi rispondiamo in modo rigido a eventi mutevoli, e questo è un problema. Le faccio un esempio: negli ultimi anni la neve sulle Alpi non si accumula più in quantità come in passato, e se l’Alta Valle del Po non ha neve a sufficienza, il fiume diventa quasi un torrente e in estate finiamo per non avere acqua. L’abbiamo visto anche nel 2022, ma, a fronte delle scarsissime nevicate, ci siamo comportati come se non fosse successo niente. Il tessuto industriale e produttivo ha continuato a richiedere le stesse quantità d’acqua, senza invasi di raccolta o stoccaggio delle riserve idriche. Basterebbe questo esempio per comprendere quanto sia necessario un pensiero lungo, flessibile e strategico.
Esiste una soluzione ottimale per la salvaguardia delle risorse idriche?
Non esiste una soluzione perfetta ai problemi complessi, specialmente in contesti idrici difficili. Paesi come Israele o gli Stati Uniti dimostrano che ogni soluzione porta con sé nuove difficoltà, e non c’è un modo per eliminarle del tutto. Tuttavia, la gestione è possibile: possiamo fare errori, ma possiamo anche imparare e migliorare. Il vero problema non è tanto trovare una soluzione, dato che esistono molte opzioni imperfette tra cui scegliere, ma assicurarsi che la scelta sia legittima. Questo significa coinvolgere la cittadinanza, rendendola consapevole e partecipe, affinché la decisione non venga percepita come un’imposizione dall’alto.
SETE, 100 idee per salvare il mondo. A Bari come ispirerà i giovani partecipanti?
Vorrei far capire che, pur essendo uno scienziato, il problema non è scientifico né inaccessibile al pubblico. Non servono solo scienza e tecnica, ma sono necessarie persone che si prendano a cuore i territori, con senso civico. Credo che siamo di fronte a un possibile Rinascimento nel rapporto con il nostro territorio. Guardare con attenzione a ciò che ci circonda, creare professionalità e imprese focalizzate su una gestione intelligente e moderna è una strada possibile. L’Italia ha risorse e modernità per farcela, ma il successo dipenderà da quanto investiremo in competenze, risorse ed entusiasmo.