A 16 anni ha dato vita alla sua prima piattaforma, a 20 anni alla sua prima società, la MadBit Entertainment, una startup operativa nel mondo del mobile e dei videogiochi. Daniele Ratti, fondatore e CEO di Fatture in Cloud oggi guida il saas per la fatturazione elettronica utilizzato da 500.000 partite IVA italiane. Di strada questo giovanissimo imprenditore classe ’92, lecchese, ne ha davvero fatta tanta e l’idea di una piattaforma che semplifica la digitalizzazione di fatture di ogni tipo maturata 11 anni fa gli ha dato quel vantaggio sul mercato in termini competitivi che soltanto i più lungimiranti riescono a guadagnarsi. Lo abbiamo intercettato per farci raccontare la storia di questa realtà che oggi è diventata un leader di settore nel mercato della fatturazione elettronica.
Leggi anche: «Le risposte sono fuori dalle mura aziendali. Ecco perché abbiamo lanciato il nostro Corporate Venture Capital»
A quando risale la tua prima esperienza imprenditoriale?
Avevo 16 anni quando cominciarono a diffondersi i siti di aste a ribasso. Io avevo sviluppato da zero una piattaforma tutta mia, ma mi scontrai subito con le alcune barriere che mi impedivano di commercializzarla: non avevo la più pallida idea di come poter vendere su internet, di come funzionasse una partita Iva e nemmeno di come la si potesse aprire. Appena maggiorenne ho iniziato a sviluppare app gratuite e a pagamento per iPhone. Dopo mesi di alti e bassi sono riuscito a raggiungere un guadagno mensile decente e, finalmente, ad aprire la famosa partita Iva. L’anno successivo ho dato vita a una società che, inizialmente, avrebbe dovuto commercializzare videogiochi: la MadBit Entertainment s.r.l. Il primo (e unico) videogioco sviluppato da me e Matteo Milesi (si chiamava “Nomi cose città revolution”) fu inizialmente un successone, i download tra Italia e Francia superarono i due milioni. Purtroppo, però, i guadagni calarono drasticamente a distanza di pochi mesi.
Poi quando è maturata l’idea di mettere in piedi Fatture In Cloud?
Queste esperienze mi aiutarono a capire che in Italia mancava una piattaforma in cloud semplice da usare per gestire la propria partita Iva o una piccola impresa. A 21 anni, nell’agosto del 2013, ho iniziato da solo lo sviluppo di Fatture in Cloud. A ottobre, i primi amici con la partita Iva erano già registrati alla versione alpha, poi è arrivata la beta, e, a novembre, il lancio ufficiale. Ho investito tutti i miei risparmi in questo progetto. L’idea era quella di una piattaforma semplice “inizialmente gratuita, poi si vedrà”. Quando iniziai a parlarne ricordo che in molti mi guardavano storto. C’era molta preoccupazione sul tema del furto dei dati, della protezione della privacy. Il cloud veniva visto come qualcosa che non avrebbe garantito il rispetto delle normative. Oggi sappiamo che non è affatto così.
Poi che cosa è successo?
Ho seguito il mio istinto, non ho ascoltato tante chiacchiere e sono andato dritto per la mia strada. Pian piano sono iniziate ad arrivare le prime proposte di investimento, ma non mi soddisfacevano. Si iniziava a parlare, appunto, di cloud, soprattutto nel B2B, ma era un trend agli albori. In questa direzione devo ammettere che le big tech come Google e Microsoft hanno aiutato tanto, affidandosi per prime a strumenti in cloud e dando la possibilità agli utenti di poterli sperimentare. Così sempre più aziende sono andate in questa direzione e io ho cavalcato il trend in ascesa. Nel 2015, TeamSystem (attraverso la controllata Danea Soft), leader di mercato, ha acquisito il 51% delle quote di Fatture in Cloud, dando alla mia realtà anche la possibilità di raggiungere come clientela il 40% dei commercialisti italiani.
Quale è stato il momento di svolta?
Dieci anni fa c’erano tanti limiti tecnologici, penso soprattutto al digital divide, che era un vero problema in Italia. Nel gennaio 2019 è arrivata la fatturazione elettronica obbligatoria e questo ha cambiato il paradigma aziendale: le imprese avrebbero dovuto dotarsi di un gestionale. Questo momento per Fatture In Cloud ha rappresentato la svolta, così come durante la pandemia, che ha imposto alle aziende di diventare sempre più digitali. Insomma, una serie di circostanze fortuite per cui Fatture In Cloud è riuscita ad attrarre sempre più clienti.
Quali sono gli ultimi progetti ai quali ai lavorato?
Su un filone per l’open banking, per integrare tutto quello che è il mondo bancario nel nostro software di fatturazione, e abbiamo anche aperto un’app store e api pubbliche dedicate a partner terzi che desiderano integrarsi nell’open cloud.
Un consiglio ai giovani startupper?
Agire in modalità “all in“, lanciare un prodotto non avanzato, in beta, e svilupparlo sulla base dei feedback che si ricevono dagli utenti anziché lavorare su un qualcosa che, magari, poi si scopre che non ha mercato o non raggiunge le aspettative desiderate.