«L’unico olocausto nucleare è stato quello che col referendum del 1987 ha colpito le persone che lavoravano in questo settore, con grandi opportunità perse per il Paese. I morti che conto per il nucleare sono i 154 di Chernobyl, mentre a Fukushima non ce n’è stato neanche uno. Oggi è l’energia più sicura». Stefano Buono, Ceo e Co-founder di newcleo, è uno dei più importanti esperti in Italia sulla materia. Con una tesi in Fisica al Cern di Ginevra alla fine degli anni Ottanta, ha lavorato per molti anni a fianco di Carlo Rubbia, Premio Nobel per la Fisica nel 1984. «Mi ha chiamato nel ’94, quando stavo per partire per un viaggio intorno al mondo in barca a vela».
Le conseguenze di quel referendum
Stefano Buono ha poi preso la strada dell’industria, fondando a inizio millennio Advanced Accelerator Applications (AAA), una delle realtà più importanti nella medicina nucleare, venduta nel 2018 a Novartis per quasi 4 miliardi di dollari. StartupItalia lo ha intervistato per fare il punto su una tecnologia promettente, ma il cui futuro ancora deve essere in buona parte scritto.
«Dire di no al nucleare è stato un errore gravissimo. Nessun Paese al mondo ha chiuso le centrali operative, nemmeno quelli più ossessivamente contro. Quanto successo in Italia è stato il massimo del suicidio che si potesse immaginare». Buono non usa mezzi termini per descrivere la via intrapresa dall’Italia quasi quarant’anni fa. «Ha bloccato la ricerca, che è rimasta ma non con la qualità che poteva proiettarci in avanti».
Da tempo in Europa si parla più spesso di energia, soprattutto a seguito dell’invasione russa dell’Ucraina e dei rincari sulle bollette. La dipendenza dall’estero è uno dei punti deboli dell’Ue, in particolare dell’Italia. «Giuridicamente il referendum del 1987 non influisce sulla possibilità di costruire un reattore in Italia. Noi stiamo costruendo reattori modulari, con una supply chain europea in grado di creare componenti per fare consegne in tutto il mondo. Il Paese fa parte di questo piano».
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Gli obiettivi di newcleo
newcleo ha un team di quasi 700 persone, suddivise in quattro Paesi (Uk, Francia, Svizzera e Italia) con 15 sedi complessive. «Abbiamo fabbriche perché puntiamo ad acquisizioni per partecipare attivamente al mercato dell’industria nucleare. Ci stiamo costruendo la nostra supply chain. Il fatturato annuo è di 40 milioni di euro. L’obiettivo è sviluppare un reattore e una fabbrica di combustibili in Francia, con un reattore di qualifica in Italia entro il 2026». Sul tema della sicurezza Stefano Buono è granitico. «I reattori hanno una sicurezza passiva inimmaginabile».
La presenza in Francia – Paese che ha preso una direzione opposto all’Italia: ha più di 50 reattori sul territorio – è strategica perché è l’unica al mondo a fare riciclo di combustibile nucleare come ci ha spiegato il Ceo di newcleo. Se l’attuale generazione – la terza – è già la più sicura di sempre, da tempo si discute sulle prospettive della quarta. «È un gruppo che si è creato negli anni Duemila, che ha voluto selezionare tecnologie nuove da sviluppare. Delle sei proposte, tre ne sono sopravvissute: sali fusi, piombo e sodio. Credo che quella al piombo, come la nostra, sia la più matura».
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Chi punta sulla quarta generazione?
L’altro tema centrale della quarta generazione è che non punta tanto a migliorare la terza sul fronte della sicurezza, bensì su quello dell’innovazione. «Al momento solo i russi stanno costruendo il primo reattore di quarta generazione al piombo ed è possibile che entri in funzione entro il 2028. Sul campo sono attivi anche gli svedesi, i belgi e gli americani. In Cina fortunatamente sono indietro, almeno in quello».
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Il recente G7 a Torino, che ha dato appuntamento ai ministri responsabili di ambiente ed energia, ha prodotto un accordo che fissa il 2035 come anno entro cui dire addio al carbone. Il nucleare, nella linea di aziende come newcleo, rappresenta un elemento irrinunciabile. L’opinione pubblica ha cambiato opinione rispetto a decenni fa: varrà come sempre la logica NIMBY, ma intanto oltre la metà degli italiani si è detta favorevole alle centrali secondo un sondaggio SWG.
Grazie anche ai social e alla divulgazione scientifica molte persone si stanno avvicinando alla materia, mettendo da parte pregiudizi e ideologie. «I giovani capiscono che non esiste una fine dell’umanità col nucleare. Gli olocausti hollywoodiani non esistono. Son scoppiate 5mila bombe nucleari nell’atmosfera e nei mari e non hanno intaccato minimamente la radiotossicità e la radioattività in natura. Il pianeta non se ne accorge neanche. La più grossa difficoltà è togliere certe credenze».