22 anni, 4 startup, una voglia pazza di cambiare il mondo. Si chiama Emanuele Sacco, studente di fisica, è un giovane imprenditore che crede nel potere dell’innovazione per risolvere problemi. Usa le sue vacanze per volare a San Francisco e imparare, torna e apre hacker space, dove creativi e tecnici si trovano per creare soluzioni. «Vorrei che le persone di domani vivano meglio di quelle di oggi. Questo è il senso che cerco di dare alla mia vita».
Emauele Sacco, il regalo agli studenti
Il suo nome è noto nel mondo delle startup perché durante la pandemia, a 18 anni, con tre amici fonda PC4U e conquista tutti. Hanno regalato 1200 computer (che avevano ritirato dai donatori e ricondizionato) agli studenti di tutta Italia che ne avevano bisogno per seguire la didattica a distanza. Per questo sono stati insigniti dal titolo di Alfieri della Repubblica. «Ci siamo resi conto che c’erano famiglie che non avevano un computer in casa e un sacco di ragazzi non potevano seguire le lezioni. C’era un divario digitale a cui corrispondeva un divario sociale. Come potevamo rimanere fermi davanti a tutto questo?».
In quell’occasione Emanuele capisce che nella vita vuole fare impresa. Con un impatto. Oggi è head of growth di Midly (significa “My idol and I”), una piattaforma che elimina le distanze tra artisti e super fan nel mondo musicale tramite meccanismi di gamification e fan club. Vogliono sostenere gli artisti e offrire loro strumenti per interagire meglio con la loro community. Midly crea touch point tra artista e fan. Basta scaricare l’app per avere uno spazio di incontro.
L’app si collega a Spotify e traccia i tuoi ascolti. Più ascolti un artista, più acquisti punti ed entri nella classifica dei super fan. Negli ultimi sei mesi, Midly ha lanciato classifiche flash in collaborazione con Fedez, Lazza, Kid Yugi e thasup. Tra gli investitori ci sono Fabio Zecchini, Roberto Montandon, Moonstone e diversi player di riferimento nell’industria musicale. I founder sono Francesco Ehrenheim, Daniel Romano e Yas Bya
Scalare è il loro obiettivo. «Voglio imparare facendo, fare cose diverse, contaminare la mia storia e le mie idee con quelle degli altri». Figlio di un’insegnante di italiano per stranieri, Emanuele è esposto fin da piccolo alle storie dei diversi. «Per costruire una società aperta dobbiamo accogliere la diversità».
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Quando scatta la scintilla
Riavvolgiamo il nastro. L’amore per le startup e per il mondo dell’innovazione scatta tra i banchi di scuola, a 16 anni. Nota le difficoltà di comunicazione tra i docenti e gli studenti e inizia a immaginare soluzioni. «Ho cominciato a lavorare su progetti nel mondo education perché da studente era il settore che conoscevo meglio». Da questa intuizione nasce iDiary, un diario digitale per semplificare la gestione scolastica. I professori potevano mandare i compiti, condividere materiali didattici, l’orario delle lezioni e delle attività. Il progetto naufraga, ma gli insegna una lezione preziosa: ogni fallimento è una fonte di apprendimento.
Chiuso iDiary, Emanuele lancia AstraScuola, una piattaforma online di tutoring tra pari, dove gli studenti delle scuole superiori potevano trovare in modo facile il tutor migliore per le loro esigenze. «Il modello era “Near-peer”, quasi tra pari. Tra il tutor e lo studente ci doveva essere una differenza di età minima, tipo un anno. Seguivamo la tecnica di Richard Feynman, premio Nobel per la fisica nel 1965. Il metodo da lui sviluppato consiste nel semplificare un concetto fino a poterlo spiegare a un bambino. Questo aiuta a spiegare concetti complessi e a trovare buchi logici. Siamo arrivati in tre scuole diverse, abbiamo fatto un sacco di errori, ma abbiamo imparato tanto. Con lo stesso team abbiamo vinto il Tecnopia Award 2020, un premio per giovani under19 volto a far riflettere sul rapporto tra vita e tecnologia».
Poi è arrivata la pandemia e PC4U. «Si dice che la chiave di una vita felice sia trovare la propria passione, e fare di quella la propria vita. Noi abbiamo avuto la fortuna di trovarla buttandoci in un progetto che si è rivelato molto più grande di come lo avessimo immaginato».
Sperimentando in prima persona quanto sia cruciale affrontare le disuguaglianze e costruire soluzioni concrete, Emanuele partecipa come delegato italiano al Youth7, tavolo internazionale del G7 per la società civile. «Qui con un delegato tedesco e una delegata indonesiana abbiamo elaborato tre proposte per trasformare il sistema educativo, come sviluppare il pensiero critico con un approccio orizzontale su tutte le materie, ridurre il digital divide e introdurre un approccio di learning basato su problemi del mondo reale».
San Francisco, andata e ritorno
Imparare facendo è da sempre il suo mantra. Usa le sue vacanze per imparare. «Quest’anno ho trascorso il mese di agosto a San Francisco, in una hacker house di the Solana Foundation, ho fatto un’application e mi hanno preso. Lavoravamo e vivevamo insieme in un’atmosfera di fratellanza. Tornando a casa ho fondato Crepuscolo, un hacker space a Milano dove ci si incontra, nell’ora del crepuscolo, per sperimentare e creare soluzioni su focus specifici: il primo focus è il deeptech».
Qualche giorno fa a Pescara, Emanuele ha fatto il discorso di apertura del “Premio Storie di alternanze e competenze” al forum di innovazione Visionaria. «Credo che il talento sia distribuito in ogni luogo del mondo, ma non cosi le opportunità. Sta a noi crearle, espandendo la nostra superficie di opportunità. Riflettevo su questo concetto la sera prima di Visionaria, così ho cambiato completamente il discorso. La superficie di opportunità è il prodotto tra il numero di azioni che compi e il numero di persone a cui lo comunichi. Più provi, più chances avrai di farcela. Con più persone ne parli più avrai possibilità di trovare il tuo prossimo socio, investitore, cliente. In qualche modo, farcela deriva dalla tua capacità di espandere la tua superficie di opportunità».
Emanuele non smette di provarci. Non smette di mettere in discussione il presente per costruire un domani migliore. O di camminare verso il senso che vuole dare alla sua vita. Crede nel potere dell’utopia. E per spiegartelo ti racconta di una frase dello scrittore uruguaiano Eduardo Galeano. «L’utopia è là nell’orizzonte. Mi avvicino di due passi e lei si distanzia di due passi. Cammino 10 passi e l’orizzonte corre 10 passi. Per tanto che cammini non la raggiungerò mai. A che serve l’utopia? Serve per questo: perché io non smetta mai di camminare».