Parole d’ordine del ritorno della conferenza Cisco in Europa: sostenibilità e semplicità. Quel che conta, in fondo, è il risultato: la tecnologia è solo un mezzo per ottenere inclusione e sviluppo
Sono tornati. L’ultima volta che Cisco aveva incontrato clienti, partner, sviluppatori e tecnici europei era stato nel 2020: pochi giorni prima che l’emergenza sanitaria sconvolgesse ogni programma per i due anni successivi. Questa volta il punto di ritrovo è Amsterdam: qui viene raccontata, ancora una volta, la visione e l’ambizione di Cisco di offrire un supporto pratico e concreto allo sviluppo della rete globale che consente di costruire servizi, nuovi prodotti e opportunità di business per chiunque oggi sia impegnato nella missione di fare impresa. Con l’inevitabile necessità di comprendere e includere Internet. E la pretesa di istantaneità che il pubblico esige dall’economia delle app.
Sicurezza, innanzi tutto
Per governare un sistema complesso, qual è oggi una infrastruttura informatica di un’azienda, è necessario ottenere la massima visibilità sul funzionamento di ciascuna delle sue parti. Si può puntare alla specializzazione estrema, affidandosi alla competenza e all’esperienza di professionisti che conoscono il proprio mestiere come nessun altro: sono figure indispensabili, che costituiscono il cuore e l’anima di una infrastruttura. Ma, difronte alla crescita costante della quantità di protocolli e funzioni messe a disposizione, occorre pure mettere loro a disposizione strumenti in grado di offrire con un’occhiata l’informazione giusta al momento giusto.
In un certo senso, la nuova definizione di visibilità full-stack annunciata è la diretta continuazione di quanto era stato raccontato a Las Vegas: ancora una volta è l’opportunità offerta di consolidare le informazioni chiave in una singola dashboard, di sintetizzare il fattore rischio in un singolo valore mostrato nel nuovo Business Risk Observability, è ciò che Cisco ritiene sia la soluzione migliore per garantire che i servizi e le app restino online senza brutte sorprese. Le barriere, che fino a ieri dividevano il codice di un software dallo status dei servizi di rete, stanno definitivamente scomparendo: forse uno sviluppatore non sarà mai un sistemista, e viceversa, ma la loro collaborazione è inevitabile e indispensabile a questo punto.
A questo si unisce ovviamente tutto un ragionamento sulla sicurezza anche e soprattutto sul perimetro del nostro network: l’approccio denominato Secure Access Service Edge (SASE) impone l’adozione di una serie di servizi intelligenti in grado di valutare il contesto in cui una determinata operazione viene svolta, per comprendere quando si tratti di un’azione legittima e quando invece sottoporre l’utente a una serie di verifiche per evitare intrusioni indesiderate. Il principio su cui si basa questo approccio resta lo stesso del caso precedente: semplicità per l’utente, a fronte di un gran lavoro svolto dietro le quinte dal software, anche grazie all’ausilio di algoritmi di analisi avanzata dei dati e dei segnali (come il WiFi Fingerprinting) per rendere privo di intoppi il lavoro ovunque ci si trovi. Ma non per questo meno sicuro.
Molto interessante poi la svolta in termini di cifratura scelta per garantire le comunicazioni: nel Porto di Rotterdam, un luogo dove Cisco sta collaborando con l’autorità locale per trasformarlo in un porto connesso in ogni sua parte (l’ambizione è quella di vedere attraccare entro pochi anni la prima imbarcazione a guida autonoma), è stata avviata la sperimentazione di un sistema di comunicazione su base quantistica. Il partner scelto è QBird: sono loro che stanno portando avanti il progetto per collegare diversi punti dell’area con un sistema in grado di scambiarsi informazioni a livello quantistico, sfruttando le caratteristiche dei q-bit per garantire maggiore sicurezza (evitare soprattutto che i dati possano essere intercettati e letti da terzi) e una velocità di trasmissione pressoché istantanea. Il tutto nell’ambito di quella che è a tutti gli effetti un’infrastruttura critica: sia per quanto attiene la sicurezza, sia per quanto riguarda l’impatto sul business.
Sostenibilità è partecipazione
Accanto a questo, Cisco ha voluto ribadire il proprio impegno per quanto attiene il raggiungimento dei traguardi di riduzione delle emissioni e sostenibilità. Un impegno che viene declinato nel dettaglio delle azioni intraprese: non è questione di raggiungere soltanto la decarbonizzazione dei processi interni all’azienda, bensì di farsi carico anche di tutto quanto attiene la filiera di cui l’impresa fa parte, in cui interagisce con altre entità (condizione tra l’altro indispensabile per centrare gli obiettivi del cosiddetto Scope 3).
L’esempio perfetto ce lo presenta Angelo Fienga, che per Cisco è responsabile a livello EMEAR dei progetti sulla sostenibilità: “Oltre il 70 per cento delle emissioni è legata ai consumi dei dispositivi dai noi prodotti durante il loro utilizzo: per questo lavoriamo non solo sull’ottimizzazione del consumo energetico dei prodotti, ma pure su altre iniziative come il raffreddamento a zone dei server nei datacenter. Oppure sull’analisi del carico delle macchine nei datacenter stessi, per decidere come allocare i processi e nel caso addirittura decidere di spegnerne alcuni per concentrare il lavoro su altri”. Accanto a questo, inoltre, Cisco ha messo in piedi un sistema che prevede modalità di acquisto particolari per i device: con incentivi per passare dopo 3-5 anni a un modello più efficiente. A questo si affianca pure un programma di ritiro gratuito delle apparecchiature dismesse, che possono essere smantellate e in parte riciclate o in parte recuperate: con tanto di certificati rilasciati all’azienda che le conferisce.
A questo si abbina infine anche quanto già visto riguardo Cisco Spaces, il progetto di smart building messo in piedi e sperimentato negli uffici di New York e Atlanta: o a Shanghai. Nella location cinese è stato sperimentato un approccio inedito, sfruttando la tecnologia PoE (Power over Ethernet): persino l’illuminazione degli spazi, garantita da lampade LED, è gestita attraverso i cavi di rete che forniscono energia. Così le lampade, le videocamere, gli access point per il WiFi, i dispositivi Cisco per le videochiamate, tutto diventa parte del network di sensori che consentono di tenere sotto controllo temperatura, affollamento, qualità dell’aria: si possono spegnere le luci e persino gli access point delle aree non utilizzate, riattivarli all’arrivo delle persone, gestire l’apertura e la chiusura delle tende per garantire comfort senza dover necessariamente far partire la climatizzazione.
Anche su questo punto, c’è una totale apertura per la interoperabilità del sistema: Cisco non immagina di costruire le proprie lampade, e l’opportunità di collaborare con altri partner per costruire apparecchi compatibili apre nuove possibilità. In un certo senso le reti dati si mescolano in modo sempre più profondo con le reti elettriche, entrano in gioco le energie rinnovabili (basti pensare a pannelli fotovoltaici sul tetto di un edificio o persino integrati nelle finestre), l’accumulo dell’energia, il suo impiego: impianti che prima erano totalmente separati e che operavano in modo indipendente oggi devono iniziare a dialogare tra di loro. E la questione non si limita al solo edificio: come dimostra la presenza di E-Distribuzione, con il suo CEO Vincenzo Ranieri, tutto ciò rappresenta quanto Cisco sta cercando di costruire a livello globale. Di nuovo, torniamo a quanto detto parlando dello Scope 3 e del lavoro necessario per centrare gli obiettivi di riduzione delle emissioni come un ecosistema. Da soli, come individui o come aziende, non si può far tutto.
10 milioni di studenti
C’è poi un altro annuncio che vale la pena citare, tra quelli (tanti) che Cisco ha fatto ad Amsterdam: l’impegno a coinvolgere 10 milioni di individui nei suoi programmi di formazione, tra cui la Networking Academy che compie 25 anni proprio nel 2023. Si tratta di un impegno concreto, con un obiettivo preciso: favorire, anche grazie alla collaborazione con un nuovo partner (Ranstad) il reskilling di una ampia fetta anagrafica di lavoratori che in questo contesto incontreranno difficoltà di impiego e re-impiego.
“Andremo sempre incontro al discente dovunque sia” sintetizza Guy Diedrich, Chief Innovation Officer di Cisco: “Uno studio del World Economic Forum sostiene che nei prossimi anni, a causa della trasformazione in atto nel mondo del lavoro, ci saranno 85 milioni di lavoratori a rischio. Ma lo stesso studio ribadisce pure che nasceranno 97 milioni di nuove opportunità grazie all’introduzione di nuovi modelli e tecnologie: ci sono 4 milioni di posizioni aperte solo nella cybersicurezza in questo momento a livello globale, e noi abbiamo bisogno della competenza e del lavoro di tutti quegli 85 milioni di lavoratori di cui parlavo prima”.
A questo si allinea anche CDA, il programma Country Digital Acceleration, che Cisco porta avanti in diverse nazioni (tra cui l’Italia) per aderire e sostenere l’agenda digitale del Paese. Diedrich spiega che anche in questo caso, come quando si parlava di sostenibilità, è cambiato il paradigma: quel che conta realmente è il risultato, a prescindere dalla tecnologia impiegata per ottenerlo. Cisco non si pone più dinanzi ai suoi clienti o potenziali tali con un pacchetto chiavi in mano: ascolta i loro bisogni, cerca di elaborare una proposta che li soddisfi, cerca una sponda anche in altre entità grandi o piccole che siano. In condizioni ideali questo meccanismo si può trasformare in un progetto di open innovation che promuove una startup o una PMI a livello globale, in altri può tradursi nella collaborazione con altre aziende per costruire l’offerta migliore possibile. “Non riesco a ricordare un solo progetto CDA in cui abbiamo lavorato da soli”, chiosa Diedrich.
Per chiudere il cerchio, torniamo al reskilling: “Agli inizi degli anni ’90, se mi avessi parlato di un lavoro nella cybersicurezza non avrei saputo neppure di cosa si trattava. Oggi invece è un lavoro del presente, e del futuro: e questo per dire che i lavori dei nostri figli e nipoti, probabilmente, neppure esistono ancora. Senz’altro possiamo immaginare che data scientist ed esperti di AI saranno molto richiesti: ma oggi vedo come molto interessante anche il settore del quantum computing, e sono certo che quando questo settore sarà arrivato a maturazione noi saremo tra i primi a inserire questi argomenti nella Networking Academy”. Con il sentito dovere morale di contribuire al garantire la possibilità di una grossa fetta di lavoratori di scovare una nuova opportunità.