I risultati del sondaggio condotto da Confagricoltura con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza svela come i giovanissimi siano abbastanza preparati sul tema della sostenibilità ambientale
Un sondaggio condotto da Confagricoltura con l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza da titolo “Un’agricoltura sostenibile: quanto ne sai? News e fake news” svela l‘impatto tra l’Agritech e le fake news sui temi legati all’agricoltura e alla sostenibilità ambientale in particolare nella “GenZ”. L’obiettivo è quello di informare il pubblico sui progressi, gli investimenti e le innovazioni che le aziende agricole hanno adottato per mitigare e adattarsi agli effetti dei cambiamenti climatici. Scopriamo insieme i risultati che sono emersi dall’analisi.
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Agritech e fake news
Alla domanda se si crede che l’agricoltura sia tra i principali responsabili degli sprechi d’acqua, il 76% dei ragazzi che hanno risposto al sondaggio (tra i 18 e i 24 anni) ha detto di no. Il più grande spreco di acqua nel nostro Paese è, infatti, determinato dalle perdite della rete distributiva che si attestano al 40%, e il settore agricolo è tra i principali utilizzatori di risorse idriche. L’acqua impiegata nell’uso irriguo non fuoriesce dal ciclo idrologico naturale e l’agricoltura, dunque, non spreca acqua ma è in prima linea nell’accusare tale inefficienza. L’87% dei giovani crede che l’agricoltura non sia tra i principali responsabili degli sprechi alimentari. Il risultato confuta, di fatto, una delle fake news più diffuse: che l’agricoltura sia proprio responsabile degli sprechi alimentari. Il 48% crede che gli allevamenti confinati all’interno di una struttura siano dannosi per l’ambiente e gli animali. Il confinamento degli animali, infatti, in molti casi, crea le condizioni ideali per favorirne l’accrescimento nel rispetto del loro benessere mentre lo sviluppo tecnologico contribuisce a migliorarne le condizioni attraverso il monitoraggio del loro benessere in tempo reale, con la raccolta e la gestione di immagini e dati. Il 64% degli intervistati crede che il taglio degli alberi rappresenti una pratica che porta al progressivo deterioramento delle superfici boschive e il 34% ritiene che le coltivazioni di seminativi (frumento duro, tenero, mais, girasole ecc.) abbiano un impatto negativo sulla popolazione di impollinatori (come, ad esempio, le api). In questo caso, ci sono molti fattori che incidono sulla popolazione di insetti impollinatori e non è congruo attribuire tutte le responsabilità al settore primario. Occorre considerare, per esempio, che i cambiamenti climatici, in particolare la siccità che ne è un effetto, ma anche alcune patologie, incidono sulla salute e sulla longevità degli impollinatori. La coltivazione di seminativi non implica di per sé un rischio per le specie impollinatrici. Infine, il 79% non crede che il settore agro-alimentare sia tra i principali responsabili dei cambiamenti climatici. In generale si può quindi dedurre che i più giovani siano abbastanza informati sul tema e non lo affrontino in maniera superficiale rischiando di incappare nelle “fake news”.