Ruderi agricoli trasformati in case popolari con tetti a forma di foglia, orti circondati da frassini e pioppi divisi da recinti in terra cruda, una miscela naturale e plastic free sostenibile. Così a Peccioli (in provincia di Pisa) presto prenderà vita un borgo popolare che si auto-sostiene alimentarmente con il “pixel farming” e produce indotto economico con agricoltura e silvicoltura. L’idea, sviluppata da due architetti su proposta del sindaco di Peccioli e messa in pratica da alcuni studenti delle Università di Hasselt e Londra in joint venture con Siracusa, vuole essere anche un incentivo per attrarre turisti in uno dei borghi medievali più belli d’Italia. «Entro il 2050, il 70% della popolazione vivrà in aree urbane e, quindi, con gli studenti abbiamo capito come le città si sarebbero potute trasformare in smart cities e come anche questi piccoli borghi avrebbero potuto abbracciare questa trasformazione – spiega l’architetto Maria Alessandra Segantini che ha seguito il progetto assieme al marito collega Carlo Cappai di C+S Architects, studio con sede a Treviso e Londra, e al sindaco di Peccioli, Renzo Macelloni – Così abbiamo sperimentato questa tecnica sviluppata in Olanda che porta con se una serie di vantaggi». Questa nostra nuova tappa con il Viaggio in Italia arriva proprio in nel piccolo centro toscano oggi abitato da 4.800 persone che è si è aggiudicato il titolo di “Borgo dei Borghi 2024“.
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Il progetto di pixel farming a Peccioli
«Il processo di urbanizzazione non è accompagnato dalla rinaturalizzazione dei territori abbandonati ma assistiamo al consumo di nuovo suolo – commenta l’architetto – Pertanto, questa nostra nuova visione permette di dare a tutti una casa sociale capace anche di generare cibo di qualità a prezzi accessibili, rigenerare paesaggi depauperati, costruire comunità multietniche e multiculturali coese, de-carbonizzare il settore delle costruzioni e innestare innovazione costruttiva e sistemi circolari in grado di rimettere in equilibrio costruito e natura». Maria Alessandra Segantini con Carlo Cappai hanno svolto ricerche e raccolto dati sull’argomento in quanto professori e responsabili di due gruppi di ricerca rispettivamente delle Università di Hasselt e Londra, e in joint venture con l’Università di Siracusa.
57 anni, Maria Alessandra Segantini, nata a Treviso, condivide lo studio con il collega e marito Carlo Cappai. Primogenita di due sorelle, ha studiato a Venezia per poi spostarsi a Londra e rientrare, dopo anni, in Italia. Oggi è alla guida del progetto di Peccioli proprio assieme a chi l’ha sempre sostenuta: il collega e marito, e il sindaco dello stesso Paese. «Il progetto proposto dal primo cittadino di Peccioli è quello di costruire un complesso di dodici case popolari e servizi. Si tratta di un’area di 11,76 ettari con una capacità edificatoria di meno di 3.000 mq. Collocato a valle del borgo appenninico di Peccioli, Santo Stefano, si presenta come un grande lotto libero, con i ruderi di alcuni edifici di servizio al lavoro agricolo», spiega Maria Alessandra.
Dal prototipo alla messa a terra
«Innestando l’arboricoltura, così come proposta dallo studio C+S Architects, migliora la vista dall’alto e la qualità dell’aria tra due arterie di traffico e riconnette gli abitanti delle case sociali alla terra, verso una comunità multietnica e multiculturale – spiega il sindaco Macelloni – La sostenibilità a tutto tondo (economica, ambientale e sociale) della visione proposta ci mette al centro di un lavoro di squadra che guarda al futuro dei nostri paesaggi. Al momento stiamo lavorando al prototipo, poi lo metteremo effettivamente a terra». Con frassini e pioppi, immersi in un impianto che guarda a diversi obiettivi, il progetto ridisegna un paesaggio che si rigenera naturalmente diventando una risorsa anche economica per il Comune. Il nuovo paesaggio è disegnato da una serie di boschi circolari serviti da sentieri per le manutenzioni e taglio, bacini di raccolta dell’acqua per l’irrigazione e ricoveri per le attrezzature agricole con l’idea di ridare vita agli edifici rurali che mal si adattavano alle vecchie funzioni e che sono stati trasformati in accoglienza con offerta turistica e spazi collettivi per la nuova comunità che abiterà l’area di Santo Stefano.
Le dodici nuove residenze sociali richieste dall’amministrazione sono state disegnate come una comunità di micro-fattorie che traducono il sistema dei casali storici toscani in forme contemporanee. Le dimensioni sono variabili, da 80 a 130 mq, e ogni unità è caratterizzata da uno spazio di soggiorno/cucina e una, due o tre camere, secondo i canoni classici dell’edilizia sociale.
Ogni unità è disegnata da un recinto in terra cruda che definisce anche un suolo coltivabile. Qui si innesta il concetto agricolo innovativo del ‘pixel-farming’ dove è la varietà delle specie e la biodiversità a garantire un’alta produttività. «Ho trascorso parte della mia infanzia tra i calanchi, i vigneti e i pescheti dell’Emilia Romagna, dove stava mio padre che, accanto al suo lavoro, piantava ulivi e tutte le specie possibili che portava con sé da altri Paesi del mondo, creando un luogo speciale per la biodiversità – ricorda Segantini – Questo progetto si nutre proprio di quelle radici e le coniuga con tecniche innovative sia in termini di agricoltura che di costruzione».
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Quali vantaggi offre il pixel farming?
Queste nuove tecniche costruttive promuovono la decarbonizzazione nel settore delle costruzioni, e l’innovativo sistema di prefabbricazione delle nuove residenze che sono state studiate come un kit di montaggio da poter riciclare a fine vita degli edifici. Secondo l’architetto Segantini: «I vantaggi del pixel farming sono: in termini di dimensioni, in termini di ravvicinamento tra gli abitanti e la terra e in termini di qualità, con un prodotto a portata di mano e autoprodotto a basso costo. «Questo “pixel farming” ha dato risultati sorprendenti perché favorisce anche altri fattori come la valorizzazione del mondo animale che gravita intorno all’agricoltura. Si produce ricchezza, si riduce l’inquinamento e si costruisce un bel paesaggio – spiega l’architetto – Qui noi abbiamo studiato le tecniche agricole locali, visto che si praticava già l’alboricoltura, e abbiamo immaginato questi appezzamenti in modo che possano portare un valore economico, in un modo di lavorare 5.0». Il progetto, che al momento è fermo in Regione per l’approvazione del master plan, dovrebbe poi partire con la realizzazione, che è molto sperimentale: «Se funziona lo si potrà applicare in molti luoghi – conclude l’architetto – Anche perché ci sono molte famiglie che vogliono lasciare la città e tornare alla terra».