Non lo scopriamo oggi: decine di stagioni del documentario Com’è fatto (How It’s Made) dimostrano quanto siamo affascinati e attratti dal funzionamento delle cose. Non solo acceleratori di particelle o dispositivi estremamente complessi. Ci riferiamo a oggetti di uso comune, che maneggiamo ogni giorno. Ad esempio, chi saprebbe dire come funziona la moka? «È il lavoro che prediligo. Ci sono oggetti di una semplicità imbarazzante, come il fiammifero. Io respiro la fisicità». Massimo Temporelli, 51 anni, è un fisico di formazione che da più di dieci anni ha deciso di virare verso la divulgazione, dal vivo e online.
Sui social sta coltivando la sua nicchia, con brevi lezioni disegnate su carta, per spiegare con voice over una cosa nel suo funzionamento, senza astrazione. «Online c’è la tendenza a occupare metà dello schermo con la propria faccia. Mi è venuto naturale girare la telecamera verso il foglio. Non ho più voglia di mettere la mia faccia. Bastano la voce e una storia».
Chi è Massimo Temporelli?
Nato nel 1973 a Borgo Sesia, Massimo Temporelli ha ricoperto vari incarichi nella sua carriera, partita con una scelta sfidante ai tempi dell’università. «A scuola non andavo benissimo. Non studiavo, giocavo a calcio, facevo mille cose. Quando è arrivato il momento dell’università sentivo attorno a me il giudizio. In sostanza: ero scarso. Così sono andato da mio cugino chiedendogli quale fosse la facoltà più difficile. Ho messo in atto una sorta di ribellione. Mi piacciono le sfide impossibili». Ci si potrebbe attendere un esito accademico da ricercatore. E invece Temporelli ha capito quel che non faceva per lui.
«Fisica è tosta e mi piacque davvero tanto. Non per via dei tecnicismi, ma per l’approccio. Con il taccuino si può modellare il mondo, farsi un’idea di come funzionano le cose». Nel 2000 ha ottenuto una borsa di studio in STMicroelectronics a Milano per sviluppare percorsi scientifici dei nuovi laboratori educativi del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano. Ed è proprio in quest’ultima realtà che è rimasto per dieci anni, divenendo curatore e guida.
Fisica su carta
«L’esperienza da ricercatore non faceva per me. Il mio cervello non è predisposto per quello. Sono una persona orizzontale, mi appassiono a tante cose». Da alcuni mesi Massimo Temporelli ha messo in pratica tutto questo, iniziando a pubblicare video su Instagram in cui riprende disegni, concetti e formule appuntati sul suo taccuino. Nel feed spiega in maniera accessibile concetti complessi, eppure fondamentali per il sapere umano. Come le equazioni di Maxwell.
In Italia, si sa, l’ignoranza scientifica viene perdonata molto più frequentemente di quella in materie umanistiche, come italiano e storia. Tornare sui banchi di scuola è impossibile, ma grazie a internet e a chi divulga appassionarsi è senz’altro più facile di una volta. Il materiale online a disposizione – dalle conferenze alle lezioni smart – non manca. «Quando ho cominciato a lavorare al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano raccontavo la Galleria di Leonardo, la storia di Marconi. Non ero in grado di restare su un solo argomento. In quegli anni ho potuto così approfondire la sociologia, l’antropologia. Ma ho anche studiato la collezione sulle telecomunicazioni».
Un giorno avremo una stampante 3D in ogni casa?
Nel 2010 è terminata la sua esperienza di curatore. Massimo Temporelli ha incontrato lungo il cammino una macchina sulle cui spalle sono state riposte grandi speranze di cambiamento e rivoluzione. Perché questa è stata la stampante 3D agli occhi di molti pionieri: un oggetto fisico in grado di produrre qualcosa disegnato prima in digitale. Una macchina dei sogni, che ha senz’altro innovato in ambito manifatturiero, senza però stravolgere l’industria.
«Ho fondato TheFabLab, azienda di cui sono presidente». Come si legge sul sito di questa startup, si tratta di un laboratorio condiviso di fabbricazione digitale, sul modello Fab Lab del Massachusetts Institute of Technology (MIT). Formazione, consulenza e nuova cultura aziendale sono gli obiettivi che porta avanti la società. Nel corso dell’intervista Massimo Temporelli ha citato uno degli oggetti più famosi sfornati dalla sua startup. L’Umarell 3D, venduto in 250mila copie, raffigura l’iconico anziano che, giudicante, guarda i cantieri mani dietro la schiena. «Più di dieci anni fa si faceva questa previsione: tutti avrebbero avuto in casa una stampante 3D. Credo però ci sia stata una piccola rivoluzione industriale, frutto di una bella avventura».
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Come spiegare l’AI?
Ma di fronte all’immaterialità dell’Intelligenza artificiale che cosa si può fare? Come la si può disegnare? «L’AI è un qualcosa di profondo, perché cambierà il modo di produrre valore». C’è il legittimo timore che l’uomo rischi di smenarci in questa rivoluzione. «Se ci sediamo e la lasciamo fare l’AI sostituirà ci sostituirà nei compiti più vecchi. Da Galileo in poi le rivoluzioni che hanno rimesso in discussione la centralità dell’uomo e hanno garantito progresso».
Il mestiere dei divulgatori si basa sulla passione per la comunicazione e la condivisione del sapere. Ridotto ai minimi termini racchiude ottimismo verso i futuro e, dunque, verso le nuove generazioni. «Non tutti i giovani saranno bravi. Da storico della scienza so però che i giovani sono più brillanti a produrre idee nuove. Questo perché la mente è sgombra e c’è il coraggio di fare scelte audaci. Da grandi il cervello si protegge di fronte alle idee nuove . A scuola questo significa che il prof deve essere disposto ad ascoltare nuove idee. Solo così si allenano le generazioni a proporre e a farsi avanti».