Come fare una startup dal carcere? Il dramma dell’ideatore di Criptext, Mayer Mizrachi Matalon
Se pensate che la vita di uno startupper sia dura, allora non conoscete la storia di Mayer Mizrachi Matalon, startupper di New York con origini sudamericane che ha ideato Criptext, una tecnologia che crea messaggi criptati. Da gennaio è rinchiuso in una prigione colombiana, La Picota, per delle accuse di truffa da parte del governo panamense con cui la startup ha stretto un accordo di collaborazione. Panama ha chiesto l’estradizione e mentre la giustizia colombiana si pronuncia Mizrachi, 28enne, resta in carcere dove, tra condizioni disumane, vessazioni e minacce, continua con coraggio a sviluppare il suo business. Forbes racconta la sua storia e il suo dramma.
Il patto della discordia
L’incubo di Mizrachi inizia alla fine del 2015. La startup sta collassando per mancanza di soldi. Un solo investimento raccolto di 500mila euro dallo zio, Joseph Mathalon, non basta più per reggere la baracca. Poi arriva il colpo, quello che lui all’epoca pensava fosse la svolta della sua vita, l’accordo con il governo panamense, Mizrachi è figlio di un giamaicano e di una panamense e viaggia spesso in Sud America. Firma un contratto con un’agenzia governativa, AIG (Autoridad Nacional Para La Innovación Gubernamental) per fornire la sua tecnologia all’interno delle comunicazioni ufficiali dello Stato. Un accordo da 13,3 milioni di dollari. Neanche il tempo di festeggiarlo che inizia l’incubo.
L’arresto in Colombia per truffa al Governo
Il 29 dicembre del 2015, parte per un viaggio di piacere a Cartagena in Colombia, è per lui un modo per ritrovare vecchi amici e staccare dallo stress della vita newyorchese. Appena atterrato all’aeroporto arriva una squadra dell’Interpool con un mandato di arresto codice rosso per truffa nei confronti del governo panamense con cui la Colombia ha stretto un patto di estradizione. Da lì viene condotto nel carcere di La Picota dove solitamente sono condotti trafficanti di droga e terroristi. Un video su Internet mostra il momento della cattura.
L’agenzia lo accusa
Da qui inizia una storia molto confusa, con Interpool, governo panamense e colombiano, magistratura, che fanno a gara a chi mantiene di più il segreto. Trapelano poche informazioni e quelle che si trovano, grazie all’inchiesta di Forbes e a fonti sudamericane, confermano l’accusa di truffa nei confronti del ragazzo e il nome del querelante che sarebbe proprio l’AIG. In buona sostanza, l’agenzia per l’innovazione accusa l’azienda di non aver mantenuto i patti e non aver completato il lavoro, la tecnologia sarebbe stata applicata solo in parte.
Lo startupper a sua volta risponde che in realtà i lavori sono stati eseguiti per quattro mesi e bloccati con l’arrivo del nuovo presidente, Juan Carlos Varela. Mizrachi fornisce a Forbes una serie di email che lui ha mandato al capo dell’agenzia, Irvin Halman, nelle quali chiedeva perché il prodotto non fosse usato. Email che non hanno ricevuto alcuna risposta. Inoltre, racconta che una volta conosciute le accuse si è anche recato sul posto per chiedere agli investigatori se avessero bisogno di prove per dimostrare la sua innocenza, ma loro avrebbero risposto che non c’era alcuna necessità. Insomma, Mizrachi era a conoscenza del procedimento, ma ne ignorava la gravità: «Lo stanno accusando di un crimine, quando è un problema di ordine amministrativo, la disputa su un contratto» spiega sua madre.
Nipote dell’ex presidente di Panama Martinelli
A provare a gettare luce sulla vicenda c’è una circostanza che non è passata inosservata dalla stampa. Lo startupper è il nipote dell’ex presidente panamense Riccardo Martinelli, su cui pende un mandato di arresto con l’accusa di corruzione. Che le due cose siano legate?
La sua vita da startupper in carcere: «Una giungla qui»
Intanto, mentre si attende la decisione della Corte Suprema colombiana sulla procedura di estradizione (possono volerci anche fino a sei mesi), chi se la passa peggio è il ragazzo minacciato in carcere e costretto a vivere senza servizi di igiene (l’acqua mancherebbe per giornate intere) e con due sole docce per 80 dipendenti: «Sento le persone gridare, è una giungla qui, e ho paura. C’è gente che mi dice cose terribili, su chi mi stuprerà e mi farà del male. È una tortura psicologica» racconta così il suo dramma Mizrachi. La condizione viene aggravata da una rara forma di malattia di cui ha sofferto da bambino, confermata dal suo medico. Conosciuta come poliartrite nodosa, un’infiammazione delle vene che blocca il rifornimento di sangue agli organi e che potrebbe ripresentarsi in condizioni di stress.
Nel frattempo, non solo i suoi avvocati e la sua famiglia, ma anche associazioni per la difesa dei diritti umani (come la Inter America Commission for Human Rights) stanno facendo pressioni sul governo panamense affinché ritiri le accuse. Mentre Mizrachi continua a lavorare al suo progetto, un tecnologia di criptaggio dei messaggi da applicare a tutti i sistemi di comunicazioni interni di banche, ospedali, aziende: «Finché ho Skype e una email per comunicare con il mio team continuerò a lavorare, non posso impedirmi dal farlo» spiega a Forbes.