Nella conferenza d’apertura della Maker Faire Rome 2016, un assaggio dei progetti che stanno disegnando il futuro con la manifattura digitale, l’internet delle cose, e l’interaction design
Sul palco della conferenza d’apertura della quarta edizione della Maker Faire Rome 2016, l’evento europeo dedicato all’innovazione e al movimento maker, sono salite questa mattina 32 bandiere, sulle note di “The Times They Are A-Changin’” di Bob Dylan. 31 bandiere rappresentavano i paesi che saranno presenti con i loro progetti alla tre giorni (dal 14 al 16 ottobre 2016, alla Fiera di Roma), più una per la Catalogna: “Ci hanno chiesto di salire con la loro bandiera, non penso che nessuno avrà nulla in contrario” ha commentato Riccardo Luna, il curatore della Maker Faire Rome, in mezzo all’arcobaleno di paesi. La conferenza di apertura della Maker Faire Rome era intitolata “The Future of Everything”, il futuro di ogni cosa. A parlare del futuro delle cose, dei maker, della scienza, del’innovazione, del cibo e della musica sono intervenuti Neil Gershenfeld, James D. Jackson, Luigi La Spada, Simona Maschi, Bruce Sterling, Tim West, Bruno Zamborlin.
Un’edizione 4.0
“Questa è la Maker Faire 4.0 – ha cominciato Luna – quando abbiamo cominciato con la prima edizione e parlavamo di maker la gente ci guardava perplessa. Questa mattina, invece, alla Fiera di Roma si sono presentati circa 25 mila ragazzi, che equivalgono a mille classi”. Il “4” non indica solo il numero dell’edizione ma si riferisce soprattutto alla manifattura digitale, considerata la quarta rivoluzione industriale in termini di impatto su economia e lavoro. “E’ molto importante che l’Italia abbia un piano per l’industria 4.0, ma devo dire che per fortuna noi eravamo partiti già tempo fa. Mentre i politici erano ancora lontani da questo tema, dal basso il movimento maker lo stava già facendo” ha commentato Massimo Banzi, co–fondatore Arduino e curatore Maker Faire Rome aprendo la giornata.
Far suonare la caffettiera
Alcuni speaker invitati a “raccontare” il futuro delle cose lo hanno fatto proprio vedere. Per esempio, Simona Maschi del Copenhagen Institute of Interaction Design ha mostrato alcuni dei progetti a cui lavora il CIID: un oggetto che raccoglie la luce del sole e te la restituisce di sera, un mappamondo che permette di incrociare le notizie in tempo reale semplicemente inserendo dei jack nel paese di interesse, e poi un progetto che permette ai disabili che possono muovere solo il volto di fare musica con le espressioni facciali. A proposito di musica, Bruno Zamborlin ha portato sul palco Mogees, un dispositivo che fa suonare qualsiasi cosa, dalle cassette di frutta alla caffettiera. Mogees è un bottone che si attacca alle cose e le trasforma in uno strumento musicale con una app. Lo stesso Bruno ha fatto “suonare” davanti al pubblico una cassetta per gli attrezzi.
Il mantello di Harry
Luigi La Spada, infine, ha presentato sul palco il suo studio su un dispositivo che rende gli oggetti rivestiti da un meta-materiale invisibili all’onda magnetica. Si parla di meta-materiali da sempre, un po’ a cavallo tra leggenda e letteratura. “Dopo 20 anni di ricerca sono una realtà scientifica e ingegneristica – ha detto La Spada – il concetto dietro ai meta-materiali è molto semplice: la materia è composta da atomi e a seconda della loro disposizione abbiamo delle proprietà fisiche. Nel meta materiale vengono utilizzati degli “atomi artificiali” o nanoparticelle che vengono inserite dentro un materiale ospitante e che creano una o più proprietà elettromagnetiche che vanno al di là delle classiche proprietà fisiche”. In futuro potremo creare il mantello dell’invisibilità di Harry Potter? “Ancora non ce l’abbiamo, ma da qui a qualche anno saremo in grado di crearlo”.