Un corso di programmazione della durata di 4 anni, che permette ai ragazzi che la frequentano di trovare lavoro senza dover lasciare il loro paese (e di percepire un salario durante il corso)
Creare una nuova classe di programmatori, tutti africani. È questo l’obiettivo di Andela, una scuola di coding che ha sede in Kenia e Nigeria e che promette ai suoi studenti di trovar loro un lavoro nelle grandi company digitali: Microsoft, Google e Ibm. E c’è da fidarsi, visto che i ragazzi vengono pagati già durante il corso e che tra i finanziatori del progetto ci sono queste stesse società, compresa Facebook che con la sua Chan Zuckerberg Initiative ci ha messo 24 milioni di dollari, soldi che serviranno probabilmente ad aprire una terza sede della scuola entro l’anno (per ora la scuola è aperta a Nairobi e Lagos).
Alla ricerca di sviluppatori
Il concetto da cui parte Andela è piuttosto semplice. Come ha spiegato il Ceo della società, Jeremy Johnson, negli Stati Uniti mancano gli sviluppatori e questo ha portato al fiorire di diversi “bootcamp” che per pochi mesi di lezione chiedono migliaia di euro agli aspiranti programmatori. La domanda di coder è aumentata a dismisura e se ne cercano sempre di più anche in Asia ed Europa. Dall’altra parte, in Africa, ci sono tantissimi ragazzi che non hanno un lavoro e nemmeno alcuna possibilità di diventare programmatori. Proprio su questo, entra in gioco Andela, la società non profit ha infatti creato un programma formativo di 4 anni che ha l’obiettivo di costruire una classe di sviluppatori africani.
Chi studia, viene retribuito
Durante i primi sei mesi, gli studenti seguono un corso accelerato sulle competenze di programmazione, mentre nei restanti tre anni e mezzo sono impegnati in un tirocinio a distanza e a tempo pieno con le aziende tecnologiche americane. Si tratta delle stesse società che finanziano Andela, che a sua volta paga i suoi studenti con un vero e proprio salario, superiore alla media locale (per uno sviluppatore) per tutta la durata del programma.
Il contatto con i team americani
Un altro effetto positivo dell’iniziativa è quello di permettere a questi ragazzi di trovare un lavoro senza doversi spostare dal loro paese (non è una novità che gli sviluppatori lavorino da casa, il 41% di quelli americani lo fa già tranquillamente). Anche se fra le prime difficoltà c’è proprio quella di entrare in comunicazione con i team americani che sono negli States, gli studenti hanno ammesso che basta entrare nel flusso e il problema dopo poco è risolto. Grazie a questo sistema , “le aziende hanno la possibilità di entrare in contatto con ottimi sviluppatori, mentre ai ragazzi africani viene offerta l’opportunità di utilizzare le proprie competenze e sostenere le loro comunità”, ha detto Zuckerberg in una nota.