Nata da un progetto parallelo, MailChimp oggi è un’azienda che macina clienti e fatturati milionari. Ma la loro storia è un modello assolutamente diverso. Niente mercenari, niente stock option.
Quella di MailChimp è la storia di come una startup possa crescere fuori dai radar e lontano dai cliché e arrivare, lungo una strada tutta sua, a 400 milioni di dollari di revenue (previsione per il 2016) e a quasi 700 dipendenti. Il New York Times, che ne ha raccontato la vicenda, l’ha definita «Un-Silicon Valley Way».
Indizi: non hanno raccolto (o chiesto) un dollaro di venture capital e non hanno sede a San Francisco ma in un vecchio ex grande magazzino di Atlanta, in Georgia, la città conservatrice della vecchia economia e della Coca-Cola. MailChimp, che offre servizi di marketing via email, ha fatto tutto al contrario di come viene fatto di solito, nella sostanza, nella geografia e nel linguaggio, ma l’ha fatto bene. E quando il Ceo, Ben Chestnut, deve rispondere (come in questa divertente intervista che risale al 2012), alla domanda su quale sia il principale vantaggio competitivo di MailChimp, risponde: «La nostra stranezza».
Tutto il senso di MailChimp è provare alle piccole aziende che possono farcela, perché noi ce l’abbiamo fatta
Innanzitutto, startup: parliamone. Chestnut è il primo a contestare la definizione, come fa su questo magazine per venture capitalist di Atlanta. Il New York Times la conserva, ma solo per poter tenere un punto sulle differenze rispetto a come funzionano le startup di solito (venture capital, incubatori, molti finanziamenti e pochi profitti).
Una startup strana, ma non troppo. Niente venture, niente acceleratori
MailChimp ha 16 anni, è nata nel 2000, quando la prima bolla delle dotcom era scoppiata, esplosione che è stata anche il motivo per cui i due fondatori, Ben Chestnut e Dan Kurzius avevano perso i loro precedenti lavori da web designer. Chestnut e Kurzius sono figli di piccolissimi imprenditori, la mamma di Ben faceva la parrucchiera praticamente in casa, il papà di Dan aveva una panetteria. Così hanno deciso di imitarli e mettersi in proprio.
I primi passi: design per le aziende, che però vogliono le email
La prima creatura di Ben e Dan era Rocket Science Group, una società che faceva consulenze di web design per aziende. Molte di queste aziende però volevano da Rocket Science Group anche un aiuto per raggiungere via email i propri clienti. Chestnut e Kurzius avevano «del codice avanzato da un’idea di business che era fallita e che era basata su biglietti d’auguri digitali».
Nasce MailChimp, come progetto parallelo
Lo riscrissero e fecero partire MailChimp come progetto parallelo, almeno fino al 2006, quando si sono resi conto che il business delle email sarebbe stato più redditizio e che aveva più potenziale di crescita: l’email costava poco e già sembrava destinata a sopravvivere a tutte le profezie di declino che già allora la colpivano e poi si rivelavano inesatte. Così, nel 2007 lo scimpanzé ha preso il sopravvento e MailChimp divenne l’unica attività dei due co-fondatori.
Chi è lo scimpanzé del logo
Intermezzo: lo scimpanzé in questione si chiama Frederick von Chimpenheimer IV (aka Freddie) ed è diventato molto famoso negli Stati Uniti grazie alla pubblicità dentro Serial, un podcast di true crime di enorme successo negli Stati Uniti. The Atlantic lo racconta e vi fa ascoltare la sua voce.
Ma lo scimpanzé è importante anche perché riflette la filosofia aziendale di MailChimp. I loro prodotti devono essere così facili da usare che anche uno scimpanzé ci riuscirebbe. Il successo MailChimp se lo è costruito con le piccole imprese, nelle quali il tempo è razionato e nessuno può mettersi a imparare un software di marketing troppo complesso.
Uno strumento così facile che anche una scimmia può usare
«Le app devono essere self service. La nostra impostazione è che non dobbiamo parlare con i nostri clienti, loro non dovrebbero perdere il loro tempo a parlare con noi, dovrebbero trascorrerlo piuttosto annusando fiori o abbracciando le loro madri». Le grandi corporation sono arrivate dopo, quando hanno visto che gli strumenti di MailChimp funzionavano bene, erano facili ed economici.
Assumiamo chi ama il proprio lavoro
Non cercatori di stock option
Quando nelle interviste parla dell’odore dei fiori o di abbracciare madri, Chestnut usa un linguaggio che riflette il suo modo di fare, insieme concreto ed eccentrico. Non ama l’«aura delle startup», e questo gli è chiaro al momento di selezionare il personale: «Ci serve gente abile, esperta, che ami il proprio lavoro. Programmatori che sappiano programmare, designer che sappiano fare design, e che abbiano voglia di tornare a casa col cervello stanco. Ma li paghiamo, e li paghiamo davvero, non assumiamo cercatori di stock option.
Il fastidio verso l’aura delle startup
L’aura delle startup attira talenti ma anche mercenari che ucciderebbero per delle stock option. Gente che teniamo alla larga». Il lato naif arriva quando Chestnut racconta la tradizione di MailChimp di mandare regalini fisici ai clienti: «Non riescono a crederci quando arrivano, perché pensano che nessuno faccia più questa roba qui. Ma a noi piace l’ironia di essere un’azienda online-only e di mandare biglietti scritti a mano, tangibili».
MailChimp, come detto, ha la sua sede nel Ponce City Market, ad Atlanta, dove una volta c’erano i magazzini di Sears: «La gente pensa che l’abbiamo scelta perché è fico e vintage, ma a noi serve soprattutto a ricordarci cosa significa disruption. Sears era la cosa più grande che ci fosse, poi ha smesso di esserlo». Sul futuro (a parte essere convinto che tra dieci anni arriveremo tutti al lavoro in jetpack), Chestnut non ha convinzioni. Ma ne ha una, molto interessante, sul presente «Tutto il senso di MailChimp è provare alle piccole aziende che possono farcela, perché noi ce l’abbiamo fatta». Altro che aura delle startup.