La strategia elettorale di Donald Trump spiegata come se fosse una startup. Dall’impossibile al successo elettorale, spiegato in un gioco di comunicazione e tentativi.
Donald Trump sarà il presidente degli Stati Uniti. E quello che è certo è che ha aumentato giorno dopo giorno il consenso intorno a sé perché usa sapientemente i metodi per la costruzione di una startup. Quando The Week nell’articolo “Perché Donald Trump è l’equivalente politico di una startup in Silicon Valley” aveva proposto questa tesi alcuni storsero il naso. Ma col senno di poi è un ragionamento che fila. E molto. Rivediamolo.
L’A/B Test e la prova all’incoerenza
Il primo banco di prova è il test A/B. Due versioni di un elemento (il titolo o la descrizione di un prodotto, il layout o lo stile del sito web, il prezzo…) che vengono sottoposti ai primi utenti per ricevere feedback e capire quale adottare, avevamo scritto qui.
Ragionando sull’incoerenza del messaggio politico di Trump, quello che ha spopolato durante questa campagna, emerge che a differenza degli altri che hanno corso per la presidenza, il magnate è sembrato mancare di una precisa strategia di comunicazione: «La sua incoerenza nell’offrire un messaggio e l’altro è in realtà frutto di un test A/B. Dal suo profilo Twitter e nelle sue interviste segue linee diverse per capire quale funziona. Come nel caso dei soprannomi per umiliare i suoi avversari. Ne prova in genere due finché uno ha successo» spiega Gobry, autore dell’articolo di The Week.
Tant’è che alla fine non è emerso nemmeno troppo chiaramente la sua visione politica. Difficile dargli dell’estremista di destra, qualcuno lo ha accusato di avere idee socialisticheggianti, un po’ da liberal newyorkese. In fondo è Trump. E ha funzionato così.
Tentare messaggi diversi, anche in opposizione tra loro
Memento. L’approccio lean startup, la metodologia per lanciare idee innovative teorizzata da Eric Ries, con “iteration” si intendono i «vari tentativi per trovare il mercato adatto e migliorare il prodotto, prima di fare investimenti su marketing e produzione». E una volta che trovi una cosa che funziona, devi rafforzare i tuoi sforzi in quella direzione.
E’ a ben vedere la strategia di Trump: «È quello che ha fatto Trump sull’idea di vietare l’ingresso in America ai musulmani. L’ha lanciata per sondare il terreno. Poi quando ha capito che c’era un seguito, l’ha rilanciata e usata stabilmente come strategia per conquistare consenso» spiega.
Spende meno soldi e cerca nuovi modi per colpire il mercato
Ancora un’altra caratteristica che stando all’autore dell’articolo assimila Trump alla Silicon Valley. «La sua campagna ha speso meno soldi delle altre, cercando come fa una startup nuove strade per fare il massimo con il minimo delle risorse» scrive.
Tra le sue strategie di maggior successo, l’uso dei social e delle provocazioni per ottenere sempre le prime pagine dei giornali. Far parlare di sé, in ogni modo possibile, ha scandito il ritmo della campagna elettorale. Un bell’articolo dell’Espresso sintetizza tutto quello che ha detto in 100 frasi. 100 frasi, 100 titoli di giornale. 100 bufere. 100 volte messaggi che sono arrivati a milioni di persone.
La mancanza di focus non è stata una debolezza
Sì dice che le startup “disruptive” siano quelle che di solito fanno meglio di quanto che gli analisti si aspettano. Come Facebook che al debutto faceva sorridere ed oggi è un business da profitti multi miliardari. «La strategia di Trump è perfetta per l’era in cui viviamo. Hilary Clinton ha un messaggio e lo segue. Trump ha detto tutto ciò che può portarlo sulla stampa. La sua mancanza di focus non è una debolezza, ma è parte di una strategia “spietata”». Questo è quello che è stato. Trump ha vinto. Contro tutte le previsioni, i sondaggi. Ha conquistato il suo elettorato dai primi matti «early adopters» fino alla maggioranza della popolazione americana.
Generalmente le startup «disruptive» (e Trump un po’ disruptive si è dimostrato) fanno molto meglio di quello che tutti si aspettano, o si sono aspettati da loro per anni. E’ un po’ un mantra. Pensate a Facebook nei racconti di Zuckerberg. All’inizio veniva quasi ridicolizzata, ora è quello che sappiamo. Lo stesso per Snapchat, ma gli esempi potrebbero davvero essere centinaia. E non solo nel mondo delle startup. Trump si è mosso un po’ alla stessa maniera. Titolo di giornale dopo titolo di giornale. Ha raggiunto un vasto pubblico e il suo messaggio ha colpito il cuore più nascosto dell’elettorato. Una strategia strana, inusuale, rude, ma una strategia. Vincente.