Apple aprirà un centro di sviluppo per app iOS in un istituto di formazione a Napoli. Nei prossimi giorni il team della Mela esplorerà le candidature arrivate. E in testa c’è il quartiere di Bagnoli
Apple ha annunciato che il primo Centro di Sviluppo App iOS d’Europa verrà aperto in Italia, a Napoli, con l’intento di aiutare studenti e insegnanti a inventare le applicazioni di domani. L’annuncio è un altro tassello del quadro “italiano” che l’amministratore delegato Tim Cook sta componendo. Lo scorso novembre, nel suo discorso all’Università Bocconi di Milano, Cook aveva parlato davanti a una platea di studenti, gli stessi che prossimamente potranno formarsi nel nuovo centro di sviluppo a Napoli. L’intento è chiaro: puntare sulle nuove leve, sugli startupper in erba, sulle menti da intercettare già dai banchi di scuola e da far crescere. L’intento è aprire un centro di formazione che accoglierà 600 studenti a Napoli, e che distribuirà programmi per sviluppatori in altre zone del Paese, fino a raggiungere altre 1000 persone. Apple ha annunciato che oltre a sostenere gli studenti offrirà supporto anche agli insegnanti, e che organizzerà un corso di formazione specialistico: in altre parole stilerà un programma specifico per preparare i giovani sviluppatori a diventare futuri sviluppatori Apple. Ma dove si farà questo nuovo centro? Apple ancora non ha deciso, ma sta raccogliendo le candidature di moltissimi istituti di formazione napoletani. Tim Cook, che oggi ha incontrato Matteo Renzi a Palazzo Chigi, sarà nei prossimi giorni a Napoli proprio per valutare tutte le alternative.
Da Bagnoli a San Giovanni, le sedi probabili
Il primo luogo di cui si parla è Bagnoli, quartiere dei Campi Flegrei che si cerca di riqualificare da decenni. Bagnoli, quartiere delle acciaierie Ilva chiuse negli anni ’90, delle Terme di Agnano e di Edoardo Bennato. Qui nel 1996 è stata aperta la Città della Scienza, museo scientifico interattivo e centro di formazione improntato sull’innovazione e la tecnologia. Fino al 2012 a Bagnoli c’è stata anche una delle più grandi basi NATO d’Italia, che era collocata in un collegio, ora non più utilizzato. D’altra parte il professor Giorgio Ventre, direttore del Dipartimento di Ingegneria elettrica e delle Tecnologie dell’informazione dell’Università Federico II di Napoli, annuncia che il suo ateneo potrebbe mettere a disposizione di Apple il complesso di San Giovanni a Teduccio, aperto ad aprile 2015 nel luogo dell’ex stabilimento della Cirio, che ospita, tra gli altri, anche il laboratorio del nuovo polo materiali del CNR. Il campus di San Giovanni a Teduccio si estende su un’area di 200 mila metri quadrati, con laboratori leggeri e pesanti, e un parco pubblico; si sta dotando, inoltre, di un centro congressi con tecnologia 3D, e di un Auditorium sempre con visibilità 3D con 439 posti e due sale per gli eventi. Ogni anno dalla facoltà di Ingegneria Informatica e di Informatica della Federico II escono circa 620 ragazzi: profili perfetti per candidarsi come futuri sviluppatori Apple. A Napoli è presente anche la sede dell’Istituto Italiano di Tecnologia dedicata ai biomateriali e alla ricerca sulla salute, il Center for Advanced Biomaterials for Healthcare, che si occupa di studiare e sviluppare applicazioni per il settore biomedico: proprio una delle frontiere che le app stanno esplorando maggiormente e su cui Apple potrebbe voler puntare. Da non sottovalutare anche la probabile riutilizzazione dell’ex centro Olivetti a Pozzuoli, oppure, nella stessa zona, la sede del Centro Nazionale di Ricerche. Insomma, i luoghi di formazione in ambito scientifico-tecnologico a Napoli e dintorni, non mancano. Vedremo dove cadrà la scelta di Apple.
Che cosa significa avere Apple a Napoli
Secondo la Mela il modello dell’App Store in Italia sta dando lavoro a 75 mila persone, ma la comunità di sviluppatori “è vivace”, dicono da Apple, e potrebbe crescere. Anche per questo l’azienda sta puntando sull’Italia e sta investendo nell’ecosistema locale di un paese col quale, finora, aveva avuto rapporti solo per l’evasione fiscale contestata gli dall’Agenzia delle Entrate (con cui a fine 2015 si è raggiunto un accordo). In tutta Europa, la comunità di creatori di app Apple arriva a 1,2 milioni, tra cui ci sono «alcuni degli sviluppatori più creativi al mondo» ha detto Tim Cook, sottolineando il suo entusiasmo «nell’aiutare la prossima generazione di imprenditori in Italia ad acquisire le competenze necessarie per avere successo». Avere un centro di sviluppo Apple a Napoli significa questo: l’opportunità di un luogo dove far crescere le idee a portata soprattutto degli studenti. «Con Apple a Napoli abbiamo una grande opportunità: essere pionieri della nuova Silicon Valley in Europa. Ci fa piacere che si stia investendo nel nostro capitale più importante, il capitale umano» ha detto Alessandra Clemente, assessore all’Innovazione del Comune di Napoli.
Un ecosistema fatto di giovani e startup
Ma perché proprio Napoli? «Napoli, tra le metropoli italiane, è la più giovane. – continua Clemente – Sembrerà scontato ma i rinascimenti partono da questa parte di società.
I giovani sono la forza propulsiva che fa saltare schemi consolidati e fanno “ripartire” società sopite, ferme, statiche
L’altra faccia di Napoli, quella lontana da Gomorra e dall’immondizia, è la faccia dell’innovazione. «Nonostante i mille ritardi di cui questo territorio soffre, Napoli rimane il capoluogo della sesta regione italiana per startup». Infatti le realtà produttive a Napoli non mancano, dalla K4A che da Ponticelli vende elicotteri in tutto il mondo ad aziende come Ciaopeople, il gruppo editoriale di Fanpage e di The Jackal.
Il tesoro dell’Italia sono i cervelli
Paolo Barberis, Consigliere per l’Innovazione del Presidente del Consiglio, ha sottolineato che la scelta di Apple, insieme agli investimenti annunciati da Cisco in Italia mostrano come «il digitale sia una parte centrale e imprescindibile dello sviluppo economico, sociale e culturale del nostro Paese» e di come rappresenti un “tesoretto” per gli investitori stranieri: «Un tesoretto fatto da quelle menti che spesso sono state costrette a emigrare e a cui noi vogliamo essere in grado di fornire anche alternative italiane».