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A Domodossola Elisa Oar utilizza tutti i mezzi possibili, da Facebook a Google Meet per poter star vicino ai suoi bambini delle elementari e aiutarli a superare questo periodo complicato. Ha creato un progetto che si chiama Rapsodia Scholè
“Sono una maestra di classe prima che vive a Domodossola, agli inizi di marzo ho pensato che era importante attivarsi subito e da lì il mio incedere lento e in ricerca è stato costante. La priorità è stata data all’incontro, alla relazione, per questo insieme a un gruppo di amici e professionisti abbiamo dato vita a “Rapsodia scholè”, un’iniziativa che si trova su Facebook e consiste in dirette giornaliere con appuntamenti differenti”.
L’idea è di Elisa Oar insegnante in classe prima della scuola primaria “Casetti Montecrestese”. La maestra Elisa si occupa di bambini e bambine piccoli: “Immagino – spiega la docente – di avere davanti proprio i miei alunni (che mi seguono ora tutti, finalmente). Dopo le prime puntate in cui leggevo albi o raccontavo storie andando un po’ a tentoni, ho iniziato a ricevere la documentazione di ciò che producevano a casa seguendo i miei spunti; finalmente l’inizio di un dialogo! In differita certo, ma pur sempre un dialogo dove finalmente non ero più sola a parlare, potevo dare valore attraverso lo schermo a ciò che i bambini portavano e nutrire così questo scambio diventato vivo”.
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Parallelamente, dopo qualche settimana, la maestra Elisa è riuscita a trovare una quadra mediando sia con la collega (spaventata dalla tecnologia) che con le famiglie (preparando un moodle in cui chiedere di indicare fasce d’orario, strumento etc) per iniziare a incontrare settimanalmente gli alunni della classe suddivisi in due gruppi attraverso la piattaforma d’istituto Google Meet: “E’ uno spazio e un tempo per guardarsi, salutarsi e raccontarsi. In questi giorni ci sarà il secondo incontro, proporremo un diario in cui scrivere quello che si desidera per poi leggerne un pensiero libero la volta successiva ai compagni”.
La maestra Elisa sta lavorando per aggiungere un altro tassello: predisporre Google Classroom di modo che il passaggio dei materiali non pesi più sul Whatsapp della rappresentante. “Dopo l’incontro con i bambini – continua la docente – ho invitato i genitori a mettersi davanti allo schermo, col pretesto di spiegare loro come funziona la Classroom, con l’intento di mettermi in ascolto, per capire se sta andando tutto bene oppure no. Onestamente non lo so cosa farò da qui a un mese, so che questa situazione è una ricerca in cui con modalità inedite (e a mio avviso, diciamolo, surrogato) si sperimenta, si naviga a vista, soggetti ad aggiustamenti continui, dichiarandolo senza vergognarsene, cercando di mantenere la relazione al centro, facendo sentire ai bambini che sono pensati e che il nostro dialogo, senza corpi e senza sguardi, può trovare altre possibilità, nell’attesa di ritrovarci, insieme, nel bosco dietro scuola”.