Il Ministro dell’Istruzione francese inizia la sua crociata contro l’applicazione americana. Ma realizzare il suo piano sarà difficile
Pokémon Go fuori dalle scuole francesi. Questa la decisione di Najat Vallaud-Belkacem, il ministro dell’Educazione che qualche giorno fa durante la conferenza stampa di inizio anno ha dettato la sua linea contro l’app di Niantic che ha fatto milioni di proseliti in tutto il mondo. Ci riuscirà? Scettici alcuni organi di stampa francesi, ma la questione è delicata perché tocca dei nervi scoperti oggi della nazione: terrorismo e sicurezza.
Le scuole come pokéstop
Per chi non è pratico, i pokéstop sono dei luoghi (monumenti, edifici, installazioni artistiche) dove i giocatori dell’app possono reperire oggetti indispensabili per catturare pokémon e proseguire nel gioco. Diversi licei francesi sono diventati, loro malgrado, pokéstop tanto che su Twitter gli studenti hanno ironizzato sulla questione: «Non vedo l’ora di vedere la faccia del preside quando saprà che il suo liceo è un pokéstop» scrive un utente. Anche per evitare ironie di questo tipo che il ministro dell’Educazione ha detto “no” e il 29 agosto ha svelato di avere contattato la Niantic per evitare che i Pokémon appaiano nei pressi degli istituti scolastici francesi. La richiesta risponde a due principali esigenze. La prima come si può immaginare è legata a motivi didattici: un ferreo codice scolastico, L 511-5, precisa che nelle scuole materne, elementari e collegi, è proibito l’utilizzo di cellulari durante le attività scolastiche e nei luoghi previsti dal regolamento. E poi c’è un’altra questione, molto più delicata, quella legata ai rischi del terrorismo.
Sicurezza e antiterrorismo
Dopo i recenti attentati che hanno colpito Parigi e Nizza, in Francia vige un regime di vigilanza antiterroristica con il livello massimo di allerta nella Île- de-France e le Alpi Marittime, con svariate attività di vigilanza sul resto del territorio e programmi di esercitazioni in tutte le classi che vedranno impegnati alunni e insegnanti. Si capisce come in un quadro del genere la presenza di Pokémon e delle conseguenze che possono nascere, come assembramenti, o strani movimenti, possono rappresentare un serio pericolo alla sicurezza degli studenti. Almeno questo è il parere del ministro francese che è inflessibile su questo punto. Meno chiaro è come pensa di far applicare la misura.
Per Niantic sarebbe un precedente
Gli scetticismi sulla questione derivano non tanto dal fine per cui è stata presa la decisione, ma il modo in cui si pensa di realizzarla. Nella conferenza stampa il ministro ha invitato i presidi delle scuole a riempire il modulo per chiedere all’azienda di ritenere “inappropriati” i loro istituti. Un lavoro dal basso che sembra laborioso, come d’altronde sarebbe un lavoraccio per Niantic reperire da sola i circa settemila istituti scolastici francesi e escluderli dalle zone di apparizione dei Pokémon. Un compito fastidioso che non darebbe molti vantaggi alla società californiana. D’altronde, già in altri episodi le multinazionali americane hanno dimostrato poca disponibilità a collaborare con governi o agenzie per questioni di “sicurezza”. Come è noto Apple ha rifiutato di accogliere le richieste dell’FBI per svelare dati sugli iPhone di suoi clienti implicati in affari di droga. In verità, Niantic ha già dimostrato di essere collaborativa, come quando ha accolto le richieste di alcuni musei e luoghi di memoria (come Auschwitz e l’ossario di Douaumont). Ma si tratta di episodi isolati. Per Niantic accogliere le richieste del ministro potrebbe rappresentare un pericoloso precedente, in una situazione in cui già diverse associazioni e ministeri (anche quello della Difesa in Francia si sta muovendo nella stessa direzione per gli edifici militari) stanno pensando di intentare azioni legali contro l’applicazione. Anche in Italia.
In Italia niente divieti (per ora)
Si può immaginare che l’iniziativa del ministro francese farà parlare anche nel nostro Paese. Per ora Stefania Giannini, il Ministro dell’Istruzione, pare non abbia un particolare odio contro l’applicazione. Ma la situazione potrebbe cambiare nelle prossime settimane, proprio in virtù dell’esempio francese. Per ora più attivo è il Codacons che nel luglio di quest’anno ha dichiarato all’Ansa di aver presentato un esposto alla Procura di Roma “affinché apra una indagine per attentato alla sicurezza dei trasporti e verifichi se l’applicazione in questione possa rappresentare un pericolo ai sensi del Codice della Strada”, come ha spiegato il presidente Carlo Rienzi che prosegue, “al tempo stesso ci rivolgiamo al ministero dei trasporti perché adotti le misure del caso a tutela degli utenti della strada, compreso – qualora necessario – il divieto totale di diffusione dell’app Pokemon Go sul territorio italiano”.