Al Parco dell’Appia Antica la palestra di programmazione spegne la prima candelina: 45 ragazzi, tanta allegria, Scratch. Ed è anche tempo di bilanci
«La prossima sfida, ragazzi, è fare click sulla cinciallegra e fare in modo che emetta dei suoni appena compare sullo schermo. Come si fa? Scegliete i suoni che trovate nella libreria e associateli allo sprite» fa Marco Giordano, 48 anni, ingegnere elettronico, insegna a L’Aquila musica elettronica e ha fondato il Nume (nuova musica per l’educazione), con cui porta la didattica della cultura digitale e della composizione nelle scuole. Per Luca, Annalisa, Antonella, Andrea è un gioco da ragazzi: neanche il tempo che Marco finisca di parlare che la stanzone dell’ex cartiera Latina nel parco dell’Appia Antica si riempie di suoni di uccelli (e non) da far invidia alla foresta pluviale. E in molti sperimentano anche con nitriti. Succede a Coderdojo Roma, la palestra di coding per bambini. Una domenica speciale però: Coderdojo Roma compie un anno. Al comple dojo (così è stato ribatezzato) hanno partecipato 45 bambini, che hanno festeggiato insieme ai mentor spegnendo ognuno la candelina sul muffin, all’ora della merenda. Un anno? Per i mentor (tutti volontari) è tempo di bilanci.
Luca ha appena deciso che la sua cinciallegra lancerà raggi laser dagli occhi, il suo compagno di banco ha scelto invece di far ruotare vorticosamente tutti gli animali della Terra: mandrie di bufali comprese (c’è pure un fagocero), un altro ancora punta sui calci di rigore, ma è in pausa di riflessione creativa. A CoderDojo Roma i veri protagonisti sono i bambini. Disciplinati, divertiti, creativi, con i pantaloncini corti colorati e le scarpe da ginnastica, con i leggins e le scarpe basse, hanno spento la candelina del primo compleanno di Coderdojo sul loro muffin, urlando: Scretch.
Tra i protagonisti della giornata Anna Masera, capo ufficio stampa di Montecitorio, al Coderdojo insieme a sua nipote. E anche Antonietta, 10 anni, la prima iscritta al Coderdojo Roma, non ne ha perso uno. E’ andata anche a Dublino per presentare un’idea per i coolest project ed è in prima linea per diventare una junior mentor.
«Quelli che sono già venuti altre volte – dice uno dei mentor – tirano fuori delle vere sorprese. Oggi siamo nel parco e il tema è il verso degli animali. Dovere del programmatore di videogiochi è andare oltre – fa ad un ragazzo – altrimenti facciamo tutti la stessa cosa. Qui non si dice mai “ho finito”. Se hai voglia di mettere i raggi laser alla cinciallegra sei liberissimo».
TEMPO DI BILANCI Coderdojo è un’iniziativa nata in Irlanda nel 2011. Ha avuto un seguito anche in Gran Bretagna e in altre parti del mondo, al punto che è stato messo giù un protocollo, un metodo insomma. In Italia sono stati organizzati appuntamenti a Milano, Bologna e il 22 giugno 2013 a Roma, a Luiss Enlabs. «Ora siamo a 30 realtà locali in tutta Italia da Nord a Sud – spiega proprio Marco Giordano – si tratta di dojo che si trovano in grandi e piccoli centri». E ce n’è uno anche a Sigillo, in provincia di Perugia, di cui la maestra Caterina Moscetti è orgogliosa fondatrice.
«Coderdojo ha funzionato perché ci si è resi conto che è un modo diverso di vivere le tecnologie: pieno di significato, dove i bambini sono protagonisti attivi». Insomma per Marco Giordano «i ragazzi capiscono che il computer è una scatola vuota, che deve essere riempita». Questo permette anche «di mantenere un livello di attenzione molto alto durante tutto il dojo».
La sfida, l’errore, la scoperta «copiando quello che fanno altri», ma anche la gratuità delle sessioni, sono i caratteri peculiari di Coderdojo. «E’ un’esperienza open in tutti i sensi: sia per la fruibilità dei contenuti, sia per l’accesso alle sessioni».
I NUMERI Solo a Roma ci sono 50 i mentor che hanno dato la loro disponibilità per il Coderdojo. «Siamo uno dei più popolosi d’Italia». Mediamente le città più grandi ne hanno circa 20. «Abbiamo raccolto i dati dalla metà dei coderdojo italiani. In circa 200 sessioni da febbraio 2013 «abbiamo coinvolto circa 4 mila bambini. Un bel risultato».
SCRATCH I ragazzi si sono confrontati con «Scratch, uno strumento di didattica della programmazione realizzato al Mit, molto versatile. Attraverso oggetti con una consistenza grafica i ragazzi apprendono le istruzioni di base della programmazione». Per Giordano «imparare a programmare un computer» non è solo comunicare con una macchina, ma «anche una formidabile palestra di logica. C’è connessione con altri domini della conoscenza e dell’educazione come quello logico matematico e linguistico». I ragazzi rispondono con entusiasmo. «Quando gli vengono forniti strumenti semplici e iniziali per accostarsi al mondo della programmazione, i giovani allievi hanno subito voglia di rilanciare, ampliando le loro possibilità e inventando qualcosa di nuovo». E mantengono un’attenzione costante «quando hanno come obiettivo una realizzazione che ha a che fare con la loro inventiva». Dal canto loro, i mentor «sono dei facilitatori» che spronano gli studenti a imparare, esplorare. E sbagliare.