Slack ha chiuso un round di investimento da 200 milioni e adesso ha una valutazione più che miliardaria. I segreti del suo successo secondo Van Heummen (Fileboard)
Da quando Slack – la app per la comunicazione tra team molto usata dalle aziende – è diventata una delle startup a crescita più rapida di sempre (qui un grafico del sito Business Insider che rende bene l’idea) sono in tanti a volerne capire il segreto. Chi l’ha trovato nel design, chi in un mix di design, prodotto, tempistica e squadra, chi (ovvero il fondatore di Slack Steward Butterfield) nell’attenzione ai feedback dei clienti e in una scrupolosa analisi dei numeri e dei trend.
Satya van Heummen, autore su Medium ed esperto di startup (lavora per Fileboard e si occupa di trovare gli elementi giusti per portare le startup al successo) che usa Slack da un anno, l’ha trovato nella psicologia. Questo, secondo lui, è «il vero motivo per cui Slack è una società da un miliardo di dollari». Ultimo dei fatti è il round da 200 milioni chiuso la scorsa settimana, che ha fatto schizzare la valutazione dell’azienda a 3,8 miliardi.
Il segreto di Slack è aver scoperto come rendersi necessario
Van Heummen ha raccontato la sua tesi in un post su Medium. La prima intuizione, spiega, è arrivata quando un collega si chiedeva come fare per aggiungere un commento ad un commento – e non all’intera conversazione. Non era possibile. Slack funziona per lunghe e potenzialmente interminabili conversazioni. Non si può isolare solo il commento che interessa. Bisogna leggere tutto per non perdere le informazioni. «Allora ho capito», scrive Satya van Heummen: il segreto di Slack è quello di sapersi rendere necessario.
Da una parte c’è l’aspetto quotidiano: se Slack è il mezzo con cui tutti comunicano in azienda allora sarà fondamentale seguirlo. Con due conseguenze: chi non legge Slack è fuori dai giochi perché, scrive van Heummen, non è solo escluso dalle conversazioni, ma da tutte le dinamiche di azienda, con effetti sulla sua posizione e sulle ambizioni future. L’altra conseguenza è che «si inizia a sentire una “pressione sociale” per seguire Slack e postare su Slack 24 ore su 24».
Per questo van Heummen sostiene che Slack sia «addictive», crei dipendenza. E crei, anche, una buona dose di stress inconscio che ne fa di uno strumento molto simile alle email, a Facebook e Whatsapp. Giorno dopo giorno, insomma, Slack diventa lo strumento imprescindibile per le comunicazioni aziendali. «Ed è a quel punto che scopri di dover pagare».
Slack crea dipendenza. E a un certo punto scopri che devi pagare
Il servizio base di Slack tiene in memoria fino a 10000 messaggi. Passato questo limite non è più possibile vedere i messaggi precedenti. Il che significa che se non si è seguita la conversazione per intero sarà impossibile recuperare le informazioni. Van Heummen fa l’esempio di un’azienda composta da 100 persone: se tutti inviano 100 messagi al giorno il limite di 10000 si raggiunge in pochissimo tempo. E allora sarà necessario pagare. «Brillante ma malefico», è il suo commento.
Nessun competitor – per esempio Skype o Hipchat – ha questo modello di business. Mancano tutti di quegli elementi che creano la dipendenza – la pressione sociale, la necessità di controllare le conversazioni, il bisogno di essere parte della squadra. È lo stesso motivo per cui Twitter è in difficoltà e Facebook è una società miliardaria: «se non metti “Mi piace” di continuo ai post dei tuoi amici, che amico sei?», chiede van Heummen.
Avrete successo solo se le persone si sentono emotivamente legate a causa della pressione sociale
E qui si torna ai segreti del successo di Slack. Il design è fondamentale, il team anche, come la tempistica e la praticità. Ma ciò che fa la differenza, appunto, è la psicologia. A chi fa startup e si chiede come creare un’azienda che replichi un successo tanto clamoroso van Heummen risponde: «Avrete successo solo se le persone si sentono emotivamente legate a causa della pressione sociale. E questa pressione fa in modo che le persone investano pesantemente nel vostro prodotto. Questo è il vero motivo per cui piattaforme come Slack, Facebook, Snapchat sono delle billion dollar companies».