Non ci sono solo i cambiamenti climatici. L’altra emergenza mondiale è figlia della cultura usa-e-getta che avvelena il pianeta e uccide la fauna. Mai così palpabile anche in Italia ora che i fiumi sono in secca
È come se un camion scaricasse, ogni minuto, una montagna di plastica in acqua.
Sono 9 milioni le tonnellate di rifiuti che inquinano ogni anno oceani, mari e fiumi di tutto il mondo. A seguito della siccità di questi mesi sono emersi sacchetti, bottigliette, bustine (l’inventario è infinito) che ora “decorano” gli alvei in secca. Lungo il Po, ad esempio, la più grande autostrada acquatica dello Stivale. Le immagini che siamo andati a catturare sono inquietanti.
Il pericolo per il Po arriva anche dai giocattoli
«In Italia il riciclo è al 45%, siamo sopra la media europea – spiega a StartupItalia Eva Alessi, Responsabile nazionale consumi sostenibili e risorse naturali del WWF». «Ma il grosso problema – continua – è che questo processo coinvolge solo gli imballaggi. Nessuno, per intenderci, ricicla i giocattoli e le bambole». In Europa per lo meno cominceremo dal 2021 a mettere al bando la plastica monouso con l’obiettivo di riciclo delle bottigliette al 90% entro il 2029. A giudicare dallo stato in cui versa il Po denunciato da questi giorni di siccità, potrebbe essere troppo tardi.
La plastica è per sempre
Non finisce soltanto nella pancia dei grandi mammiferi: la plastica, come l’acqua su cui galleggia, si fa strada ovunque. «L’80% delle materie plastiche che troviamo negli oceani viene da fonti terresti e i fiumi sono tra i principali veicoli della macroplastica in mare».
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Ma quanto dura la plastica che abbandoniamo nell’ambiente o perché non la ricicliamo, o (peggio) perché ce ne disfiamo in maniera irresponsabile? «Parliamo di un materiale non biodegradabile – premette l’ecotossicologa del WWF – ma se dobbiamo stimare il periodo di vita della sporcizia in acqua si calcola che il filtro di una sigaretta duri cinque anni, un bicchiere di plastica cinquanta. Poi ci sono i fili da pesca: 600 anni».
E quanto male fa tutto questo agli ecosistemi marini? In dollari il danno è stato calcolato in 8 miliardi annui come ha riferito l’Unep, il programma delle Nazioni Uniti per l’Ambiente, secondo cui la plastica colpisce tanto pesca, quanto commercio e turismo. Stando a quanto riporta il WWF – che si basa soltanto su dati di letteratura scientifica – sono 700 le specie marine minacciate dalla plastica e il 15% di queste vengono classificate come “minacciate” o “in pericolo” di estinzione.
La plastica (purtroppo) sazia
Il recente caso del capodoglio trovato morto in Sardegna, nella cui pancia sono stati pesati 22 kg di plastica, è soltanto l’ultimo triste episodio. A metà marzo il New York Times scrisse di addirittura 40 kg di plastica contenuti nella pancia di una balena spiaggiata nelle Filippine. Il guaio, sostengono gli esperti, è che rifiuti simili darebbero a questi mammiferi una falsa sensazione di sazietà.
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Ma perché mai uccelli, tartarughe, pesci e grandi mammiferi dovrebbero mangiare la plastica? «Gli uccelli marini – risponde Eva Alssi – scelgono il cibo in base all’olfatto e la plastica che rimane tanto in mare ne prende il sapore. È come una trappola olfattiva che inganna anche i pesci. Esperimenti recenti hanno dimostrato che le acciughe non mangiano le microplastiche se queste ultime sono state appena gettate in un acquario. Diversa cosa invece se queste odorano di mare: in quel caso le scambiano per krill».
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Geograficamente, tra i 10 fiumi più inquinati da plastica (che poi sfoga in mare) otto sono asiatici e due africani. Tra i principali paesi “produttori” troviamo Cina, Indonesia e proprio le Filippine.