L’Accademia reale delle Scienze ha riconosciuto il lavoro di William Nordhaus, promotore della tassazione sui gas serra. Il premio va anche a Paul Romer, studioso di innovazione e tecnologia
La Carbon Tax è servita a vincere il Premio Nobel per l’Economia. L’Accademia reale svedese delle Scienze che assegna ogni anno il prestigioso riconoscimento ne avrà senz’altro tenuto conto. Della tassa sulle emissioni carboniche il professore William Nordhaus della Yale University era da anni convinto sostenitore e principale portabandiera: misure simili, se approvate su larga scala, potrebbero contrastare gli effetti dei gas serra sui cambiamenti climatici secondo le conclusioni del docente originario del New Mexico. Il Nobel per l’economia è andato anche a Paul Romer, ex Banca Mondiale, esperto del settore innovazione e teorico anche lui di sgravi fiscali a sostegno dello sviluppo tecnologico.
Il Nobel alla sostenibilità
Il riconoscimento del Nobel ai due studiosi di sostenibilità, ambiente e tecnologia, è stato motivato dall’Accademia svedese perché Nordhaus e Romer «Hanno significativamente allargato l’ambito dell’analisi economica costruendo modelli che spiegano come l’economia di mercato interagisce con la natura e la conoscenza». A pochi anni dalla firma dell’Accordo di Parigi sul clima, il Nobel all’Economia 2018 assegnato a studiosi impegnati su temi di sostenibilità è l’ultimo di una serie che nelle ultime edizioni ha messo al centro criteri valoriali come il rispetto dell’ambiente in cui l’uomo, oltre a fare di conti, deve anche poter vivere felice e in salute.
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A rimarcare ancora di più l’importanza di questo Nobel alla sostenibilità per due economisti di fama mondiale, ci sono i dati pubblicati proprio in contemporanea all’annuncio dalla Svezia. L’eco di numeri e conclusioni allarmanti è partita dalla Sud Corea dove a tarda sera di sabato 6 ottobre, 91 scienziati da 40 paesi hanno elaborato le conclusioni della 48esima sessione plenaria dell’Ipcc (Intergovernanmental panel on climate change), un consesso scientifico all’interno dell’Onu che dal 1988 studia proprio il riscaldamento globale. Questo lavoro commissionato dall’Organizzazioni delle Nazioni Unite parla chiaro: l’aumento della temperatura sulla Terra arriverà a +1,5 gradi già entro il 2030.
I dati dell’Ipcc sembrerebbero dunque mettere in serio dubbio il raggiungimento dell’obiettivo principe dell’Accordi di Parigi sul clima dove si legge che i governi hanno concordato (ma in maniera non vincolante) di “mantenere l’aumento medio della temperatura mondiale ben al di sotto di 2°C rispetto ai livelli preindustriali come obiettivo a lungo termine”. Il Premio Nobel all’economia e le conclusioni dell’Ipcc potrebbero suggerire alla politica e agli Stati le possibili vie per evitare gli scenari più bui.