Siglato un accordo tra la numero uno del biotech Amgen, la startup Genenta Science, e l’Ospedale San Raffaele per fare ricerca e sviluppo nella struttura milanese. Una partnership che conferma la crescita del biotech italiano a livello mondiale
Il biotech italiano si fa sempre più interessante agli occhi del mondo. Lo dimostra il fatto che pochi giorni fa è stato firmato un accordo tra Amgen, colosso californiano del biotech, quotata al Nasdaq e con un fatturato di 21 miliardi di dollari, l’Ospedale San Raffaele di Milano e la startup Genenta Science, spin off dello stesso ospedale e tra le società innovative più importanti del settore. L’accordo è per fare ricerca e sviluppo su una terapia genetica basata sulle cellule staminali ematopoietiche (ovvero quelle da cui si originano le cellule del sangue).
Il colosso Usa e la startup milanese
Amgen è la più grande società al mondo nel settore biotech: è basata a Los Angeles ed ora ha affidato la sperimentazione della terapia Hsc al team italiano di Genenta e dell’Ospedale San Raffaele. Ancora non sono stati diffusi i termini economici della partnership, ma l’interesse del colosso americano è un chiaro segno di come l’Italia si sia fatta notare come eccellenza nel biotech. Genenta Science è una startup fondata da Luigi Naldini, 57 anni, direttore dell’Istituto Telethon per la terapia genetica (Tiget), dal medico Bernhard Gentner e dall’imprenditore Pierluigi Paracchi. Nello scorso anno ha raccolto 10 milioni di euro in round di investimento e Startupitalia l’ha inserita tra le 10 migliori startup del 2015 (qui il video dell’intervento di Genenta Science allo Startupitalia Open Summit 2015).
Un’eccellenza italiana “di ritorno”
Naldini è una vera eccellenza medica italiana, uno dei massimi esperti di genetica al mondo: è stato lui a sviluppare i primi vettori lentivirali, cioè a trovare il modo di trasformare l’involucro del virus HIV – responsabile dell’Aids – in un veicolo per la terapia da infondere nel paziente. Succedeva nel 1996, quando Naldini faceva ricerca negli Stati Uniti. Dopo quello straordinario successo – entrato poco dopo nella classifica della pubblicazioni che hanno avuto più citazioni in assoluto nella rivista Science – Naldini fa una scelta contraria allo stereotipo del cervello in fuga, e torna in Italia. Nel 2003 continua le sue ricerche al Tiget del San Raffaele. Oggi le sfide di Genenta si concentrano sulla ricerca per terapie per curare i tumori, in modo “innovativo”, come spiega lo stesso Naldini: “I risultati dei testi clinici per la terapia genica Hsc ottenuti presso il Tiget-San Raffaele sono molto incoraggianti e hanno aperto la strada all’esplorazione di nuove strade per modificare il gene Hsc e, piuttosto che sostituire i geni difettosi, istruire le cellule a combattere meglio i tumori. La collaborazione con Amgen porterà competenze e risorse cruciali per valutare nuovi approcci di cure oncologiche”. Secondo il Ceo di Genenta, Pierluigi Paracchi, “portare il numero uno del big biotech al mondo, in Italia a fare terapia genica, che come sia è la frontiera più avanzata della ricerca contro il cancro, è un risultato che va oltre Genenta. Premia anni di ricerca di Luigi Naldini e del suo gruppo e mostra che abbiamo scienziati e ricercatori al top mondiale”.
Il valore del biotech italiano
Amgen si affida a Milano e l’Italia fa passo importante per entrare a giusto titolo nelle rotte più importanti del biotech mondiale. Secondo l’ultimo rapporto del Centro studi Assiobiotech di Federchimica, il valore del biotech italiano ammonta a 7,7 miliardi di euro, con un incremento del 4,2% sull’anno precedente (cioè dal 2014 al 2015). Al 31 dicembre 2014 il totale delle imprese operanti nel settore erano 384 con 225 società “pure biotech”, imprese cioè il cui core business è costituito dall’utilizzo di moderne tecniche biotecnologiche per lo sviluppo di prodotti o servizi per la cura di uomo, animali e ambiente (l’Italia è al terzo posto in Europa per numero di pure biotech).
Il numero delle imprese di biotech ha mantenuto una crescita costante dal 2000 a oggi.
La distribuzione sul territorio di queste imprese, però, non è omogenea. La Lombardia è la regione dove si concentra la maggior parte delle imprese: ce ne sono 117. Seguono Piemonte, Emilia Romagna e Lazio. Oltre il 66% delle imprese biotech nasce come startup, spin off accademico o idustriale. Quelle che nascono come startup e spin off di università coprono le fette più grandi (rispettivamente 36% e 22%). Siamo terzi nel mondo per numero di giovani ricercatori finanziati dall’European Research Council, anche se più della metà di loro lavora presso istituzioni straniere.
Negli ultimi due anni alcune delle pure biotech italiane hanno generato accordi con Venture Capital per un valore complessivo di oltre 5 miliardi di euro: come si può vedere dal grafico, la maggior parte degli investimenti di VC nel mondo proviene dagli Stati Uniti, mentre su base Europea al primo posto si pone il Regno Unito.