L’imprenditore di origine ungherese, fondatore delle Open Society Foundation, ha deciso di promuovere le idee di business di chi scappa da guerra e povertà. E stimola il settore privato a impegnarsi per dare loro accesso a tutti servizi e favorirne così l’autonomia nelle comunità che li ospitano
Se Obama chiama, George Soros risponde. Il miliardario di origine ungherese dal patrimonio personale di quasi 25 miliardi di dollari ha deciso di raccogliere la “call to action” che il presidente americano ha rivolto agli imprenditori statunitensi e di investire 500 milioni di dollari a sostegno dei rifiugiati e dei migranti.
L’imprenditore, però, non ha dimenticato del tutto il suo business: non si limiterà a dare dei soldi in beneficenza, ma li indirizzerà alle startup e alle compagnie create proprio dai migranti. «Anche se la mia principale preoccupazione è aiutare i migranti e i rifugiati che arrivano in Europa, cercherò anche delle buone idee di investimento di cui possano beneficiare i migranti in tutto il mondo», ha scritto lo stesso Soros in suo articolo per il Wall Street Journal.
La politica fallisce, ci pensa il magnate
Per l’imprenditore ungherese questa decisione completa una strategia filantropica che da sempre portano avanti le sue fondazioni. Lo scopo è andare incontro a chi lascia il proprio Paese a causa della guerra civile, di un regime oppressivo o dell’estrema povertà. «Il nostro fallimento collettivo nello sviluppo e nell’implementazione di politiche per gestire il flusso crescente di migranti ha contribuito alla miseria umana e all’instabililità politica sia nei Paesi dai quali le persone scappano, sia in quelli che le ospitano», ha spiegato Soros.
La sua iniziativa, quindi, non è solo un aiuto da dare a chi ha bisogno. È anche un modo per riportare la tranquillità che manca ai Paesi che si affannano spesso inutilmente per dare rifugio a chi lo richiede. «Questi investimenti sono fatti per avere successo. Ma il nostro obiettivo principale è creare prodotti che facciano bene alle persone che migrano e alle comunità che le ospitano», ha aggiunto Soros.
Il settore privato lavora per il bene pubblico
Soros è il fondatore delle Open Society Foundations. Si è impegnato a collaborare con l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati per controllare e guidare nella giusta direzione gli investimenti decisi. Nell’intenzione di Soros c’è anche una sorta di nuovo indirizzo da dare al settore privato: «Il nostro obiettivo è sfruttare il privato per il bene pubblico», ha annunciato.
E si è detto anche fiducioso del fatto che questa mossa possa ispirare altri imprenditori come lui a fare lo stesso. Il commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi ha definito questo investimento un modo per rendere i migranti indipendenti.
Invece che assistenzialismo, business vero
Insomma, Soros ha inaugurato una stagione nuova nell’accoglienza dei migranti e nella risoluzione di un problema che grava soprattutto sulle nazioni di confine, sempre più in crisi per la sistemazione dei tanti arrivi sulle coste europee. Il passaggio sancito da questa decisione è quello dall’assistenzialismo che ha portato negli anni all’apertura di campi profughi e centri di accoglienza che raramente hanno favorito l’integrazione, a un tipo di sostegno in grado di mettere al centro il migrante, le sue idee, le sue aspirazioni.
E, perché no, il suo progetto di business. È chiaro che se un imprenditore ha deciso di investire dei soldi e non di donarli, è convinto che possano fruttargli qualcosa. Ma i soldi non finiranno comunque direttamente nelle sue tasche. Gli eventuali profitti saranno destinati ai programmi delle Open Society Foundations a favore di rifugiati e migranti. Tra questi, centri attivi in Grecia e iniziative per dare assistenza legale ai rifugiati siriani.
Migranti e rifugiati come risorsa
È in questo modo che il settore privato riesce a dare in maniera più efficace il suo sostegno alla causa: «I rifugiati hanno bisogno di avere accesso ai servizi legali e finanziari, all’istruzione, alle occasioni di occupazione», sottolinea ancora l’alto commissario Grandi.
Ed è proprio per rispondere a queste esigenze particolari che saranno investiti i fondi messi a dispozione da Soros. Sarà così possibile considerare i 65 milioni di persone che oggi nel mondo sono senza una sistemazione non come un problema da risolvere, ma come una risorsa. Se come tutti gli altri avranno accesso alle stesse opportunità, potranno dare un contributo attivo alla società e smettere di essere un peso.