Dal marketing a Google passando per la Ferrero, ecco come è nata l’Amazon dei gioielli italiani
Ho conosciuto Giorgio Isabella a Crotone, lo scorso Natale, nel corso di una cerimonia di premiazione di cui anche io facevo parte. Eravamo in cinque, e tutti molto giovani. E precisamente, ricordo, Giorgio venne premiato per la sua invidiabile esperienza in campo professionale, nonostante sia poco più che trentenne.
Giorgio ha saputo combinare la tradizione e l’innovazione, il vecchio con il nuovo, l’artigianato insieme al digitale.
“Com’è nata questa idea?” gli chiedo.
“Tutto è partito da una gioielleria di famiglia” mi racconta Giorgio al telefono, “che mio nonno aprì a Crotone negli anni ‘30. L’ho ereditata insieme a mia sorella, ma fin da subito ho capito che sarebbe stato il punto di partenza verso qualcosa di più grande, qualcosa di bello ma di diverso”.
Dal marketing a Google passando per la Ferrero
E diverso infatti è stato lo sviluppo di quell’attività, legato al percorso di studio e di formazione di Giorgio.
“Ero già nel settore del marketing all’epoca, dal 2005 al 2009 ho lavorato per varie multinazionali che mi hanno fatto apprendere tanto, anzi tantissimo. Finito quel periodo sono poi tornato a Crotone, ma ben presto nel 2011 sono tornato a Roma per frequentare un master, e lì la mia vita è davvero cambiata.”
Nella capitale infatti Giorgio incontra Filippo Capitanio, col quale instaura subito un grande feeling e decide di scrivere la tesi di fine corso, tesi incentrata sullo sviluppo di una startup – Lux Made In – profondamente innovativa e che sarà il trampolino di lancio delle loro carriere.
“Avevamo immaginato Lux Made In come una sorta di piccola Amazon, una micro impresa dedicata al settore dei gioielli artigianali. I gioielli e i bravi artigiani c’erano in Italia, ma non c’era nessuna piattaforma digitale per farli vendere on-line, nessuno strumento in grado di valorizzarli e dargli visibilità. Noi, invece, con Lux Made In tutto questo glielo davamo”.
La startup made in Italy e il ruolo dei social
E i social media hanno fatto il resto. Facebook, in modo particolare, ha aiutato Giorgio e Filippo a creare una vera e propria rete di “Giovani Gioiellieri Italiani”, la prima in Italia, per condividere contenuti e a promuovere idee e iniziative.
“Come si è evoluta poi la startup?”
“Ha seguito una duplice direzione. Da un lato è cresciuta, essendo stati notati da Damiani il quale ci ha chiesto di curare la piattaforma di e-commerce e lo sviluppo digital della sua attività, proiettandoci così in una dimensione internazionale. Dall’altro lato, da una costola di Lux Made In, è nata Food Made In, un’altra startup lanciata a cavallo dell’Expo e che fornisce anche questa una piattaforma digitale, stavolta non per i gioielli ma per i prodotti agroalimentari made in Italy”.
“E com’è andata?”
“Siamo stati molto fortunati anche in questo caso. Ben presto siamo stati contattati dal gruppo Ferrero e da due anni, in pratica, siamo la sua anima digital”.
Sembra quasi una favola la storia di Giorgio Isabella, una scalata al successo fatta tutta di innovazione e voglia di osare, di originalità che tuttavia parte da ciò che già esiste, e trova il mondo di reinterpretarlo al meglio.
E non è ancora finita. Dopo aver vinto un bando nazionale nel 2013, promosso da Google e Union Camere, Giorgio approda al progetto dei cosiddetti Gioielli Dop, ovvero realizzazioni di arte orafa che richiamano il settore agroalimentare italiano.
“Raccontami com’è andata quest’esperienza…”
“Be’, come ti dicevo nel 2013 esce questo bando, intitolato Distretti nel Web. Google aveva infatti notato che c’era molta ricerca indirizzata verso i prodotti di eccellenza artigianale, una ricerca che tuttavia non aveva un’adeguata risposta. Ho quindi partecipato al bando e sono stato scelto fra 20 digitalizzatori, i quali dovevano sviluppare la presenza on-line delle imprese nei vari distretti. Ho vissuto sei mesi ad Arezzo, che costituisce il bacino italiano più numeroso per le imprese orafe, e lì ho iniziato a ragionare sui Gioielli Dop, cioè su delle manifatture che nascessero con quella stessa cura, e fossero sostenute da tutta la mia esperienza digitale”.
“Perché ti sei ispirato ai prodotti tipici italiani?”
“Ho voluto giocare con l’effetto nostalgia, puntando soprattutto alle generazioni vecchie e nuove di italiani all’estero. I Gioielli Dop infatti vanno molto bene negli Stati Uniti, e non è un caso. Volevamo caratterizzarci nel panorama delle gioiellerie, che è molto tradizionale, e abbiamo allora giocato sugli stereotipi dell’italianità, soprattutto dal punto di vista culinario.”
Sono nate così le varie collezioni regionali, da quella calabrese con peperoncino e cipolla di Tropea, a quella pugliese con tarallo e rametto di ulivo, e via dicendo.
“Ed è tutto fatto a mano…” spiega ancora Giorgio. “La cosa più interessante è questa: per ultimare anche un braccialetto della collezione Dop occorrono circa quattro giorni, e devono lavorarci quattro diversi artigiani orafi; ma tutto questo in un secondo momento passa su un piano digitale, riuscendo ad arrivare potenzialmente in ogni parte del mondo.”
Un’intuizione anche questa lungimirante, visto che i Gioielli Dop hanno già conquistato il Texas. Dopo aver vinto un bando promosso dal gigante della distribuzione americana Nordstrom, Giorgio e il suo team sono approdati nelle città di Dallas, Austin, Houston e Sant’Antonio.
“Come ti sei sentito una volta arrivato lì?”
“Un po’ come il mio bisnonno, che partì per l’Argentina perché voleva fare fortuna, aprendo a Buenos Aires un negozio di orologi. Quando tornò in Italia trasferì l’attività a Lamezia Terme e in seguito a Crotone, dove la ereditò mio nonno e mio nonno la passò a me. Era il 1890 quando il mio bisnonno partì… e io oggi sto rifacendo quello stesso viaggio, incredibile ed entusiasmante, grazie a una startup”.
ANGELA BUBBA
Post pubblicato su CheFuturo