Dal 20 luglio è attiva la nuova piattaforma del Registro imprese per costituire online startup innovative, gratis e senza notaio. Qui una piccola spiegazione, redatta anche col contributo di chi l’ha fatta e i consigli di alcuni protagonisti dell’ecosistema italiano
I notai hanno perso una delle prime battaglie con le startup. Da oggi, infatti, chiunque potrà costituire una nuova impresa innovativa direttamente online, con firma digitale e senza notaio. E’ uno degli effetti dell’Investment Compact varato lo scorso anno. Nel novero della legge, infatti, è stata introdotta la possibilità di costituire startup online, mediante la compilazione di un modello standard di atto costitutivo, e validarlo con firma digitale.
Il primo luglio il Ministero dello sviluppo economico ha varato la direttiva e a distanza di soli 20 giorni il Registro imprese è riuscito in un piccolo miracolo: la nuova procedura è online. L’abbiamo provata. E funziona. Ma ci sono alcune cose che è bene sapere.
1. Come costituire una startup online, senza notaio
Chi si collega al sito del Registro imprese, accedendo alla sezione dedicata alle startup potrà verificare la presenza di una nuova voce: “Crea la tua startup”. Cliccandoci, e andando poi su “Atti startup” gli aspiranti nuovi imprenditori possono o accedere, se già registrati al sistema, con user e password, oppure anche senza registrazione possono entrare direttamente sulla piattaforma e compilare il form con tutti i dati necessari alla costituzione: nome della società, sede legale, dati anagrafici dei soci, capitale sociale, eccetera. Fare, insomma, da soli tutto quello che fino a ieri avveniva dinnanzi al notaio.
Ed è possibile costituire online una startup innovativa anche da cellulare. Il sito, infatti, è completamente responsive, quindi facilmente usufruibile non solo da pc ma anche da smartphone e dispositivi mobili.
Davvero nessuna registrazione? «Siamo aperti, stiamo dando una funzione senza sapere chi la utilizzerà», ci spiega Infocamere, la società “braccio tecnologico” delle Camere di Commercio italiane, che ha realizzato la nuova piattaforma.
Alla fine della compilazione ogni utente sottoscrive l’atto con la propria firma elettronica, e la piattaforma invia una Pec con i dati all’agenzia delle entrate. Se tutto va a buon fine, una volta effettuata la registrazione il Registro imprese integrerà automaticamente nella pratica gli estremi di registrazione. La startup innovativa è “riconosciuta” e può operare.
2. L’assistenza è gratuita per 2 mesi
Ma non è tutto davvero così semplice. Lo ammette la stessa Infocamere: «Abbiamo fato una cosa talmente evoluta che va spiegata». Per questo motivo è stata redatta una guida dettagliata (25 pagine, in tutto) sul funzionamento della piattaforma. Non solo. Per 2 mesi, fino al 30 settembre 2016, gli stessi esperti di Infocamere (tecnici e amministrativi) che hanno realizzato la piattaforma forniranno gratuitamente assistenza a tutte le future startup
3. La novità nella novità: si scrive Xml si legge “microdati”
La novità sottesa alla nuova procedura di costituzione online è, però, un’altra. I dati, la profilazione, i microdati. Un tesoretto, riutilizzabile e facilmente “scalabile” all’infinito per ogni eventuale utilizzo futuro. Alla fine della complilazione, infatti, la piattaforma del Registro imprese, restituisce alle startup un file Xml. «Così si crea la base», spiega Infocamere, «prima si informatizzava l’atto, adesso l’atto nasce digitale, elettronico, elaborabile».
Ma come tradurre tutto ciò in vantaggio per i fruitori di questi dati? «Un dato Xml si trasfroma direttamente in conoscenza disponibile – spiegano i realizzatori della piattaforma – conoscenza distribuita che può essere elaborata in automatico».
Ed è la legge, attraverso la firma elettronica, a dare validità effettiva a questi atti e dati. Se dal notaio eravamo abituati a firmare foglio per foglio, con la firma elettronica si sottoscrive con un solo click lettera per lettera.
4. Soci da varie parti d’Italia, senza muoversi da casa
Non essendo necessaria la presenza dinnanzi al notaio va da sé che d’ora in poi i founders potranno costituire una startup anche senza affrontare, oltre a quelle del notaio, anche spese di viaggio: basterà che ognuno compili e sottoscriva il file xml generato dal sistema.
L’entusiasmo di chi fa startup in Italia e della piccola grande “rivoluzione” introdotta con l’apertura della nuova piattaforma del Registro imprese è ben descrivibile attraverso le parole di Antonio Prigiobbo, coordinatore di NaStartup, la community che a Napoli aiuta e supporta la crescita di startup innovative. «Siamo finalmente un Paese in cui se sei in un paesino sperduto dello nostro stivale, ma anche in una grande città – dice Prigiobbo – e non conosci un notaio o un commercialista, che sa e/o che non vuol sapere/studiare cos’è una startup innovativa, puoi scavalcare questo ostacolo e la burocrazia degli uffici. E non è poco».
5. No, i commercialisti non possono firmare al posto delle startup
Il sistema di Infocamere dall’apertura del nuovo servizio di trasmissione delle pratiche di costituzione di startup ha registrato in poche ore oltre 700 utilizzi. Molta sicuramente è stata la curiosità, anche di noi addetti ai lavori, ma in proiezione sono numeri che fanno ben sperare l’ecosistema.
Abbiamo chiesto a Infocamere se tra le richieste di assistenza ce ne fossero alcune utili per spiegare alle aspiranti startup (e ai professionisti che le seguono) gli errori da non fare nella compilazione delle domande. Qualche commercialista ha chiesto: “i miei clienti non hanno la firma digitale, posso firmare io al posto loro?”. La risposta è no, nella maniera più assoluta. E non perché la piattaforma non lo consenta ma perché la legge non lo consente. Quando si va dal notaio, infatti il commercialista non firma la costituzione della startup, a meno che non sia anche uno dei soci della stessa. Allo stesso modo, la firma digitale dei singoli founders è unica, e ciascuno firma l’atto costitutivo e lo statuto singolarmente.
6. Se non c’è un team “rotondo” meglio affidarsi ai professionisti
La partita sulla digitalizzazione e dematerializzazione della burocrazia, però, è ancora lunga. Si possono “rottamare” un timbro o una firma, dimezzare i tempi di gestione di una pratica, annullare le distanze geografiche, ma farsi assistere da un professionista è sempre buona cosa.
La nuova piattaforma per costituire startup online «sicuramente ci allinea con i paesi europei più avanzati. Non siamo il primo, ma siamo tra i primi», sottolinea Alberto Fioravanti, cofondatore e presidente esecutivo di Digital Magics, da noi raggiunto telefonicamente, che però, dal suo osservatorio privilegiato di incubatore per startup di lungo corso invita tutte le aspiranti nuove imprese a fare molta attenzione nella compilazione delle domande: «lo statuto di una società – spiega Fioravanti – è veramente un pezzo importante dell’architettura dell’azienda, che guida tutti i suoi processi decisionali e organizzativi nel tempo. Bene, quindi, fare tutto online ma si deve capire che è bene che ci sia sempre un professionista ad affiancare le startup». «Non credo al modello copia incolla degli statuti copiati da internet», taglia corto il presidente di Digital Magics.
Un consiglio, quindi, per gli startupper alle prime armi? «A meno che nel team non ci sia un laureato in economia e commercio, anche perché sarebbe bello, i team dovrebbero essere rotondi, un team per funzionare bene dovrebbe avere un responsabile tecnico, un responsabile marketing e un Cfo che segue la parte societaria. Se non c’è un team rotondo è utile essere affiancati da un professionista. Non voglio dire “tutti i ragazzi devono andare in un incubatore”. Devono farsi aiutare, avere capacità di ascoltare, soprattutto nella prima fase di avvio dell’impresa».
Anche perché dalle fondamenta dipenderà poi la vita dell’azienda: «a un certo punto, sottolinea Fioravanti – la startup farà un aumento di capitale, entreranno nuovi soci, cambierà la governance. E in questo uno statuto scritto bene fa la differenza».
Burocrazia e digitale. Una (piccolissima) timeline
Fattura elettronica, Spid, startup senza notaio e, tra poco, la nuova carta d’identità (elettronica). Se provassimo a mettere una dopo l’altra su una timeline queste novità non impiegheremmo 10 anni ma solo un anno e mezzo. Un anno e mezzo nel quale hanno iniziato a prendere forma e sostanziarsi le strategie del Governo italiano sul digitale.
Strategie d’insieme che Paolo Barberis, consigliere per l’Innovazione di Palazzo Chigi, definisce di «innovazione semplice». Ovvero, l’innovazione nelle piccole cose. «E’ quello che ci si aspetta che un Paese contemporaneo adotti per semplificare la vita di tutti», spiega Barberis. «Togliere vincoli e rallentamenti, perché ognuno possa esprimere il suo potenziale».
Più startup, più investimenti. Adesso…
Con l’apertura della nuova piattaforma il Registro imprese ha dato anche un numero importante: sono 6 mila le startup innovative in Italia. Più di 1.500 nuove startup rispetto lo scorso anno. Numeri che fanno ben sperare, anche in considerazione del fatto che è in crescita anche il trend degli investimenti: secondo una nostra analisi, nei primi sei mesi del 2016 alle startup italiane sono andati più di 86 milioni. Praticamente quasi quanto quelli di tutto il 2015.
A parte la fattura elettronica, che serve alle imprese già costituite, e a Spid, il nuovo sistema di l’identità digitale varato alla fine dello scorso anno, cosa ci guadagnano le startup facendo tutto online? Per Barberis «rendere tutto più semplice, abbassare le barriere, fa parte tutto di un universo di cose. Semplificare la vita dei primi anni di vita, cercare di dare online tutti gli strumenti per cercare di arrivare a maturità è il compito del Governo e di tutti quelli che lavorano a queste cose».
In una parola, interoperabilità. La convergenza tra diverse piattaforme e, quindi, le molteplici future identità digitali, siano esse di persone fisiche che di persone giuridiche. Ma prima del grande salto ci sono ancora molti “dots” da unire. «Se noi riusciamo a semplificare la vita delle startup – dice Barberis – e insieme fare un buon lavoro sui territori a livello culturale, davvero poi risciremo a stimolare gli investimenti degli italiani in startup. Perché capiranno che da questo passa anche un po’ il futuro del lavoro e della crescita».
I “campanili” fanno bene alle startup
Per il papà di Nana Bianca (e Dada) oggi consigliere all’innovazione del Premier Renzi, l’orizzonte è un virtuoso effetto domino. Secondo Barberis il motore dell’ecosistema deve poggiare su «3 leve: semplificazione, incentivi e supporto agli investimenti in startup, e, appunto, il ruolo dei territori. Cercare di interpretare un’innovazione che non sia solo nei principali centri italiani ma fatta seguendo idealmente la forma dell’italia, con un Pil distribuito in tutte le regioni, con tanti territori ciascuno protagonista e portatore di valore. Una rete di motori d’innovazione».
Gli fa eco il presidente di Digital Magics: «vediamo ogni 15 giorni i dati della crescita», dice Alberto Fioravanti». «Una crescita davvero consistente in tutti i territori. E la caratteristica principale – spiega – è che le startup nascono in tantissimi territori, sono diffuse in tutta italia. Siamo un paese di territori e le startup nascono dalla Sicilia fino al Trentino. È ovvio che su Milano c’è una concentrazione maggiore, ma l’ecosistema è distribuito in tutta Italia.
Anche a livello di crescita degli investimenti le aspettative di quest’anno sono al raddoppio. «E questa – dice Fioravanti – è un’ottima notizia. Sono sicuro che arriveranno altri soldi e che la crescita continuerà. Dobbiamo raddoppiare e puntare al raddoppio sul raddoppio anche nel 2017». Come? «Bisogna vedere poi se e quanto i territori, i Vc, i fondi di investimento, eccetera riusciranno a velocizzare. La mia preoccupazione adesso, appunto, è fare la nostra parte per accelerare i processi che faranno arrivare questi soldi alle startup».
Aldo V. Pecora
@aldopecora