Intervista a Matteo Mosconi, che a 16 anni ha creato On Fire, una piattaforma che digitalizza la scuola portando lezioni e compiti in ambiente virtuale
«Ti do subito una notizia fresca. Proprio oggi abbiamo vinto il bando “Startup in Rete” del Comune di Milano». Ovvero, un contributo che può arrivare fino a 15 mila euro, e 4 mesi di accelerazione dentro FabriQ: niente male per due ragazzi ventenni che quando erano ancora tra i banchi di scuola hanno creato un sistema che digitalizza lezioni e compiti a casa. E che ora viene utilizzato in 3.500 scuole italiane. OnFire è nata cosi: Matteo Mosconi l’ha ideata quando aveva 16 anni ed era al terzo anno di istituto tecnico informatico. La sua piattaforma, che permette di salvare le lezioni che vengono fatte sulla Lim e rivederle a casa, è stata usata prima dai suoi compagni di classe, e poi da altre sezioni della sua scuola. Nel maggio 2015 la giuria del bando FarbiQ ha deciso di dare a OnFire un premio speciale per 4 mesi d’incubazione nei suoi locali. “Non potevamo crederci. Avevamo 18 anni e una startup. E ancora non avevamo superato l’esame di maturità”. Oggi tantissime scuole dalla Val d’Aosta alla Sicilia usano On Fire.
Sei diventato uno startupper ancora prima di avere il diploma.
«Praticamente sì. Frequentavo l’istituto tecnico informatico di Cesano Maderno, vicino Monza, e la mia classe è stata tra le prime a sperimentare la Lim. Presto, però, mi sono accorto che le potenzialità della lavagna elettronica erano sprecate».
Perché?
«Per i tempi di accensione e per i corsi di aggiornamento che i professori dovevano fare per poter usare bene la lavagna elettronica: tempo sprecato se poi la lezione non poteva essere rivista, oppure inviata anche agli assenti. Il valore aggiunto della Lim rispetto alla lavagna tradizionale è quello di essere digitale: ma se la lezione non viene salvata si usa solo una parte del potenziale che lo strumento ha. Così ho creato la prima versione della piattaforma, che si chiamava come la mia classe: 3A Majorana».
Cosa si poteva fare?
«A quel tempo si poteva esclusivamente salvare le lezioni e rivederle sul computer. Ma era solo una cosa per noi della classe, fatta nel tempo libero. Però funzionava, e la usavamo spesso. L’anno successivo, quando ero in quarta, un mio prof mi ha chiesto di estendere il programma anche alle nuove terze, quindi alle altre classi della scuola, perché volevano usarla. Così ha cambiato nome, e l’ho chiama Majo CMS: andava talmente bene che volevamo estenderla a tutta la scuola».
Nella tua scuola ti avranno supportato…
«Insomma. Non troppo…il preside era anche contento ma non ha mai fatto tanto per agevolarci. Ha distribuito un foglio che chiedeva ai prof di tutte le classi se volevano usare la piattaforma. Si trattava solo di rispondere sì o no. L’ha distribuito a ottobre, abbiamo riavuto i fogli a marzo, a due mesi dalla fine dell’anno scolastico! A quel punto, però, il nostro interesse era portare OnFire fuori dalla scuola, estenderlo ad altri istituti».
In quel periodo avete anche cambiato il nome della piattaforma.
«Sì, Majo CMS non andava bene per tutta l’Italia! Io e il mio compagno di classe Gabriele De Rosa, cha ha implementato la piattaforma come me, l’abbiamo chiamata OnFire. Un giorno stavamo ascoltando “Liar liar” di Cris Cab e ci piaceva il ritornello».
Come avete fatto a farla uscire dalla vostra scuola?
«Non è stato semplice: eravamo sotto maturità. Un po’ studiavamo i bandi aperti per le startup e un po’ studiavamo per gli esami di Stato. A maggio 2015, però, abbiamo avuto il premio di FabriQ: una soddisfazione enorme».
Vi è servito il periodo di incubazione dentro FabriQ?
«Enormemente. Abbiamo imparato cose che non conoscevamo per niente».
La scuola non vi aveva preparato?
«Al mondo dell’innovazione? Per nulla. La maggior parte delle cose che so fare le ho apprese da solo, nel tempo libero, e molte competenze grazie all’incubare».
Cosa si può fare ora su On Fire?
«Negli ultimi mesi abbiamo cominciato a pensare a nuove funzionalità. Oltre a rivedere le lezioni fatte in classe, ora si possono scambiare contenuti tra i singoli studenti, creare una specie di diario di classe. Dato che noi vogliamo che tutti studino con uguali opportunità, stiamo sviluppando un algoritmo di riconoscimento che permetta ai ragazzi ipovedenti di ascoltare anche le lezioni che il docente scrive a mano sulla Lim. Poi stiamo lavorando per sviluppare delle funzionalità legate alla classe capovolta. E infine c’è la possibilità di consegnare compiti in formato elettronico al docente, cosa che risolve molti problemi legati all’adozione dei social a scuola».
Per esempio?
«Partiamo dal presupposto che oggi è molto più probabile che gli studenti facciano un compito sul pc che su un foglio protocollo. Come lo consegnano al docente? Si può fare via email, ma il docente deve comunque fornire un indirizzo privato e la comunicazione resta bidirezionale, mentre noi creiamo un ambiente più collaborativo. Ci sarebbero i social, ma non è detto che i professori e gli studenti vogliano condividere la loro privacy dando “l’amicizia” gli uni agli altri. OnFire semplifica tutti questi problemi. Vogliamo portare in digitale ciò che nella scuola è stato sempre sulla carta».
Oggi siete in 3.500 scuole. Come ci siete entrati?
«All’inizio abbiamo provato a contattare le scuole una a una. Non funzionava, non ci rispondevano alle email. Alla fine ci siamo espansi piano piano grazie al passaparola. I primi a chiamarci sono stati i docenti. Regione Sicilia e Milano sono i posti con il più alto numero di scuole che usano OnFire».
Che è gratuito. Avete pensato a un modello di business?
«Il piano free ci sarà sempre. Avremo delle funzionalità aggiuntive per quelle scuole che vorranno dare ai propri ragazzi uno strumento d’eccellenza».
Ora che hai preso la maturità hai scelto di proseguire gli studi?
«Sì, studio informatica per la comunicazione digitale alla Statale di Milano. All’inizio ero indeciso, perché ero rimasto deluso dagli insegnamenti delle scuole superiori. Ma poi ho pensato che dovevo continuare».
La tua vecchia scuola usa ancora OnFire?
«Abbiamo abilitato tutte le scuole d’Italia tranne una, perché non ci ha aiutato per niente. Indovina qual è?»