Massimiliano Politano, Professore di Matematica Finanziaria e Processi Stocastici della Federico II di Napoli ci aiuta ad orientarci tra i numeri del Coronavirus
Cittadini fermi e attività economiche bloccate. Seppur temporaneamente, le norme di Infection Control & Prevention, che impongono un pacchetto di restrizioni, tra cui l’isolamento dei contatti, hanno d’un tratto radicalmente modificato il nostro approccio nei riguardi dell’altro e di quel che è fuori dalla porta di casa. Con esso cambia il nostro modo di relazionarci al tempo e al mondo del lavoro. Nel pieno di questo trauma (nel senso etimologico del termine) a resistere appare la certezza per cui le società occidentali -e non solo quello che fino a qualche settimana fa era l’altro mondo– ne usciranno profondamente diverse.
Inderogabile è una riflessione sul concetto di cooperazione internazionale, perché, caso mai ce ne fosse stato bisogno, il microscopico batterio ha spazzato ogni velleitario proclama “fai da te”, sostituendolo con il leit motiv (più calzante) “O ci salviamo tutti, o non ci salviamo” e, con essa, una impostazione geopolitica e finanziaria apparentemente globale, ma, alla prova dei fatti (e dei conti), assai provinciale. Fintanto che sopravviverà la possibilità che, in un qualsiasi angolo del pianeta, possa spuntare un focolaio, non potremmo pensare di esserne usciti in sicurezza. E mentre la parabola sanitaria si intreccia alle idiosincrasie tra domanda e offerta e le azioni inseguono gli stop and go delle borse da una parte all’altra dell’oceano, la statistica appare il collante ideale per fare sintesi tra la priorità della salute e la necessità di scongiurare un default economico. Stiamo familiarizzando con ascisse e ordinate, disquisiamo di tamponi e disinfettanti, alla ricerca di spiragli di ottimismo, in attesa del “liberi tutti”. Ad orientarci in un contesto tanto dinamico aiuta il parere di Massimiliano Politano, Professore di Matematica Finanziaria e Processi Stocastici presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche della Federico II di Napoli.
Quando potremo gradualmente tornare alla normalità?
La distribuzione dei contagi non dipende solo dal tempo, ma dal numero dei tamponi effettuati: per decifrare i dati, oltre all’asse delle ordinate, occorre guardare a quello delle ascisse, dove -non solo si misura il tempo- ma si cumulano i tamponi effettuati. Per una previsione affidabile, alziamo la guardia sui modelli in circolazione. La statistica mi suggerisce che le misure di contenimento varate dal governo ad inizio marzo, non possono avere effetto prima di 60/90 giorni.
I numeri riescono, ad oggi, a stimare i costi dell’epidemia, a livello mondiale?
Su un punto l’accordo è unanime: l’impatto del danno dipenderà dalle misure di contenimento adottate e dalla quantità di denaro destinata al sostegno dell’economia reale, su cui, al momento, i Paesi non sembrano allineati. Se vogliamo rifarci ad un ordine di grandezza verosimile, l’Agenzia delle Nazioni Unite per il Commercio e lo Sviluppo (Unctad) indica in almeno un trilione di dollari il costo della pandemia. Purtroppo, le stime da inizio anno sono state riviste al ribasso.
Restringendo lo sguardo a casa nostra…?
Fermi al box ci sono interi comparti produttivi, di parecchio peso sul nostro PIL, come il turismo ed il suo indotto, ma, soprattutto, scontiamo, dal punto di vista finanziario, un aspetto strutturale, ovvero l’entità di un debito pubblico che inevitabilmente amplifica le ricadute della crisi pandemica. Del resto, allo shock di domanda si tenta di dare risposta con provvedimenti di natura fiscale e monetaria, ma tali politiche hanno un immediato effetto sul debito pubblico.
In altri termini, ad ogni aumento di spesa corrisponde un aumento dei tassi di interesse sulle nuove emissioni di debito?
Esatto: secondo il Cerved la perdita per il biennio 2020/2021 si attesta sui 275 miliardi di euro, con una Expected Shortfall (previsione più pessimistica) pari addirittura a 671 miliardi.
Come correre al riparo?
Il rischio peggiore, ad oggi, è quello di temporeggiare, limitandosi a tamponare le falle. Durante l’epidemia è difficile rispondere al crollo dell’offerta. Come ho detto, tranne per i beni e servizi essenziali, l’economia è ferma. In alcuni settori si è potuto ricorrere allo smart working, ma molte imprese, e parte consistente della Pubblica Amministrazione, non sono preparate.
Mentre i cittadini come terranno le redini dei bilanci familiari?
Su questo nodo cruciale si misurerà la tenuta del paese. Se il finanziamento ingente destinato alle misure di sostegno e di emergenza dovesse accumularsi solo sul debito pubblico italiano, cosa in parte inevitabile, senza tempestivi e consistenti interventi europei, l’uscita dal tunnel per l’Italia sarà lunga, difficile e molto onerosa. Mi auguro e sono convinto che a Bruxelles sia forte la consapevolezza che tutti i Paesi europei vivranno una dura battuta d’arresto e che la caduta economica italiana genererebbe un pericolosissimo effetto domino per tutto il continente.
Alla BCE e all’UE spetta, a questo punto, fare le proprie valutazioni di merito e agire di conseguenza.
Penso che la BCE dovrebbe, anziché pompare indiscriminatamente denaro nel sistema, utilizzare lo stesso denaro in modo più profittevole, per la cancellazione di parte del debito pubblico dei singoli Stati, in proporzione al peso che essi hanno nell’area euro, prevedendo un massiccio programma di acquisto di titoli, così da mettere a riparo i singoli Paesi dalla speculazione. Come detto, ad ogni aumento di spesa corrisponde un proporzionale aumento del tasso all’emissione, proprio a causa dell’entità del debito. Per quanto riguarda l’organo politico, è ormai inevitabile l’adozione di misure non convenzionali, come, ad esempio, l’emissione di strumenti di debito comuni, che consentirebbero agli Stati membri la distribuzione diretta di aiuti a cittadini ed imprese. La crisi del 2008 insegna che aumentare indiscriminatamente la liquidità circolante nel sistema non aiuta l’economia reale. Sarebbe auspicabile che le risorse stanziate non fossero, questa volta, veicolate dal sistema bancario che spesso, per motivi prudenziali, è costretto a trattenerle, ma che andassero direttamente nelle tasche delle famiglie.
È chiaro che non è in discussione la permanenza dell’Italia in Europa, quanto l’effetto valanga che genererebbe la mancata tenuta dell’economia del nostro paese…
Certo. Dipenderà dalla consapevolezza delle istituzioni e dei governi europei della portata della crisi in corso e dell’opportunità -irripetibile- di rilanciare, con forza e credibilità, il progetto europeo. Ma, parimenti, a noi spetta il compito di rivedere la nostra concezione dell’UE, che non è una mensa che distribuisce pasti gratis, ma una casa comune a cui dobbiamo lo stesso rispetto che, da padri fondatori, pretendiamo.