La cosa più difficile era ottenere i permessi per realizzare le sue opere. “Avete idea di cosa può voler dire impacchettare il Reichstag? Convincere Mister Kohl e tutto il Bundestag?”
Christo, l’artista che impacchettava i monumenti, ha perso per un soffio, causa Corona virus, l’occasione di vedere a Parigi l’Arco di Trionfo impacchettato grazie a quello stile, a quella visione con cui ridisegnava completamente il paesaggio urbano e che lo ha reso un’icona nel mondo. È appena morto a New York, a 84 anni.
L’Italia incontrò e conobbe per davvero Christo Vladimirov Javacheff nell’estate del 2016, quando realizzò The Floating Piers, un tappeto di cubi fluttuanti lungo tre chilometri e largo sedici metri adagiato sul lago d’Iseo, che per 16 giorni attrasse moltitudini di visitatori eccitati di sperimentare l’incanto di camminare a pelo d’acqua. Chi ha avuto la fortuna di essere vicino a lui in quella occasione (io lo incontrai personalmente, il pomeriggio – una pioggerella incessante pungeva il lago – in cui i suoi ingegneri gettarono il primo modulo sul lago e lui mi regalò una lunga intervista) ricorda la cordialità, l’ironia e la meticolosità del suo racconto. Che era, in buona parte, lo svelamento dell’immenso lavoro diplomatico, finanziario e tecnico che tutte le sue opere necessariamente sottintendevano, sin dal primo edificio impacchettato, la Kunsthalle di Berna, nel 1968. Christo, era, in qualche modo anche un imprenditore tenace.
The Floating Piers, Lake Iseo, Italy, 2014-16 Photo: Wolfgang Volz
© Christo 2016
La difficoltà di ottenere i permessi
Mi disse che ottenere le autorizzazioni per installare le sue immense opere artificiali nel tessuto urbano era il lavoro di gran lunga più difficile. Era il 1970 quando cominciò a pensare a un lungo nastro fluttuante sull’acqua: mi raccontava che aveva cercato di realizzarlo prima sul Rio de la Plata, in Argentina ma, nonostante lunghissime contrattazioni dei suoi legali con le istituzioni, non era riuscito a ottenere i permessi. Venticinque anni dopo provò a Tokyo, ma anche lì le autorità si spaventarono. L’Italia disse sì 46 anni dopo che lui immaginò l’opera. Riuscì, Christo, nel ’95 a imballare con tonnellate di tessuto luminoso la più alta istituzione politica di Berlino. “Avete idea di cosa può voler dire ottenere i permessi per impacchettare il Reichstag? Convincere Mister Kohl e tutto il Bundestag? Costringerli a votare qualcosa che non esiste ancora, se non nell’immaginazione di un artista?”.
E del resto, nella sua visione le sue opere non coincidevano con il risultato finale, ma con l’intero, lungo processo della creazione, di cui faceva parte anche il reperimento del denaro per realizzarle (per intenderci, The Flooting Piers costò 15milioni di euro). “Non ho mai voluto ricorrere a finanziatori o chiedere il supporto degli sponsor, sebbene io conti sul lavoro di migliaia di individui regolarmente stipendiati, per non perdere la mia libertà. E del resto, il mio progetto artistico non presuppone che i visitatori paghino il biglietto, perché la mia arte vuole essere un’esperienza di bellezza godibile da tutti. Per rendere il mio lavoro sostenibile economicamente vendo i disegni delle opere che poi realizzo e lavoro con grosse banche che da tempo conoscono il valore di quanto realizzo”. Christo raccontava di aver messo a punto, negli anni, un modello efficacissimo per finanziare da sé il suo processo artistico. “Nel 2005, dopo che avevamo finito the Gates a Central Park (installò 7503 grandi porte in vinile, a ciascuna delle quali era fissato un telo arancione, lungo 37 km di percorsi nel parco) siamo stati contattati dalla Business School dell’Università di Harvard. Ci informavano che un team di docenti stavano studiando il caso di Bill Gates, di Steve Jobs e il mio”.
Le foto delle opere di Christo le potete vedere sul sito: https://christojeanneclaude.net/
L’arte è come la vita, non appartiene a nessuno
Le sue installazioni erano anche incredibili opere ingegneristiche. Per The Floating Piers furono utilizzati 200.000 cubi di polietilene, che vennero avvolti in 70.000 metri quadri di tessuto: ogni cubo era unito all’altro da spinotti, ogni 50 metri tre tiranti di 130 metri – due ai lati, uno al centro – aggrappati a 200 corpi-ancore di calcestruzzo del peso di 5 tonnellate ciascuno davano stabilità alla passerella, mentre fluttuava a pelo d’acqua, sorreggendo simultaneamente tonnellate di corpi in cammino. Un milione e mezzo di persone hanno percorso quel nastro sul lago. “Rimuoveremo ogni minimo elemento di The Floating Piers nel corso di tre mesi e lasceremo il lago d’Iseo intatto, come se non fossimo mai stati qui”, disse Christo. “Di questa grande opera, di questa esperienza rimarrà nelle persone solo il ricordo. L’arte è come la vita: è preziosa e non può appartenere a nessuno, neanche a chi la crea”.