La cultura maker sta sempre di più entrando nelle scuole: ne sono la dimostrazione i finanziamenti che il Piano per la scuola digitale ha messo a disposizione per atelier creativi e laboratori, e le molte realtà che stanno nascendo nel Paese
Tra poco compirà un anno il Piano Nazionale Scuola Digitale, che per la prima volta ha previsto nelle sue azioni finanziamenti cospicui per la didattica “laboratoriale”, cioè per implementare quegli spazi nella scuola dedicati alla pratica, all’applicazione e alla sperimentazione. Per la prima volta vengono previsti nella scuola luoghi dedicati all’innovazione e alla creatività, spazi dove poter sperimentare l’artigianato digitale, il serious play, e il tinkering. L’Indire, l’istituto Nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa, ha lanciato nel 2014 il progetto Maker@Scuola che monitora le esperienze che cercano di portare il movimento maker nelle scuole ed ha aperto il bando “Primaria 3D” per tutti gli istituti che sono interessati a portare nelle loro classi le attività tipiche dei fablab. Insomma, i concetti chiave della cultura maker stanno entrando sempre di più nelle scuole.
Ambienti digitali
Partiamo dagli ambienti digitali per la didattica. Previsti dall’azione numero 4 del Piano Nazionale scuola digitale, vengono intesi come ambienti distribuiti in tutto l’edificio scolastico e un bando dello scorso ottobre ha stanziato 140 milioni di euro. A questi, sono stati aggiunti lo scorso agosto ulteriori 2,7 milioni di euro per l’allargamento della graduatoria delle prime 5.938 scuole che hanno avuto l’accesso ai finanziamenti, per una media di 20 mila euro a istituto (qui le graduatorie). Come specifica a Startupitalia Donatella Solda-Kutzmann del Gabinetto del Ministro, il finanziamento non è per una singola aula 2.0 o una tecnologia, ma è inteso per “abilitare tutta la scuola ad un approccio digitale”. Per ambienti digitali il ministero intende: spazi alternativi per l’apprendimento, laboratori mobili, aule “aumentate” dalla tecnologia e postazioni informatiche per l’accesso del personale e dell’utenza ai dati della scuola. Gli spazi alternativi sono ambienti più grandi delle aule tradizionali pensati per accogliere attività aperte a più classi, con arredi e tecnologie che permettano la rimodulazione continua degli spazi in coerenza con l’attività didattica prescelta. Per laboratori mobili si intendono dispositivi e strumenti in carrelli e box mobili, a disposizione di tutta la scuola, che possono trasformare un’aula “normale” in uno spazio multimediale e di interazione. Le aule “aumentate” sono aule tradizionali arricchite da dispositivi per il collegamento web. Le postazioni informatiche per il personale, infine, comprendono schermi, video proiettori per le informazioni, postazioni pc, dispositivi mobili e colonnine per la registrazione delle presenze.
Laboratori territoriali e atelier
L’azione numero 7 del Piano Nazionale prevede il finanziamento di laboratori territoriali, atelier creativi e laboratori professionalizzanti. I primi sono intesi come laboratori per l’occupabilità e il contrasto al fenomeno dei Neet. Sono descritti come “spazi dall’alto profilo innovativo a disposizione di più scuole del territorio, dove sviluppare pratiche didattiche avanzate in sinergia con le politiche locali per il lavoro e le imprese”. Le scuole che sono state selezionate per ricevere i finanziamenti e costituire laboratori territoriali sono 58: riceveranno 750 mila euro ognuna, per un totale di 45 milioni di investimento.
Gli atelier creativi sono invece spazi innovativi nelle scuole elementari e medie “dove sviluppare il punto d’incontro tra manualità, artigianato, creatività e tecnologie” come si legge nel Piano. Sono quanto di più simile a un fablab. Dal ministero fanno sapere che sono al lavoro per stilare la graduatoria delle 1860 scuole che si aggiudicheranno i finanziamenti per la costituzione degli atelier creativi, per i quali ci sono, in tutto, 28 milioni di euro a disposizione (per una media di 15 mila euro a scuola). Il bando per i laboratori professionalizzanti in chiave digitale, infine, verrà pubblicato entro la fine del 2016.
Il progetto di Indire per portare i maker a scuola
L’Indire ha lanciato il progetto Maker@Scuola per associare il movimento maker a percorsi didattici definiti. “Stiamo lavorando con 8 scuole dell’infanzia e 30 primarie: l’obiettivo è far in modo che il fablab entri nella scuola” dice Lorenzo Logu Guasti, ricercatore dell’Indire. “Sono scuole da tutta Italia che hanno aderito al bando Primaria 3D. Apriremo un portale dove forniremo tutti i compiti per offrire agli studenti un percorso di apprendimento con le stampanti 3D. Non sono compiti a caso, c’è dietro un metodo, che porta i ragazzi a progettare, produrre e poi riflettere la qualità sull’oggetto ottenuto. Il nostro marchio di fabbrica è think, make, improve”. Le attività proposte dal progetto dell’Indire sono del tutto assimilabili a quelle di un normale fablab, “ma si svolgono nell’ambiente protetto della scuola, dove ci sono gli insegnanti che seguono gli studenti con un’ottica sempre e comunque scolastica” specifica Logu Guasti. L’idea che sta alla base del progetto triennale di ricerca è dell’Istituto è “creare un modello formativo che poi altre scuole possano seguire”.
Fablab e crowdfunding
Fablab a scuola è il progetto di Fondazione Nord-est per portare i fablab negli istituti scolastici attraverso il crowdfunding. Ogni scuola, sul portale della fondazione, può attivare una campagna di raccolta fondi online che sarà gestita direttamente dagli studenti: definiranno loro la cifra da raccogliere in base alle tecnologie che riterranno utili. A Roma, invece, sono stati direttamente i maker a entrare nella scuola. L’organizzazione Roma Makers, infatti, ha aperto lo scorso dicembre all’Istituto Rosmini un fablab con stampanti 3D, frese, maschere e timbri di ogni tipo.