È il giugno del 1834, Charles Goodyear passeggia per le strade di New York quando entra in un negozio con l’intenzione di acquistare un salvagente. Esaminando attentamente i tubi con cui venivano gonfiati, si rese conto che il prodotto poteva essere migliorato. Come? Sfruttando il potere della gomma. Goodyear era ossessionato da questo nuovo materiale.
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Compra il salvagente, torna a Philadelphia e, mesi e numerosi esperimenti dopo, ritorna nel negozio – di proprietà dell’azienda Roxbury India Rubber Company – per presentare la sua valvola ermetica in gomma. Il direttore del negozio apprezzò la sua idea. Rimase talmente colpito dalla sua intraprendenza da rivelargli, in via confidenziale, dei problemi che affliggevano il settore della gomma che era sull’orlo del fallimento.
La febbre della gomma che aveva investito l’America nei primi anni del 1800 era scomparsa. La Roxbury Company aveva prodotto una grande quantità di scarpe e altri articoli in gomma tra il 1833 e il 1834. Li aveva venduti ottenendo dei buoni guadagni. Ma nell’estate successiva la maggior parte dei prodotti si era sciolta e 20 mila dollari di merce in condizioni pessime erano stati restituiti loro. La merce era decomposta ed emanava un odore disgustoso. Per dare manforte alle sue parole, il direttore condusse Goodyear in un magazzino. C’erano file di scaffali contenenti mucchi di prodotti deformi. Non era possibile distinguere gli oggetti perché erano attaccati uno con l’altro. La stanza era pungente e maleodorante.
Charles Goodyear e l’enigma della gomma
Goodyear era sempre stato affascinato dalla gomma. Non aveva bisogno di particolari incoraggiamenti per buttarsi a capo fitto sul problema pur non avendo alcuna competenza in chimica. Per risolvere quello che lo stesso chiamava riddle of rubber avrebbe messo in gioco la sua intera esistenza. È in questo momento infatti che ha inizio un lungo periodo di sperimentazione, determinazione e perseveranza che porterà Goodyear a scoprire accidentalmente il processo di vulcanizzazione senza mai comprendere il segreto della stabilità finanziaria.
Inizialmente Goodyear condusse una frenetica serie di esperimenti e di errori in laboratori improvvisati. Mescolava sostanze chimiche e gomma grezza in pentole e padelle della sua cucina e in quella della prigione, dove trascorse molte notti per non aver saldato i creditori della sua precedente azienda. Aggiungeva alla gomma naturale tutto ciò che trovava: amamelide, olio di ricino, inchiostro, magnesio. Stendeva il composto su una lastra di marmo con un mattarello. Mescolava e inalava miscele tossiche, tra cui acido nitrico, calce e trementina. Non c’era modo di fermarlo. «Mio padre stava seduto ore dopo ore, lavorando la gomma con le mani», ricorderà sua figlia.
Grazie all’aiuto disinteressato offerto da un conoscente, fu in grado di iniziare la produzione su piccola scala e «a produrre qualche centinaio di paia di scarpe dai tessuti incisi». Nell’autunno del 1835, ottenne due medaglie alla fiera dei Mechanics e quella dell’American Institutes per le sue lastre di gomma. Ma il prodotto presentava ancora degli inconvenienti.
Per pagare i suoi esperimenti vendette gli arredi della sua famiglia e, persino, i libri dei suoi figli che gli fruttarono la modesta somma di cinque dollari. E quando non aveva nulla da vendere, mendicava per strada. «Ha risparmiato un set di tazze da tè di porcellana, non per sentimento ma perché potevano essere usate la sera come ciotole per mescolare gomma e trementina», ha scritto il biografo Slack.
La forza di perseverare
Nel 1836, durante uno dei suoi esperimenti, rischiò di essere soffocato a causa del gas che si era propagato in una stanza chiusa. Sarà un eminente medico praticante, il Dottor J. Bradshaw, a curarlo. Affascinato dai suoi esperimenti, il Dottore gli espresse l’intenzione di portare con sé dei campioni in Inghilterra, con l’intento di avviare accordi commerciali per conto suo. Goodyear gli consegnò una piccola selezione di campioni di drappeggi in gomma elastica.
L’accordo era che se l’invenzione si fosse dimostrata utile, sarebbe stata data una generosa ricompensa. L’anno dopo un tale Mr. Hancock ottenne il brevetto inglese grazie a quei campioni, senza comunicare nulla al legittimo proprietario dell’idea. Goodyear dirà in seguito: «questo potrebbe essere corretto secondo le leggi britanniche sui brevetti, ma non risponde alle idee di giustizia dell’inventore».
Nell’autunno dello stesso anno, ottenne altri riconoscimenti in diversi concorsi, uno dei quali per l’applicazione della gomma elastica alla stampa. Quando le cose sembravano migliorare, una nuova battuta d’arresto era dietro l’angolo. Era fermo nell’intenzione di voler avviare la produzione di prodotti in gomma. Un imprenditore si impegnò ad aiutarlo rilevando una grande fabbrica abbandonata situata a Staten Island. Lui prese in affitto un grande magazzino a Broadway, in previsione della vendita della merce. Ma anche questo progetto fallì. All’epoca il fallimento «fu erroneamente attribuito alla sfortunata attività della gomma elastica e alla mancanza di merito nell’innovazione, anziché alla vera causa». La causa vera era il panico finanziario del 1837 che travolse l’imprenditore e l’inventore.
Si ritrovò di nuovo senza risorse o mezzi di sussistenza. Il posto che più frequentava era il banco dei pegni che definiva il «rifugio dei senza amici e dei bisognosi». Ma anche questa ennesima crisi economica non interferì con i suoi piani. Un entusiasmo vano e folle lo avvolgeva nonostante «avessi la sensazione di essere corteggiato dalla sfortuna». Inventò un nuovo metodo di costruzione delle scarpe, per il quale ottenne un brevetto che cedette a un imprenditore; così come cedette due licenze, una per la copertura di pianoforti e tovaglie e un’altra per la copertura per carrozze.
Si trasferì nel Massachusetts per essere vicino alle fabbriche di gomma che erano sorte in città. Si fece assumere alla Eagle India Rubber Company per continuare i suoi esperimenti. E proprio da uno dei capi reparto che Goodyear ricevette la prima conoscenza sull’uso dello zolfo come essiccante per la gomma elastica. Da lui acquisì il diritto di combinare lo zolfo con il caucciù naturale, per il quale ottenne un brevetto nel febbraio del 1839 e che gli garantì una certa sicurezza economica per qualche tempo.
Mente preparata e spirito di osservazione
Un giorno ricevette un ordine dal governo americano per una considerevole quantità di sacchi postali. Se i sacchi postali fossero risultati soddisfacenti, avrebbe ottenuto finalmente il riconoscimento pubblico per la sua innovazione. Goodyear aveva scoperto, in modo «non lineare» e seguendo il «suggerimento fatto dalla circostanza», che l’acido nitrico, unito ad altri gas, levigava la gomma e la rendeva meno appiccicosa. Questo processo lo aveva ben testato per cui accettò la richiesta di produzione di sacchi postali.
L’inventore non aveva però fatto in conti con la recente abitudine di abbellire i tessuti con una varietà di colori. Alcuni di questi furono usati nei sacchi postali con l’intenzione di conferire loro un bel colore simile alla pelle. Ma il risultato fu disastroso. I sacchi si decomponevano a causa dei coloranti nocivi. E le conseguenze furono più ampie di quanto potesse immaginare. Sebbene il «presunto fallimento dell’invenzione era dovuto ai materiali coloranti usati (…) non cercai di ribaltare il giudizio dell’opinione pubblica, perché era necessario affrontare i mali della sfortuna prima di avere l’opportunità di far conoscere i veri meriti dell’innovazione». Ogni cosa che possedeva fu portata all’asta per saldare i debiti.
Come ebbe a scrivere «non ebbi quasi il tempo di realizzare l’entità del mio imbarazzo prima di impegnarmi intensamente in un altro esperimento con la mente piena di nuove speranze e aspettative». Secondo Goodyear, ad aiutarlo nella scoperta del processo di vulcanizzazione sarò proprio questo sfortunato episodio. Nel 1839 in una fabbrica a Woburn, nel Massachusetts, fece alcuni esperimenti per determinare l’effetto del calore sul composto che aveva deteriorato i sacchi postali. Era impegnato nella sua solita discussione sul suo lavoro davanti al fratello e agli amici, e nel fare un rapido gesto, una parte del composto entrò accidentalmente in contatto con una stufa calda. Nessuno comprese la portata di quello che stava accadendo, se non Charles.
È da questo fortuito incidente che prende avvio il processo di vulcanizzazione in onore di Vulcano, il dio romano del fuoco. Procedimento chimico che ha rivoluzionato l’industria della gomma e che ancora oggi viene utilizzato per la produzione di una vasta gamma di prodotti. Proseguì le sue indagini e condusse altri esperimenti per alcuni mesi completamente da solo, fino a quando non ottenne il risultato desiderato. Ma dovette attendere altri due anni, e altre alterne (s)fortune, prima di riuscire a convincere qualcuno del carattere innovativo della scoperta.
Speranza è fiducia nelle proprie capacità
Nel 1844 brevettò il processo di quello che lo stesso Charles chiamava ora «vegetable leather» ora «elastic metal», l’anno dopo aver fondato la Naugatuck India-Rubber Company. Trascorse il resto della sua vita coinvolto in cause legali sui brevetti. Alla Grande Esposizione del 1851, si indebitò pesantemente per finanziare una Corte di Vulcanite: una suite completa di camere, con tetto, pareti, mobili, tappeti e tendaggi tutti realizzati in gomma. Sei milioni di persone visitarono la sua Corte. Imprigionato a Parigi per 16 giorni nel 1855 per il mancato pagamento di debiti, ricevette la Croce della Legion d’Onore dall’imperatore francese Napoleone III mentre era in prigione.
Charles avrebbe avuto più di una ragione per accantonare i suoi obiettivi, far tacere il suo spirito e le sue doti da inventore. La sua intera vita è stata costellata di difficoltà scoraggianti anche per un mindset iper dinamico: una successione di eventi singolari e apparentemente frustranti, ma costanti lungo tutto il percorso. Ma era consapevole che il lavoro dell’inventore, che aveva scelto di fare perché era «adatto alle mie capacità e in armonia con i miei desideri (…) inizia, continua e si conclude nella necessità».
Nonostante tutto «le mie speranze furono raramente deprimenti per un momento; le mie previsioni di successo finale non cambiarono mai». Muore il primo di luglio del 1860 a New York lasciando agli eredi 200mila dollari di debiti. Nel 1898 Frank Seiberling fonda un’azienda di pneumatici a cui darà il nome dell’uomo che-grazie alla sua determinazione, perseveranza e abilità-rivoluzionò l’industria della gomma.
Le 3 regole d’oro
Le tre regole le ricaviamo dalle stesse parole Goodyear. La prima è insistere con gli esperimenti in cui il valore dell’idea è maggiore della difficoltà di trovare capitali. La seconda è essere sempre preparati perché la fortuna favorisce chi ha una mente allenata, occhi che osservano attentamente e uno spirito disciplinato dalle avversità.
La terza è perseverare. Goodyear fu incoraggiato e sostenuto nei suoi sforzi dalla «riflessione che ciò che non può essere scoperto dalla ricerca scientifica, probabilmente verrà scoperto per caso da parte dell’uomo che si applica in modo più perseverante degli altri».
E voi che lezione avete appreso? Se volete raccontarmi la vostra storia di fallimenti e lezioni apprese, scrivetemi qui: redazione -chiocciola – startupitalia.eu