Secondo il rapporto “Formazione e lavoro: la situazione in Italia” di Enzima12, nel nostro Paese a partecipare ad attività formative è il 39,3% della popolazione adulta, di cui il 17,1% tra i 25-34 anni, il 9,8% dai 35 ai 44 e l’8,7% dai 45 ai 64 anni. Veneto, Friuli Venezia Giulia, Trentino sono le regioni in cui si fa più formazione. A seguire, Valle D’Aosta, Umbria, Lombardia ed Emilia Romagna, Piemonte, Sardegna e Liguria.
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I risultati del report
Dal report emerge che i livelli di partecipazione formativa degli italiani sono leggermente peggiorati rispetto agli anni precedenti. A influire su questi ci sono diversi fattori, tra cui l’età e la scolarizzazione. L’Italia è al diciottesimo posto in Europa, davanti a Repubblica Ceca, Lituania, Ungheria, Polonia e Romania. Nel Belpaese, la propensione a realizzare interventi formativi cresce all’aumentare della dimensione aziendale: le piccole e medie imprese spesso non hanno la capacità di offrire opportunità di formazione ai propri dipendenti e si stima che l’11% degli adulti che lavorano in aziende con 10-49 dipendenti partecipano ad attività di istruzione e formazione non formale legate al lavoro, percentuale che sale al 13% tra quelle delle imprese con 50-249 addetti e al 15% per quelle con più di 249 addetti. Tra le aziende che fanno più formazione spiccano le imprese attive nei settori delle public utilities (energia elettrica, gas, acqua, ambiente) con il 64,2%, seguite dalle costruzioni (57,4%), dai servizi per le imprese (55,7%), servizi alle persone (54,1%) e dall’industria manifatturiera (52,6%). In aumento anche le “imprese formative” nell’ambito del turismo (39,1%). Le aziende che hanno realizzato più attività formative sono situate in prevalenza in Veneto, con il 28,4%, a pari merito con il Friuli Venezia Giulia con il 28,4%, e il Trentino Alto Adige con il 27,2%. A seguire, Valle D’Aosta (26,3%), Umbria (25,5%), Lombardia (25,3%), Emilia Romagna (25,2%), Piemonte (24,6%), Sardegna (23,0%), Liguria (22,4%). Ma qual è la ragione principale per cui non si fa formazione? Nel 72,3% dei casi, la motivazione che viene attribuita è «il personale non necessità di ulteriore formazione». Ad oggi, il 40% delle imprese italiane ha colto la pandemia come un’opportunità per investire nel digitale, contro il 46% della media europea, percentuale per cui l’Italia si piazza al diciottesimo posto tra i paesi UE per digitalizzazione. Si stima che nel 2022 le aziende che non hanno investito nel digitale rappresentino il 30,4%, percentuale ancora molto alta se si considera che tra il 2017 e il 2021 costituiva il 31,5%. Le imprese che hanno investito maggiormente nella transizione appartengono al settore delle industrie chimiche e farmaceutiche (87,5%), seguono i servizi finanziari e assicurativi (86%), l’istruzione e i servizi formativi privati (84%), i servizi informatici e delle telecomunicazioni (84%), e i servizi avanzati di supporto alle imprese (83%).