La pandemia ha cambiato tante cose. Una di queste è la modalità con cui le persone si formano. Per inquadrare l’ecosistema globale, la rivista TIME ha pubblicato la classifica delle World’s Top EdTech Companies 2024: nelle tabelle che potete vedere a questo link è possibile scorrere i nomi di 250 aziende attive in tutto il mondo, dagli Stati Uniti alla Cina, dall’India al Brasile, passando per qualche isolato caso europeo. Quante sono peraltro le italiane?
Soltanto due: Talent Garden, in 56esima posizione, e Docsity, in 174esima. Nella lista si trovano aziende già strutturate – la prima, Emeritus, ha sede a Singapore e ha un fatturato annuo di 400 milioni di dollari -, ma c’è spazio anche per le startup emergenti. Tra le World’s Top EdTech Rising Stars of 2024 – 15 in tutto – compare un’altra italiana: 4books.
Un mercato globale da 185 miliardi
Prima di andare ad analizzare il comparto edtech globale fatto emergere da questo ranking pubblicato dal TIME, capiamo come è stata impostata la classica e quali criteri ha seguito. Come si legge nella descrizione del progetto, la lista si basa su una formula che valuta la solidità finanziaria e l’impatto del settore. Qual è dunque il primo elemento che emerge da questa fotografia? L’online learning è un trend destinato a crescere.
Tra le prime 15 società edtech che compaiono nella classifica del TIME nove offrono infatti servizi di online learning. Il mercato globale dell’online education (in cui è compreso anche il settore universitario), secondo Statista, registrerà entrare superiori a 185 miliardi di dollari nel 2024. Se ci affidiamo poi alle previsioni entro fine decennio il giro d’affari sfiorerà i 280 miliardi. Siamo dunque in una fase di espansione, ma con già evidenze su quali sono i Paesi più attrezzati.
Nella classifica stilata dal TIME un terzo delle aziende presenti nella lista di 250 imprese edtech battono bandiera USA; il 10% delle aziende è cinese, e l’unica realtà europea a vantare una rappresentanza degna di essere comunicata con percentuali è la Gran Bretagna (oltre il 6%). Paesi che tutto sommato ritroviamo spesso quando trattiamo di innovazione. Nella cartina dell’edtech globale ci sono però altri contesti internazionali che si stanno facendo notare.
Come è messa l’Italia nell’edtech
Ad esempio, il Brasile. Nel top 10 del TIME il Paese sudamericano vanta due società: sono Afya, specializzata in corsi di medicina, e Vitru Education che si rivolge a una platea di matricole e laureati composta da quasi 1 milione di persone, a cui fornisce i propri corsi online. Quale può essere il motivo del successo di queste iniziative? La rivista cita i numeri secondo cui appena il 57% della popolazione tra i 25 e i 64 anni ha completato le scuole superiori in Brasile (la media OCSE è del 79%). Di fronte a questa esigenza di apprendimento e istruzione anche il comparto privato può fare la sua parte.
L’Italia come anticipato insegue da lontano i primi della classe, con giusto un paio di aziende edtech rilevate dal ranking del TIME. Questo non significa che il comparto non sia in crescita: di recente su StartupItalia avete letto del round da 14 milioni di euro di Futura, una delle operazioni più importanti mai chiuse nel settore in Italia. Negli anni si sono poi posizionati importanti player europei, per lanciare iniziative in grado di accelerare business nel nostro Paese. «Orgoglioso di Docsity e di rappresentare l’Italia in questa importante classifica del TIME assieme a una grande azienda italiana come Talent Garden»., ha scritto su LinkedIn il founder Riccardo Ocleppo, a guida di una delle due realtà comparse nel ranking.
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Stando ai dati dell’Osservatorio EdTech della School of Management del Politecnico di Milano il fatturato complessivo delle startup e aziende italiane attive nel verticale ha raggiunto i 2,8 miliardi di euro nel 2022 (+26% rispetto all’anno precedente). La crescita sostenuta degli ultimi anni è senz’altro frutto delle lezioni apprese durante la pandemia. In Italia pesa parecchio la sezione dell’istruzione scolastica: il 40% del mercato riguarda il segmento delle scuole primarie e secondarie.
Rispetto al settore è importante sottolineare i ritardi che il Paese sconta in merito alla formazione aziendale. La maggior parte di società e manager è infatti convinta che seguire e formare dipendenti e collaboratori sia un modo per farli crescere (e trattenerli). Eppure solo il 35% delle organizzazioni ha inserito i piani formativi nei piani strategici aziendali.
Così ci raccontava Davide Dattoli di Talent Garden in un’intervista in cui presentava il suo libro Sapere è potere, incentrato proprio su queste tematiche: «Siamo figli di un’epoca in cui è stato bello fare il liceo e l’università per sentirci dire che saremmo stati a posto per tutto il resto della vita. In Danimarca, dove Talent Garden è presente come ente certificato dal Governo, se cambi lavoro allora per legge devi prenderti due settimane per formarti».