Chi saprebbe dire perché il venerdì 17 – è oggi, per l’esattezza – dovrebbe portare sfortuna? Dicerie, bufale, fake news funzionano per tanti motivi, ma il più importante è situato nella nostra mente. «Sono meccanismi che non si possono cambiare: quel che puoi fare è renderli espliciti, far capire che esistono. Solo le persone più curiose e attente, disposte a conoscere, fanno la differenza. Da loro riesci a farti ascoltare, ma perché decidono di mettersi in gioco». Divulgatore scientifico per anni a Superquark al fianco di Piero Angela, Massimo Polidoro conosce la materia da decenni. Nel celebre programma di approfondimento scientifico curava la rubrica “Psicologia delle bufale”. «Ogni settimana era come un pretesto per far capire i meccanismi. Facevamo divulgazione su come la nostra mente è portata credere certe cose».
La storia di Massimo Polidoro
La fortuna bisogna anche crearsela, uscendo dalla zona di comfort. Prima dei vent’anni Massimo Polidoro era già un grande appassionato del lavoro di Piero Angela. A colpirlo del suo approccio non era soltanto il metodo in tv, ma anche i libri che scriveva. «Viaggio nel mondo del paranormale mi era piaciuto talmente tanto che, a 18 anni, decisi di scrivergli. Nel testo spiega il metodo scientifico, argomento che mi appassionava molto».
Quasi inutile (ma lo facciamo comunque) sottolineare lo stile di un galantuomo come Piero Angela, riconfermato nell’episodio che ha cambiato la vita di Massimo Polidoro. «Mi rispose con grande gentilezza, proponendomi di conoscerlo di persona». Caso vuole che in quel periodo, a Roma, ci fosse anche James Randi, uno dei più importanti indagatori di misteri di tutti i tempi, di cui ancora non sapeva sarebbe divenuto allievo.
«Passammo insieme alcuni giorni a Roma, e alla fine mi fecero la proposta: andare con Randi negli Stati Uniti così poi da ritornare in Italia e fondare un comitato sulla pseudoscienza, all’epoca assente. Era un sogno per me». Ma non è tutto: andare all’estero un anno per un’esperienza di quel tipo aveva un valore inestimabile, ma evidentemente anche un costo per un ragazzo neppure ventenne. «Piero Angelo mi ha dato una borsa di studio, di tasca sua. Gli interessava investire sui ragazzi e sulle persone. Una visione davvero d’altri tempi».
Squadra antibufale
Nel 1989 Massimo Polidoro ha così preso parte alla fondazione del CICAP ( il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sulle pseudoscienze). Lo ha fatto insieme a Piero Angela, Margherita Hack, Rita Levi Montalcini, Umberto Eco, Silvio Garattini, Umberto Veronesi e molti altri. Un progetto che continua ancora, in qualità di segretario nazionale.
In un’epoca dominata dai social, la piazza che detta spesso l’agenda e il dibattito, come ci si può confrontare con il costante rischio di inciampare in una bufala? «Le teorie del complotto sui social attecchiscono perché fanno leva su pregiudizi e convinzioni che ciascuno ha. Sono meccanismi basilari della nostra natura. Chi li sa sfruttare riesce a convincere».
L’obiezione che i critici fanno ogni volta contro chi cerca di indagare e smascherare le bufale è che il pregiudizio stia anche nell’approccio del debunker. «In realtà la mia premessa non è mai stata quella di smontare una bufale. Altrimenti avrei già deciso in partenza cosa lo è e cosa non lo è. Lo spirito è diverso: vediamo cosa c’è di vero in questa particolare storia, indaghiamo su queste caratteristiche sospette».
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Come in un thriller
Un lavoro che richiede dunque molta umiltà e un continuo mettersi in discussione, come spiega l’autore nel suo ultimo libro Sherlock Holmes e l’arte del ragionamento, edito da Feltrinelli. «Bisogna risalire ai fatti, più vicini possibili a come è andata la storia, ai documenti». Circostanza decisamente più scomoda rispetto all’allettante e comoda sensazione che si prova di fronte a una storia costruita ad arte che conferma le nostre idee. «Quando senti il racconto di un cospirazionista, è avvincente, proprio come un thriller. Ti senti nel dietro le quinte».
Questo ovviamente non significa che i complotti e i segreti non esistano, ma quello che cercano di trasmettere da decenni Massimo Polidoro e la squadra di allievi di Piero Angela è che fake news e bufale sono molto più comode da gestire rispetto al lavoro di ricerca. «Prendiamo la bufala secondo cui non saremmo mai stati sulla Luna. Alcuni dicono che nei filmati le ombre non coincidono, come se fosse tutto stato girato su un set. Come si risponde a tutto questo? Anzitutto va considerato che non c’è soltanto la luce del sole, ma anche quella della superfice lunare».
E che dire dell’intelligenza artificiale? Ormai i software per ricreare audio, video e immagini sono al limite del realismo, potenti armi di distrazione perfette per inquinare il dibattito pubblico. Massimo Polidoro ha però una visione meno pessimista. «In passato non c’era l’AI, eppure le persone credevano comunque alla foto evidentemente taroccata. Quante immagini ridicole abbiamo visto sugli UFO? E le persone ci hanno creduto anche se non erano verosimili. Per molti basta davvero un appiglio».
Si può smettere di credere alle bufale?
Dalla chiacchierata con Massimo Polidoro si apprende peraltro un altro aspetto che riguarda tutti: nessuno è immune. Chiunque, a partire dalle persone sulla carta più preparate, rischia di inciampare e di credere a una menzogna letta online. «Col passar del tempo il mio interesse si è spostato sul capire perché crediamo a certe cose. Dopo la laurea in psicologia, ho proseguito lo studio sui meccanismi mentali per comprendere come funziona il cervello». Il verdetto? «Facciamo divulgazione non perché le persone a un certo punto possano dire che cadranno più nella trappola delle bufale. Ma per far capire che la nostra mente non è infallibile».
Va infine considerato che di fronte a un pubblico di potenziali creduloni si è formato nei decenni un mercato, soprattutto su internet. Le hanno chiamate fabbriche di fake news. «Si fa guerra non convenzionale in questo modo, creando disinformazione per alimentare conflitto e polarizzazione. Durante il 2016, prima di Brexit, è emerso un business creato ad hoc. Siti che nell’est Europa producevano notizie palesemente false». Ma non per favorire una o l’altra parte, ha precisato Massimo Polidoro. «Producevano news false contro o a favore di tutti i candidati. Come startup di bufale, con il semplice obiettivo di monetizzare sui clic».