Edoardo Lombardi Vallauri, docente di Linguistica generale all’Università Roma Tre, ha appena scritto per Il Mulino “Non capire il Giappone”, un divertente e ironico diario di viaggio tra Tokyo e dintorni. E a StartupItalia assicura: «Non comprenderemo mai i giapponesi: là tutti remano nella stessa direzione, in Italia pensiamo solo a noi stessi»
Italiani e giapponesi si annusano, si stanno vicendevolmente simpatici, i giapponesi stravedono per il nostro Paese e da diverso tempo pure gli italiani (soprattutto i Millennials, cresciuti tra anime, manga e videogame) hanno iniziato ad amare il Giappone. Ma non si capiranno mai. Siamo due culture agli antipodi. Lo metteva involontariamente in risalto, qualche giorno fa, una news di SkyTg24: “Giappone, treno in ritardo di 30 secondi per un gatto a bordo: l’episodio diventa un caso”. Sui social un nostro connazionale commentava: “In Italia quel gatto ora sarebbe capotreno”. Con la medesima ironia prova a darci la sua visione del Giappone Edoardo Lombardi Vallauri, docente di Linguistica generale all’Università Roma Tre, che per Il Mulino ha appena scritto Non capire il Giappone.
«Ho iniziato ad andare regolarmente in Giappone a partire dal 1994», racconta a StartupItalia Lobardi Vallauri. «All’epoca, e per diverso tempo, è stato letteralmente il Paese del futuro: ci trovavi cose che qui in Italia non esistevano, come la tecnologia miniaturizzata, i treni iper veloci, tantissimi oggetti usa-e-getta…» «Devo dire – ammette il docente – che nell’ultimo periodo abbiamo recuperato parte del divario tecnologico: è difficile che un italiano che arriva a Tokyo per la prima volta si stupisca come poteva capitare a me vedendo in un taxi un sistema di navigazione a GPS: a restare avveniristica, rispetto a noi, è la disciplina collettiva e lì non credo li raggiungeremo mai».
«Uno degli aspetti che ancora oggi mi sorprendono è che la cura per il prossimo in Giappone è tale – prosegue Lombardi Vallauri – che traslata nel rapporto azienda – utente non esistono oggetti di cattiva qualità in commercio: da noi compri una maglietta in un discount e ti aspetti che al primo lavaggio cambi forma e colori, là non succede. Poi, intendiamoci, i giapponesi possono essere ‘scorretti’ esattamente quanto noi italiani, ma almeno all’apparenza la qualità deve essere ottimale». L’attenzione per l’estetica, insomma, sembra innata in questo popolo che, fin dai tempi antichi, sembra votato alla grazia e alla bellezza, capace ancora oggi di fermarsi ad ammirare sbocciare i ciliegi o per vedere le foglie ingiallite cadere dai rami: feste nazionali seguite persino dalla televisione. Un’altra cosa del Giappone che, probabilmente, noi italiani non capiremo mai.
Una mentalità, quella nipponica, «che privilegia la collettività rispetto all’individuo», scandisce Lombardi Vallauri. «Nel libro racconto di un giapponese che, fieramente, trascorre le sue giornate staccando i chewing gum lasciati probabilmente dai turisti, perché è difficile che un giapponese danneggi la proprietà pubblica, dalla metropolitana: lo fa e si sente parte del sistema. Da noi ci si nasconderebbe per non farlo». Una società fatta da 125 milioni di api operaie, insomma, che sciamano ordinatamente per far funzionare il sistema, un tempo sorretto da un imperatore divinizzato, oggi dal mercato: «Sempre in metropolitana, la gente si dispone nelle carrozze le cui aperture sono più vicine alla propria uscita: così non solo si è più veloci, ma si crea meno ressa». E l’italiano in questo è sempre un cattivo maestro: «Al semaforo pedonale il giapponese resta immobile finché non scatta il verde, anche se la strada è sgombra. Ma se tu passi col rosso, allora potresti vedere che qualche altro pedone s’arrischia a seguirti…»
Forse nemmeno leggendo Non capire il Giappone di Edoardo Lombardi Vallauri capiremo qualcosa in più sui figli del Sol Levante, ma almeno avremo l’occasione di scardinare alcuni luoghi comuni: «Nell’immaginario collettivo è un arcipelago inquinatissimo, coperto da asfalto e cemento, ma nella realtà ci sono molti più luoghi in cui la natura è rimasta vergine che in Italia: spiagge incontaminate e boschi a perdita d’occhio», continua il nostro “man in Japan” (l’interesse per il Giappone è tale che Amazon Prime ha prodotto una serie con James May, Our man in Japan appunto). Sono tanti i dati che ci dicono che italiani e giapponesi potrebbero essere molto più simili di quanto non credano: una storia analoga fatta di potentati e signorie, un lunghissimo e litigiosissimo medioevo, ma anche una popolazione demograficamente affine, tra le più vecchie al mondo che comporta livelli di denatalità preoccupanti. Chissà se allora guarderemo oltre la cortina di petali di crisantemo per capire come il Giappone affronta le sfide del futuro. Nel mentre, possiamo coglierne le curiosità e gli aspetti più assurdi sottolineati con una ironia a dir poco british nel diario di viaggio (con tanto di fotografie annesse, alcune le abbiamo usate in questo articolo) di Edoardo Lombardi Vallauri.