Ivrea, 2001. Tra le mura della storica azienda Olivetti, nella “Casa Blu” progettata dall’architetto Edoardo Vittoria per Adriano Olivetti, prende forma una nuova scuola. Che non è soltanto una struttura, ma molto di più. Qui, per la prima volta nel mondo, si studia Interaction Design, disciplina ancora poco conosciuta che ha reso possibili servizi come il car sharing o i pagamenti tramite app. Alcuni tra gli ex alunni dell’Interaction Design Institute di Ivrea sono arrivati ai vertici di aziende tech più importanti del mondo come IBM. Questo nuova puntata del nostro appuntamento del giovedì con il Viaggio in Italia è itinerante. E parte da Ivrea per spostarsi oltreconfine, a Copenaghen, e tornare in Italia, a Bergamo, nell’ex Monastero di Astino dove, tra qualche mese, si apriranno, per la prima volta, le porte dell‘Institute of Interaction Design (CIID) grazie a un accordo tra l’istituto di Copenaghen e Intesa Sanpaolo e al sostegno di Fondazione MIA. Ma perché proprio Bergamo? E quali sono state le tappe che oggi ci portano in un ex monastero nel cuore di uno dei più importanti centri d’eccellenza della manifattura e dell’industria italiana?
L’Institute of Interaction Design, da Ivrea a Copenaghen
Ad accompagnarci in questo viaggio c’è Simona Maschi, cofondatrice e direttrice del Copenaghen Institute of Interaction Design. Ma facciamo un passo indietro e torniamo a Ivrea nei primi anni 2000. «La scuola di Interaction Design di Ivrea, dopo avere preparato alcune tra le menti italiane più brillanti nel settore dell’innovazione, ha chiuso i battenti nel 2005», racconta Simona che ha, comunque, continuato a portare avanti il progetto attirando l’attenzione della Danimarca. «Il governo danese ha finanziato il lancio della scuola di Interaction Design a Copenaghen, di cui sono direttrice, ma non ci siamo fermati qua». Dopo avere aperto una sede anche in Costa Rica e lanciato programmi di formazione in più di 20 Paesi, Simona decide che anche l’Italia, dove quell’ambizioso progetto era nato, avrebbe dovuto avere una sua scuola di Interaction Design: «Ho iniziato a studiare un po’ di zone che per questa professione potessero essere interessanti. Bergamo ha un’alta intensità e qualità di industrie e ha sviluppato una capacità manifatturiera e un sistema universitario eccellente creando sinergie tra l’ambito lavorativo e quello accademico in un ecosistema fertile. Per questo abbiamo scelto la provincia lombarda come sede della scuola che aprirà le porte a nuovi talenti a settembre».
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La nuova scuola bergamasca di Interaction Design
Nella nuova scuola che sorge nell’ex monastero di Astino, i talenti potranno anche incubare le proprie idee innovative e stringere rapporti di collaborazione con le aziende.
«Attraverso un processo basato sulla prototipazione avvieremo sinergie con le imprese del territorio, dedicando gran parte del tempo alla pratica, con laboratori e test». Il corso annuale, in lingua inglese, è aperto a talenti residenti in Italia (qui il link per fare domanda) con un background in Ingegneria, Architettura, Design, Arte, Scienze umane, sociali, e informatiche. Il corso si rivolge sia a neo-laureati, che a candidati con un percorso professionale già avviato e, grazie all’accordo sottoscritto con Intesa Sanpaolo, prevede anche un prestito d’onore che arriva fino a 50mila euro per facilitare la formazione nell’ambito della rigenerazione ambientale e sociale nella progettazione dell’interazione tra esseri umani e tecnologie digitali (quello che viene definito, appunto, “Interaction Design”). Il CIID offre l’opportunità di accedere a “per Merito” al prestito d’onore che copre l’intero costo del programma (36.500 euro), ma anche spese di vitto, alloggio e trasporto, senza alcuna garanzia richiesta da parte della banca. Alla conclusione del percorso di studi, e per i due anni successivi, inizia quello che viene chiamato un “periodo ponte” al termine del quale ha inizio la restituzione del prestito, che può avere una durata fino a 30 anni. In caso di estinzione anticipata, Intesa Sanpaolo non applica costi aggiuntivi a quelli del finanziamento.
Dalla Danimarca all’Italia
«Come istituto c’è tanto lavoro da fare per supportare la transizione verso una nuova realtà, sia da un punto di vista di produzione di prodotto che di lancio sul mercato – spiega Simona – Per aprire una sede qui sono state essenziali 3 cose: sviluppare partnership sul territorio, creare sinergie con la Fondazione MIA, che si occupa di supportare ragazzi vulnerabili socialmente ma anche economicamente e che sin dall’inizio ha supportato il progetto, dedicare tempo ed energia alla condivisione di progetti con il comune di Bergamo. E poi avevamo bisogno di un posto magico». Ingredienti fondamentali che non sono soltanto stati trovati, ma anche ben miscelati. «L’ex monastero di Astino, del 1100, è immerso nella natura tra Bergamo alta e bassa – spiega Simona – E oggi eccoci qua, pronti ad accogliere, da settembre, nuovi talenti che frequenteranno la scuola a tempo pieno e che saranno impegnati su due direttrici: la scuola, che accoglierà studenti provenienti da tutto il mondo, da fotografi a designer, per studiare nuove soluzioni per il futuro, e poi ospiteremo coloro che parteciperanno ai corsi intensivi della durata di una settimana nell’ambito dell’innovazione della sostenibilità».
Le ambizioni del progetto
«A settembre inizieranno i corsi e siamo entusiasti che dopo tanti anni di lavoro attività siamo riusciti ad abbattere la barriera economica dei costi delle attività – racconta Simona – Abbiamo una casa di 2000 mq immersa nel verde e puntiamo poi a un’espansione a livello globale, in India, Giappone, America del Nord, del Sud e Africa meridionale. Nel nostro network contiamo anche collaborazioni con realtà come Enel, Google, Lego, Meta. L’Italia sarà un perno centrale nello sviluppo di questo ecosistema».
La priorità al centro degli hub che sorgeranno sarà sempre la stessa: innovare nel campo del design lavorando sulla transizione verso nuovi programmi operativi. «Pensiamo anche alle case di riposo, agli ospedali, e stiamo lavorando su come migliorare la finanza sostenibile. Insomma, abbiamo davvero tante idee che bollono in pentola e che vogliamo mettere a terra e siamo molto soddisfatti del fatto che oggi siano tante le aziende che si rendono conto dell’importanza di questo progetto», conclude Simona.