«L’intelligenza artificiale non può soppiantare l’insegnante né marginalizzarne il ruolo, che è decisivo in tutti i gradi di scuola, in particolare nella primaria», ha scritto in un intervento su La Repubblca
A quasi due mesi dal rilascio del software di intelligenza artificiale di OpenAI ChatGPT continua il dibattito in vari settori del lavoro sulle opportunità e i rischi di questa tecnologia. Anche il mondo della scuola si sta interrogando sulle implicazioni che strumenti simili possono generare nella quotidianità di chi insegna e di chi studia. Il Governo ha espresso una posizione a riguardo. «Può essere impiegata per aiutare gli insegnanti a personalizzare l’apprendimento, ad adattare i contenuti in base alle attitudini individuali degli studenti, a monitorare i loro progressi e a fornire informazioni su come migliorare il loro rendimento». Questo è il pensiero del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, in merito a ChatGPT, affidato alle colonne del quotidiano La Repubblica.
Leggi anche: Perché Microsoft vuole per investire 10 miliardi in OpenAI, l’azienda che ha sviluppato ChatGPT
Nelle ultime settimane i social hanno amplificato una narrazione semplicistica, rappresentando i docenti quasi come in balia dello strapotere di ChatGPT che, in pochi secondi, azzererebbe il tempo che gli studenti impiegano per studiare, scrivere un tema o quant’altro. In realtà la situazione è molto più complessa e potrebbe anche rendere l’apprendimento più stimolante se si impara a utilizzare un nuovo strumento.
Agli esordi si pensava che internet, grazie al fatto che avessimo l’intera conoscenza a portata di smartphone, ci avrebbe reso più intelligenti. Così non è stato (non sempre, quantomeno) e non v’è ragione di credere che ChatGPT possa aprire scorciatoie per chi voglia banalmente copiare. «L’educazione richiede un dialogo diretto – ha aggiunto il ministro Valditara nel suo intervento – e presuppone la sua umanizzazione proprio perché si incentra sulla persona. L’intelligenza artificiale non può dunque soppiantare l’insegnante né marginalizzarne il ruolo, che è decisivo in tutti i gradi di scuola, in particolare nella primaria».
Leggi anche: Chi è Sam Altman, il Ceo di OpenAI e il papà di ChatGPT (insieme a Elon Musk)
Il dibattito attorno al ruolo di ChatGPT nelle scuole non può non tenere conto infine di alcune visioni apocalittiche e antistoriche che, a quanto pare, ancora resistono tra chi non è giovane (leggi boomer). Altrimenti non si spiegherebbe il contenuto di un documento discusso nel Senato della Repubblica alla fine del 2022, in cui si usano parole inequivocabili sull’impatto del digitale e in particolare dello smartphone nella vita di ragazzi e ragazze:
“Ci sono i danni fisici: miopia, obesità, ipertensione, disturbi muscoloscheletrici, diabete. E ci sono i danni psicologici: dipendenza, alienazione, depressione, irascibilità, aggressività, insonnia, insoddisfazione, diminuzione dell’empatia. Ma a preoccupare di più è la progressiva perdita di facoltà mentali essenziali, le facoltà che per millenni hanno rappresentato quella che sommariamente chiamiamo intelligenza: la capacità di concentrazione, la memoria, lo spirito critico, l’adattabilità, la capacità dialettica… Sono gli effetti che l’uso, che nella maggior parte dei casi non può che degenerare in abuso, di smartphone e videogiochi produce sui più giovani. Niente di diverso dalla cocaina. Stesse, identiche, implicazioni chimiche, neurologiche, biologiche e psicologiche”.