«La bufala della mia presunta morte ha iniziato a circolare nel 2005, poco dopo aver terminato con la Melevisione. All’epoca non c’erano i social, non sapevo come replicare e la cosa ha iniziato a circolare tantissimo. Mi ha fatto stare malissimo». Quando una fake news è per di più una cattiveria fa soffrire ancora di più. Danilo Bertazzi, l’attore che milioni di ex bambini e bambine hanno imparato a conoscere come il Tonio Cartonio della Melevisione tra la fine degli anni Novanta e i primi anni Duemila sulla RAI, è un professionista dello spettacolo, ancora oggi molto affezionato al proprio pubblico. Lo abbiamo intervistato in quello che per milioni di studenti è il primo lunedì di rientro sui banchi.
Come conduttore e autore collabora con RAI Yoyo e ha lanciato un format su YouTube. Durante le puntate di Fondi di caffè incontra i suoi fan, oggi cresciuti. «Vengono da tutta Italia. All’inizio sono timidi, ma alla fine chiacchierano come se fossi un loro amico. E in effetti lo siamo, amici, da tanto tempo. Solo che ci incontriamo solo ora». A breve lancerà un nuovo progetto. «Un podcast di storie per bambini, si chiamerà “Mostri sotto il letto”. I bimbi oggi devono ascoltare e non guardare sempre gli smartphone».
La storia di Danilo Bertazzi
Danilo Bertazzi è nato a Chivasso, vicino Torino, nel 1960. «Fino a qualche tempo fa su Wikipedia si leggeva che ero nato nel ’65. Poi qualcuno ha corretto, pensando di farmi un favore». La passione per l’arte e lo spettacolo ha trovato sfogo proprio durante gli anni dell’Università. A Torino, dove frequentava la facoltà di Architettura, è rimasto incuriosito dalla scuola del Teatro Nuovo.
«Mi sono iscritto e ho iniziato a lavorare molto rapidamente, anche quando ancora studiavo. Parti piccole, come nella compagnia del Teatro delle Dieci». Quest’anno fanno quarant’anni da quando ha aperto la partita IVA. «Io come tutti gli attori mi impegnavo per cercare lavoro, trovare ruoli. Facevo anche molta pubblicità, cosa che mi consentiva di pagare bollette e affitto. E ovviamente provini. Uno di questi è stato quello per la Melevisione».
La sliding door per lui – e milioni di telespettatori che altrimenti non l’avrebbero conosciuto – è dovuta al fatto che il provino era a Torino, vicino a casa sua. «Non avevo neanche tanta voglia. Se non l’avessi fatto chissà come sarebbe stata la mia vita. Portai come provino un pezzo del Pinocchio di Rodari. Un testo tutto in rima». In lui hanno visto il potenziale, confermato poi dal successo che ha avuto in cinque stagioni della Melevisione, fino al 2004.
@danilobertazzi Risposta a @Gabriella • Ti segue Cos’ho fatto dopo l’addio a Melevisione? Chi si ricorda di Trebisonda? 📺 #melevisione #toniocartonio #nostalgia #nostalgia90an #rai #trebisonda ♬ suono originale – Danilo Bertazzi
Perché la Melevisione funzionava
La fine degli anni Novanta significano cartoni animati, Game Boy, un certo tipo di intrattenimento dedicati ai piccoli. «E infatti la Melevisione è stata una scommessa. Ci si chiedeva se i bambini avrebbero voluto vedere principesse, lupi e streghe. Ma il bello è che erano personaggi particolari, non classici, in cui rispecchiarsi. Umani, in una parola». Oggi funzionerebbe ancora Tonio Cartonio con quei ritmi?
«È cambiata la soglia di attenzione, si è molto abbassata. Scrivendo un programma per Rai Yoyo, che dura 12 minuti, ci siamo resi conto che dopo il sesto minuto si rischia di perdere l’attenzione dei bimbi. Lo swipe up è un gesto che si impara da piccolissimi». Danilo Bertazzi non ne fa una questione di tecnologia buona o cattiva. «Non demonizzo. Oggi semplicemente si comunica più velocemente. Io stesso che uso da poco TikTok ho imparato ad usare una comunicazione precisa».
@danilobertazzi Risposta a @disagioobbligato La domanda più gettonata di tutte 😂 #melevisione #toniocartonio #nostalgia #nostalgia90an #rai #bufale #fakenews ♬ suono originale – Danilo Bertazzi
Oggi grazie ai social e a internet molti tabu sono crollati. Si pensi a quanto si parla di più di salute mentale, di work-life balance, di relazioni tossiche. Ma anche la Melevisione a suo tempo ha lasciato la propria impronta nel raccontare in maniera adeguata questioni non semplici per un pubblico di persone nemmeno adolescenti. «Si è parlato di abuso sui bambini, una puntata molto forte, che costituisce ancora oggi materia di studio; abbiamo trattato poi della separazione dei genitori, della morte dei nonni, dell’arrivo di un fratello adottivo».
Danilo Bertazzi, Tonio Cartonio e i bambini della Melevisione
La storia tra Tonio Cartonio e la Melevisione è terminata nel 2004. A distanza di vent’anni Danilo Bertazzi continua comunque a essere ricordato (e amato) per quel ruolo. «Direi che è stata come una storia d’amore finita. Non c’era un solo motivo. Poi ho fatto pace con Tonio, gli voglio bene soprattutto grazie all’aiuto di bambini oggi cresciuti. Ho capito l’affetto che avevano per quel personaggio».
Danilo Bertazzi continua a lavorare nel mondo della tv e dello spettacolo, più dietro le quinte. Ma ha comunque voluto tornare in video, sperimentando il linguaggio di TikTok con i video podcast. «YouTube è arrivato grazia a yotobi, che mi ha invitato sul suo canale nel 2019. Da lì mi hanno suggerito di aprirne uno tutto mio. Oggi con questo format invito gli ex bambini della Melevisione a prender un caffè a casa mia. Mi scrivono loro: ho tante di quelle mail che potrei offrire caffè per 15 anni».
La sua è una community formatasi più di vent’anni fa, lui la chiama generazione Melevisione. E con loro parla di tutto, con lo stile di un tempo. I problemi ci sono, si affrontano ed è bello sapere che si possono superare, crescendo (a tutte le età). «Ci sono molti temi di cui parliamo, da quello della dipendenza affettiva alle difficoltà a uscire di casa. Sono problematiche grosse per chi le vive. Ma c’è spazio per rimettersi in piedi. Di recente ho incontrato un ragazzo e un fratello che hanno messo su un azienda dove costruiscono occhiali. E poi ricordo questo mio ex bambino che ha messo in piedi un progetto di teatro infantile per superare i traumi. Il teatro fa uscire le emozioni. Dovrebbe essere obbligatorio in tutte le scuole».